Corriere di Verona

Boati e sfottò Lo spettacolo sugli spalti

Spettacolo sugli spalti. Il ricordo di Astori prima dell’inizio

- di L. Fabiano

Il colpo d’occhio è quello delle prendo occasioni. È Saturday’s Night Fever per i ventimila nel catino del Bentegodi. La notte del derby, la notte di Verona. Novanta minuti di ansie, speranze, timori in un crogiolo di sensazioni, emozioni che si susseguono e si accavallan­o incessanti e frenetiche. Mi chiamo Hellas, mi chiamo Chievo: è la notte dei simboli, della storia; dell’identità rivendicat­a dagli uni, e di una favola, troppo lunga per chiamarla tale, dagli altri. Tutto questo fa del derby molto di più che una sfida a pallone; in palio c’è molto di più. Se poi la classifica dice che Atene piange, ma di certo Sparta non ride, allora la posta è davvero grossa, forse mai come questa volta. Noi o loro, come succede in famiglia nelle occasioni in cui ti tocca incontrare i parenti che sotto sotto mai vorresti vedere.

La serata umida aggiunge fascino a fascino in omaggio ad Albione, alla città di Derby laddove la tradizione del campanile ebbe inizio. Tempi lontani, tempi presenti. Lo stadio via via si riempie, dietro di noi sguardi pensierosi si specchiano in allegria nei bicchieri di birra. Very british. Quando lo speaker scandisce le formazioni, quelli dell’Hellas ironizzano in coro sulla disparità di forze in gradinata. Poi parte lo scambio di carinerie. Ormai ci siamo, all’ingresso in campo i cinquemila della Curva Sud agitano i propri vessilli e intonano gli inni. Il boato è fragore di umano pathos. Rispondono a rullo di tamburo le ugole dei mille della Nord, dove campeggia il 31 dell’highlander Pellissier.

Prima del calcio d’inizio cala il doveroso silenzio e ti si strozza il cuore nel ricordo di un ragazzo che una notte di inizio marzo s’è portata via troppo presto. Le due squadre (indossano un maglia commemorat­iva con la scritta «Davide») si abbraccian­o al centro del campo, e quando durante il minuto di raccoglime­nto il viso pulito di Davide Astori appare sul tabellone luminoso accompagna­to dalle note di Lucio Dalla, lo stadio si unisce in un lungo applauso di commozione.

Tempo di asciugare le pupille inumidite e si parte. Ognuno con i suoi inni, ognuno con la sua fede. Il clima è elettrico come si conviene a un derby che si rispetti. Dalla curva del Verona non giungono messaggi d’amore per presidenza e dirigenza (per l’allenatore basta lo striscione), ma questa non è una novità. Volano moccoli all’indirizzo del fischietto Damato, ma pure questo è parte del copione. L’uomo in più sono i tifosi dell’Hellas, in scontata stragrande maggioranz­a, che non cessano un secondo di inneggiare i peana. Lo spettacolo è più sugli spalti che in campo dove si vedono più calci che calcio. Un visi(da)goto si erge intanto dalla ringhiera dietro di noi, ne ha per tutti, saranno gli effetti della birra.

Momento folk. Poi Caracciolo mette la palla nel sacco e la polveriera del Bentegodi esplode. La curva del Chievo invita i suoi a tirar fuori gli attributi, la sud canta tra lo sventolio delle bandiere. Così fino alla fine. La notte di Verona è dell’Hellas.

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In basso, la curva Nord , feudo dei tifosi del Chievo, arrabbiati per il ko
Lo spettacolo Qui sotto, la Curva Sud che ha sostenuto per tutta la partita l’Hellas In basso, la curva Nord , feudo dei tifosi del Chievo, arrabbiati per il ko
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