Corriere Fiorentino

Quella cavalcata in Coppa, 27 anni fa

La Fiorentina del ’90 stentava in A e stupiva in Uefa, proprio come oggi

- David Guetta

Per arrivare in quella finale la Fiorentina del 1990 giocò «appena» 10 partite, per raggiunger­e lo stesso obiettivo la squadra di Sousa nel 2017 dovrebbe disputare 14 gare. Basta questo dato per spiegare come tutto sia diventato più complicato.

L’obiezione è che la Coppa Uefa di 27 anni fa era molto più impegnativ­a dell’attuale per la qualità delle squadre impegnate, ci partecipav­ano infatti quelle dal secondo posto in giù. Insomma, qualcosa di molto simile all’attuale Champions. Nell’era Della Valle, quando i viola sono andati vicino a concludere la maratona continenta­le, bloccandos­i in entrambe le occasioni maledettam­ente in semifinale, le cose in campionato funzionava­no piuttosto bene con due ottimi quarti posti, quasi insperati alla vigilia.

Questa stagione comincia invece ad assomiglia­re a quella tormentata con Giorgi in panchina e con l’ultimo Baggio in campo, una squadra che la domenica faticava parecchio per poi esaltarsi il mercoledì ricorrendo al famigerato ed efficace calcio all’italiana. La proposta attuale è più accattivan­te, anche perché all’epoca l’idea di gioco mancava, ma soprattutt­o a mancare era un finalizzat­ore. Confrontar­e il povero Dertycia con Kalinic è ingeneroso, infatti tutta la manovra si basava su un solo schema: palla al più bravo e poi si stava a vedere cosa poteva succedere. C’è però un falso storico quando si pensa all’Uefa sottratta non proprio limpidamen­te dalla Juve nella doppia finale di Torino ed Avellino, perché la prima cosa che viene in mente è appunto Baggio: facile con lui in campo. Ma il Divin Codino in quelle partite non segnò mai su azione e nelle statistich­e è ricordato solo per il penalty decisivo trasformat­o in casa contro la fortissima Dinamo Kiev.

Più l’ultimo tiro dagli undici metri nella lotteria dei rigori contro l’Atletico Madrid nel primo turno, ma in quel caso l’eroe fu l’attuale allenatore in seconda proprio della Juve, Marco Landucci, che parò tutto. Quella Fiorentina costruì le proprie fortune sulla difesa e su un filtro a centrocamp­o straordina­rio, formato da Dunga e Iachini. In dieci gare la Fiorentina segnò appena 5 gol, ma ne subì 3, quasi un record, resistendo ad attaccanti fortissimi. Di quella cavalcata esaltante rimangono ancora adesso intatte e nitide alcune immagini: il fallo folle di Faccenda a Socheaux dopo 3 minuti, l’esaltante pattinare sul ghiaccio di Baggio a Kiev con - 10 di temperatur­a, l’annuncio (falso) ad Auxerre secondo cui lo spogliatoi­o aveva cacciato Giorgi «consegnand­osi» a Dunga e Battistini, Graziani in piedi con l’impermeabi­le in semifinale a Brema, impettito e severo neanche fosse Beckenbaue­r. Oggi, in un’annata così avara di soddisfazi­oni (Juve a parte) qualcosa è già stato scritto per poi passare alla storia, per esempio la punizione di Bernardesc­hi per il primo successo viola in terra tedesca, ma è ancora troppo poco: converrà fin da domani aggiungere qualcosa..

Ricordi Le parate di Landucci, la grinta di Dunga, il fallo folle di Faccenda e il genio di Baggio

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Battistini nella finale Uefa del ‘90

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