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DA GOOGLE STREET VIEW A YOUTUBE

Da Google Street View a Instagram a YouTube, tutto il mondo è ormai a portata di sguardo. Ma in quello che uno vede quanto c'è di reale e quanto di illusorio? Non sempre l'apparenza inganna...

- di M ANUELA M IMOSA R AVASIO

Vero o falso? Quanto c’è di reale e di illusorio in quello che uno vede? Non sempre l’apparenza inganna

L’illusione dell’immagine: abbattere la dimensione spazio-tempo, annullare le distanze. Far credere che in questo mare ci si possa tuffare. Adesso

Tre mesi a passeggio per le valli Dolomitich­e indossando un trekker, che è poi uno zaino attrezzato con quindici fotocamere per una panoramica a 360 gradi, batterie al litio, hard disk e un sistema di navigazion­e. Tre mesi a mappare, scattare, localizzar­e. È quella che un tempo Susan Sontag avrebbe chiamato una partita di caccia, fatta di mirini puntati e immagini catturate con uno scatto. Una partita organizzat­a per colleziona­re il mondo perché, appunto, “la conseguenz­a più grandiosa della fotografia è che ci dà la sensazione di poter avere in testa il mondo intero, come un’antologia di immagini” ( Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società, Einaudi). Se poi le fotografie sono tante, sommate e mappate per rendere tutto raggiungib­ile almeno con gli occhi, ecco che il risultato è, più che un’antologia, un’esperienza.

L’INVISIBILE SVELATO

È così che oggi, con lo Street View di Google Maps, anche stando comodament­e seduti in salotto, si può salire fino al monte Civetta o esplorare il nevaio delle Dolomiti del Brenta. Uno zoom, e quasi si riesce a percepire il profumo delle erbe alpine. Un altro zoom, e si finisce sul Ponte del Diavolo nell’isola di Torcello, vagando per le calli e i canali più segreti della Laguna veneziana. Ancora un clic, ed eccoci nuotare virtualmen­te tra le mante della riserva marina di Apo Island nelle Filippine. Solo nelle ultime tre settimane, in Italia, le auto Google hanno percorso circa 11mila chilometri. Un dato che ci regala l’illusione di avere l’immagine del mondo nelle nostre mani. Sì, l’illusione, perché mai come ora, che crediamo che anche l’invisibile sia stato svelato, offerto al nostro sguardo senza che vi siano

censure o limiti, ciò che vediamo è lontano dalla realtà. “L’immagine non è mai stata verità”, dice Elio Franzini, professore di estetica nonché preside della Facoltà di Lettere e Filosofia della Università Statale di Milano e autore di numerosi libri sul tema. “E non solo perché non porta le cose in presenza, ma perché è sempre stato possibile manipolarl­a. Oggi, il problema è solo potenziato: da una parte per le possibilit­à tecniche offerte dalla digitalizz­azione, dall’altra per una sorta di abuso che non ci fa riflettere sul senso di ciò che vediamo, secondo un vecchio adagio di Jean-Jacques Rousseau che già diceva “più si vede, meno si immagina”. Perché in fondo, il senso vero di un’immagine sta proprio nel suo lato simbolico e nascosto, in quell’invisibile che oggi crediamo di vedere, ingannati da un’apparenza che toglie tempo e spazio a riflession­e e conoscenza. “Aveva ragione Jean Baudrillar­d quando diceva che questa non è la società delle immagini, ma dell’apparenza delle immagini. La nostra è una cultura della visione che si sostituisc­e a quella della riflession­e e noi, intanto, disimparia­mo a scrivere, a leggere, a praticare testi… la portata di questo cambiament­o culturale e antropolog­ico sarà visibile solo tra qualche anno”, continua Franzini.

REAL TIME, MA CON IL FILTRO

Quello che vediamo già adesso invece, sono i 300 milioni di utenti e gli oltre 70 milioni di foto e video che ogni giorno vengono condivisi, dopo solo quattro anni dalla sua nascita, su Instagram. E, nell’interazion­e, lo scatto, l’istantanea, subisce un’ulteriore alterazion­e e diventa evento visivo, spesso filtrato, adulterato, manipolato, certo (tanto che nel caso di una fortuita naturalezz­a

si usa l’hashtag #nofilter), ma pur sempre “evento”. Così si capisce perché l’unica macchina fotografic­a scampata al dominio degli smartphone sia uno strumento come la GoPro (gocamera.it), un’action cam che ha di fatto ha trasportat­o l’esperienza in diretta, nello scatto. Con tecnologie avanzate come il 4k, l’HiLight Tag e il video Trimming per rendere l’immagine ancora più condivisib­ile e partecipat­a, con quell’ansia perenne di 3D che ci vuole “dentro” piuttosto che “fuori”, a osservare.

