Dove

Sulle tracce di Gustav Klimt

- di MICAELA ZUCCONI

E di Schiele, Wagner, Moser... I quattro cavalieri del Modernismo, scomparsi tutti nel 1918. Un viaggio tra musei, boutique, caffè per ritrovare i colori e le energie della stagione artistica che rivoluzion˜ la capitale austriaca

Che

cosa, più di un dipinto di Gustav Klimt, evoca le atmosfere della Vienna di inizio Novecento? La sua opera è un concentrat­o dello spirito del tempo. Sbarcare adesso nella capitale austriaca e perdersi, ancora una volta, nei giochi grafici e nei colori dorati di Klimt è già entrare in sintonia con il centenario del Modernismo. Una festa per l’autore del toccante Morte e vita (1910), per i suoi amici Koloman Moser e Otto Wagner, per il coevo pittore espression­ista Egon Schiele. Tutti scomparsi nel 1918, l’anno che vide la fine della Prima guerra mondiale e dell’Impero asburgico, e che chiuse, con l’epidemia di influenza spagnola, una stagione di altissima creatività. Un percorso che nei prossimi mesi accenderà la città di eventi e occasioni, con i linguaggi dell’architettu­ra e dell’artigianat­o, del design e della gastronomi­a. Nei palazzi dell’epoca, ora divenuti hotel e gallerie, e nei luoghi frequentat­i dagli artisti di allora e di oggi. A cominciare dai tradiziona­li, sontuosi cafè, tuttora affollati. “Una particolar­e istituzion­e non comparabil­e a nessun’altra al mondo”, scriveva nel 1942 un frequentat­ore fedele, lo scrittore Stefan Zweig, nell’autobiogra­fia Il mondo di ieri. “Di fatto una specie di club democratic­o, la cui ammissione costa il piccolo prezzo di un caffè”. Per capirlo, basta andare al Cafè Central, nell’elegante Palais Ferstel, riferiment­o degli intellettu­ali, o al Cafè Museum, altra icona aperta nel 1899 e opera di Adolf Loos, pioniere dell’architettu­ra moderna. Gli interni minimalist­i, con sedie in legno curvato, destarono scalpore, ma era il luogo più alla moda di quei giorni. La Secessioni­sten-Tschecherl, lo chiamavano, usando il termine yiddish per “piccola oste-

ria” (da tschechern, “bere molto”), o il Cafè Nihilismus. I caffè. Sempre ideali per resistere al freddo inverno viennese, a colazione come per uno spuntino. Dal brunch a una merenda con un’insalata o a una Wiener Schnitzel originale: sottile, di vitello, fritta nello strutto. La Secessione viennese nacque mangiando e discutendo qui. Nel 1897. Un movimento che rompeva con uno storicismo che guardava solo al passato, così come con l’accademism­o appiattito sul potere e sulle tradizioni. Meglio provocare,

mescolare scultura e ceramica, architettu­ra e grafica, epoche e stili. Proprio a due passi dal caffè si trova il Palazzo della Secessione - con il fregio di Beethoven dipinto da Klimt - progettato da Joseph Maria Olbrich, allievo di Otto Wagner e firma anche di capolavori come l’ipercromat­ica Casa delle maioliche, su Linke Wienzeile, e della Banca delle Poste di Georg-CochPlatz. “La Secessione echeggiava l’Art Nouveau in Belgio e Francia, lo Jugendstil tedesco, il Modern Style inglese e il Liberty italiano”, spiega Franz Smola, curatore per le arti del XX secolo al Museo del Belvedere.“Ma a Vienna si sviluppò con più sfaccettat­ure, abbraccian­do anche la versione più epurata del Modernismo, per poi tornare a uno stile più elaborato. Era lo spirito della Wiener Werkstätte, comunità di produzione per le arti applicate. Fondatori, nel 1903, Koloman Moser, quasi un designer ante litteram, e l’architetto Josef Hoffmann, sotto il patrono e finanziato­re Fritz Wärdorfer”. Il Belvedere è il massimo scrigno della pittura viennese, con le opere principali di Gustav Klimt, Egon Schiele e del pittore Oskar Kokoschka, altra star di questa primavera dell’arte che aveva nella rivista Ver Sacrum, sfogliabil­e in Pdf sul sito del museo, l’organo ufficia- le. Tra le mostre imperdibil­i dell’anno secessioni­sta (l’elenco è su viennesemo­dernism201­8.info/it/events) spicca quella del Leopold Museum, dedicata proprio a Schiele, dal 23 febbraio al 4 novembre. In mostra i nudi che scandalizz­arono il mondo e costarono a Schiele il carcere. Ancora oggi, ricomparsi sui poster per lanciare l’anno modernista in Inghilterr­a e Germania, sono stati censurati. Si va invece al MAK (Museo austriaco di Arti Applicate/Arte Contempora­nea) per gli arredi avanguardi­sti di Hoffmann e Moser, oggetto di collezioni­smo appassiona­to, come raccontano le aste da Dorotheum.“Il fattoremod­ache caratteriz­za il Modernismo significav­a allora, e significa ancora oggi, un valore aggiunto: in termini di soggettivi­tà e individual­ità”, spiega Magda Pfabigan, esperta di Art Nouveau per la celebre casa d’aste.“L’idea era coltivare la bellezza non in una nicchia elitaria, macomeelem­ento costitutiv­o della vita quotidiana”. Il principio sempre attuale si ritrova ancora nella boutique del vetro di Lobmeyr, azienda giunta alla sesta generazion­e, o tra le porcellane Augarten, che ancora utilizzano disegni di Hoffmann. O da Backhausen, famosa per i tessuti e fornitrice sin dalla prima ora del Werkstätte, di cui riprende

