La marcia dei 4 mila a Venezia per difendere i diritti dei migranti
Il corteo di 115 associazioni contro il decreto sicurezza: «C’è clima di odio»
«Quando mi dicono a casa, rispondo sono già qua. Io Ti voglio bene cara Italia, sei la mia dolce metà».
Le note di Ghali, il rapper italo-tunisino, risuonano dal piazzale antistante la stazione Santa Lucia e fanno da sfondo ai colori della manifestazione contro il razzismo «Side by side - Marcia per l’Umanità», alla sua terza edizione. Più i quattromila persone (secondo gli organizzatori, la metà sostiene la Questura) sono scese in piazza ieri per manifestare contro il Decreto immigrazione e sicurezza, a favore di una politica di accoglienza dei migranti. Tanti gli striscioni, le bandiere - da quelle della pace, a quelle di Emergency e di Refugees Welcome - che, insieme ai cori e alle danze, hanno animato per circa un’ora il piazzale della Stazione, prima di dare inizio al corteo. I partecipanti sono arrivati da tutto il Veneto e anche dalle province di Trento e Bolzano. Studenti, insegnanti, operatori dell’accoglienza, migranti, pensionati e bambini hanno dato vita a un corteo pacifico, partecipato e plurale che ha attraversato la città, dalla stazione fino a campo Sant’Angelo.
«Non in nome mio. Sono qui per dire che questa politica non mi rappresenta. Mi spaventa il razzismo dilagante e credo che esserci oggi sia davvero importante» racconta Maria Gabriella, insegnante di Storia dell’arte. Dall’Anpi a Refugees Welcome, dalla Casa di Amadou alla piattaforma Mediterranea Saving Humans, dalla Rete degli Insegnanti al Movimento sociale per la casa: sono 115 le realtà che hanno aderito all’appello, insieme a moltissimi cittadini. «Siamo qui per costruire più diritti per tutti, perché le nostre città sono accoglienti se le attraversiamo tutti insieme. Mai come oggi il clima di odio e di razzismo sta assumendo proporzioni intollerabili, di fatto alimentato da un governo che ha fatto della guerra al migrante il suo principale obiettivo», dicono gli organizzatori. «Con il Decreto Salvini aumenteranno le persone in clandestinità e senza diritti. Il clima nel paese è cambiato e a spaventarmi di più è l’indifferenza», assicura Gibu, originario del Senegal. «Sono arrivato qui 25 anni fa, dopo aver studiato in Belgio. Ho lavorato nell’industria finché non è arrivata la crisi economica, poi nella scuola come mediatore e da dieci anni sono cittadino italiano: oggi però quando esco mi sento osservato. La parola “invasione” mi fa stare male: sembra che gli italiani abbiano dimenticato il proprio passato di emigranti».
Gibu insieme a Don Nandino, prete a Marghera, e all’associazione «La casa di Amadou», lavora ogni giorno perché l’accoglienza diventi una pratica viva e coinvolga l’intero territorio. Oggi però molti dei ragazzi titolari di protezione internazionale che frequentano la parrocchia e hanno intrapreso con successo percorsi di studio e lavoro, rischiano di veder compromesso il proprio futuro. «Per loro e per il destino di questo paese siamo qui oggi», conclude il senegalese.
In prima linea anche le realtà che si occupano di accoglienza: «Il taglio dei finanziamenti ha svuotato di significato l’accoglienza, mettendo a repentaglio servizi fondamentali per l’integrazione dei migranti. A queste condizioni non siamo sicuri di poter continuare a erogare un servizio: non solo molti richiedenti asilo si troveranno in strada, privati di diritti fondamentali, ma anche i nostri lavoratori rischiano di perdere il posto di lavoro», racconta la direttrice della cooperativa Gea, da 26 anni attiva nel sociale.
Questa politica non mi rappresenta, mi spaventa il dilagare del razzismo