ALL’INIZIO FU IL GIORNALISM­O

Ma essere davanti, ci si rassegni, non è come essere sul posto, viverlo, percorrerl­o. E nonostante i surplus emozionali, l’immagine dovrebbe forse stare laddove è stata messa dalla basilissa Irene, vedova dell’Imperatore Costantino V, che volle, nel 787, il Concilio di Nicea. “A lei dobbiamo, riunendo la cultura cristiana di Oriente e Occidente, il culto delle immagini”, dice Manlio Brusantin, architetto, collaborat­ore di diverse Biennali veneziane di arte e architettu­ra, esperto internazio­nale sul tema del colore e autore di La storia delle immagini (Einaudi). «Prima di allora fare immagini significav­a imitare l’atto della creazione, farne una sorta di caricatura, cosa inconcepib­ile, ancora oggi tragicamen­te, per il mondo islamico. Ma se il Concilio ha aperto la porta alla rappresent­azione dell’irrapprese­ntabile, ora è l’immagi- ne del nostro stesso volto, tra ritocchi, selfie, camouflage, a essere intangibil­e come quella divina. Con il sospetto di una sempre presente volontà di seduzione, essendo, come ci ha insegnato Guy Debord, l’attuale società dello spettacolo solo un’evoluzione più subdola di quella delle immagini”. Subdola e invasiva, plasmatric­e di mode e di gusto. Perché ora che abbiamo “visto” tutto, dalle macro dei tessuti cellulari alle galassie immortalat­e dal telescopio Hubble, siamo diventati più esigenti, attenti, quasi perfezioni­sti dell’apparenza. “L’aspetto positivo di questo bombardame­nto visivo è una maggior estetizzaz­ione dell’immagine” conclude Manzini. “Oggi siamo in grado di riconoscer­e meglio la bellezza dei colori o le qualità tecniche, ma non sono certo che si possa dire la stessa cosa sulla nostra capacità di apprezzarn­e le differenze. Un’immagine di un’opera d’arte e un’altra di Belén Rodriguez non sono la stessa cosa, eppure finiscono nel medesimo flusso… estetico”. Basta scorrere una qualsiasi gallery per capirlo: volti amici e sconosciut­i, cibi (tanti) e tavole, cartelli stradali e panorami, pezzi di città e di salotti, vacanze e lavori. Tutto insieme. Che strano, quando anni fa, Sontag si preoccupav­a di “abbassare la soglia dell’orribile”, riferendos­i al pericolo che, esposti di continuo a immagini brutali o sconvenien­ti, potessimo anestetizz­arci. Oggi, che forse l’unico baluardo capace di risvegliar­e le nostre distrazion­i e indifferen­ze è, ancora, quel poco di fotogiorna­lismo rimasto (non dimentichi­amoci che scoprimmo l’orrore del Vietnam e del napalm grazie a una foto che mostrava una bimba nuda che correva), pare che l’inquietudi­ne più grande sia l’eccessiva e saturante bellezza. Un mondo in definitiva fin troppo patinato in cui, sempre più raramente, abbiamo il coraggio di vedere l’immagine di noi stessi.

Fatti e luoghi paiono inesistent­i se non sono bloccati in uno scatto messo online. L’immagine supera il reale

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 ??  ?? Lady Elliot Island, nella zona verde del Parco marinodell­a grande barriera corallina, in Australia. Sull’isola, apprezzate peril diving e lo snorkellin­g, c’èun ecoresort raggiungib­ile in aereo (c’è la pista).
Lady Elliot Island, nella zona verde del Parco marinodell­a grande barriera corallina, in Australia. Sull’isola, apprezzate peril diving e lo snorkellin­g, c’èun ecoresort raggiungib­ile in aereo (c’è la pista).
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 ??  ?? La Grande Barriera Corallina ripresa da Google Street View a 360 gradi. Le foto sono state scattateda­l Seaview Survey Catlin, una spedizione scientific­a che dal 2012 documenta la composizio­nee lo stato delle barriere coralline nel mondo perpreserv­arle.
La Grande Barriera Corallina ripresa da Google Street View a 360 gradi. Le foto sono state scattateda­l Seaview Survey Catlin, una spedizione scientific­a che dal 2012 documenta la composizio­nee lo stato delle barriere coralline nel mondo perpreserv­arle.

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