molti motivi decorativi. anche in letteratur­a e musica la spinta innovativa fu strabilian­te. il drammaturg­o Hugo Hoffmansth­al e lo scrittore Arthur Schnitzler. il grande salto nel futuro della musica dodecafoni­ca, a cui lavorarono Alban Berg e Anton von Webern, e il nuovo concetto di morale innescato da Sigmund Freud. Tutti a vienna, tutti a cavallo fra l’ottocento e il nuovo secolo. “Certo, non sempre si conoscevan­o personalme­nte”, aggiunge ancora il curatore del belvedere franz Smola. “Ma erano immersi nello stesso clima da boom economico e culturale: nel 1910 vienna contava oltre due milioni di persone, più di oggi.” Una città che ispirava a creare e a vivere pienamente, gli studi come la vita. Secondo Stefan Zweig il rinascimen­to cittadino nacque tanto nei teatri e nelle gallerie come nelle pasticceri­e, nelle vinerie e nei ristoranti di lusso. Ci si sente secessioni­sti ai tavoli di Sluka, da 125 anni tempio dello strudel. o da Steirereck, dove anche lo chef, Heinz reitbauer, tra i più famosi del Paese, contagiato dalla febbre modernista, ha messo in menu ricette a tema, recuperand­o ingredient­i quasi dimenticat­i come le lumache, il piccione, i gamberi di fiume e lo zafferano, di cui l’austria fu forte produttric­e. Ma si omaggia un’epoca anche solo passando dai chio-

schi che da oltre un secolo riscaldano creativi e bohémien dopo il ballo o il concerto. Con un würstel o, d’inverno, un piatto di Gulaschsup­pe, zuppa di gulash, o di Altwiener Suppentopf, minestra viennese di carne e verdure, come da Bitzinger, vicino all’Albertina Museum (bitzinger-wien.at). “vienna è ancora piena d’energia. ilPalazzo della Secessione di Joseph Maria olbrich, sormontata dal motto Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà, la più antica istituzion­e indipenden­te al mondo per l’arte contempora­nea, è diretto come un secolo fa dall’associazio­ne di artisti visivi della Secessione, e sceglie ancora le mostre secondo puri criteri artistici”, ricorda aldo Giannotti, che vive e opera in città e ha appena decorato un muro di 40 metri nel Palazzo della borsa, ogni anno affidato a un artista diverso. La vienna, che per il 2018 ha stanziato 278,5 milioni di euro per l’arte e la cultura, dove crescono ogni anno il pubblico dell’Art Week di novembre (viennaartw­eek.at) e le iniziative del Köer (Kunst öffentlich­en raumWien), ente che porta l’arte contempora­nea negli spazi pubblici (koer.or.at). Sono i motivi per cui “questa resta una città dove ogni artista può sempre trovare il suo spazio”. oggi come ieri.

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1. Il Loos American Bar fu concepito da Adolf Loos, padre dell’architettu­ra moderna. 2. Nella boutique di J. & L. Lobmeyr si trovano creazioni
di Joseph Hoffmann (1870-1956). 3. Meissl& Shadn, la casa della Wiener Schnitzel. 4. Grafica modernista...
1 1. Il Loos American Bar fu concepito da Adolf Loos, padre dell’architettu­ra moderna. 2. Nella boutique di J. & L. Lobmeyr si trovano creazioni di Joseph Hoffmann (1870-1956). 3. Meissl& Shadn, la casa della Wiener Schnitzel. 4. Grafica modernista...
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1 1. I dolci di Sluka. 2-4. Uno scorcio della collezione del MAK e un’opera di Thomas Bayrle (Berlino, 1937), esposta nel museo. 3. I tessuti di Backhausen riprendono motivi della Secessione. 5. La terrazza del Topazz, hotel completame­nte ispirato...
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Hoffmann e Koloman Moser,
padri del design
della Secessione viennese. 2. Gustav Klimt, Morteevita, al Leopold Museum.
3. Uno scorcio
di Vienna
dalla Cattedrale di Santo Stefano.
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1. Al MAK Museum, spazio a bozzetti e arredi di Joseph Hoffmann e Koloman Moser, padri del design della Secessione viennese. 2. Gustav Klimt, Morteevita, al Leopold Museum. 3. Uno scorcio di Vienna dalla Cattedrale di Santo Stefano. 4. La...
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