Un grande giorno di primavera
Poca gente, silenzio in riva al mare e ristoranti sempre aperti: la ricetta della vacanza perfetta fuori stagione. Per Mario Lavezzi, al Forte naturalmente. Qui, dove grazie anche a lui, si è fatta la storia della musica italiana
Testo di Silvana Rizzi - Foto di Nicola Gnesi
Mi divertivo». Sono le prime parole di Mario Lavezzi, compositore, produttore e cantautore, durante il nostro incontro al ristorante “Alle Boe”, seduti all’ombra delle dune di sabbia. Fuori stagione, sembra di essere tornati ai tempi del mitico libro di Susanna Agnelli “Vestivamo alla marinara”: cardi rosa shocking punteggiano le dune, tavolini e sedie dall’aria quasi evanescente sono in legno di diverso colore, la parlata dominante è quella locale. Tutto appare semplice e naturale. Ecco in sintesi il vero lusso, quello che Roberto e Nenè, anime di questo luogo, sanno creare intorno a loro. La spiaggia del vicino bagno Piero è ancora una spianata di sabbia senza tende, dove i bambini scorrazzano beati e tirano indisturbati calci al pallone. Con quel «mi divertivo», Mario Lavezzi, classe 1948, capelli bianchi, occhi azzurrissimi, sorriso incantatore e una giacca super trendy, si riferisce un po’ a tutta la sua vita. Quando giovanissimo viene in Versilia a fare baldoria e alloggia in un hotel sulla via Italica a Camaiore, o ancora quando incomincia a suonare ai tempi del liceo. I primi accordi sulle panchine di piazza Napoli a Milano, dove s’incontra con gli amici per suonare la chitarra, alla ricerca di una nuova musica, sempre pronto a cavalcare il progresso, cosa che non ha mai smesso di fare nel corso di tutta la sua vita artistica. Nascono così “I Trappers”, dei quali fa parte anche l’amico di una vita Teo Teocoli. Seguono “I Camaleonti”, i “Flora Fauna&Cemento”, “Il Volo”, amicizie fantastiche, da Renato Zero a Gianni Morandi, ai Nomadi, a Mogol, a Lucio Battisti, tutti personaggi con cui ha avuto in comune l’inno alla libertà assoluta. La musica non poteva che portarlo in Versilia negli anni ‘60 e poi ancora nei ‘70, quando Bussoladomani era un «delirio» e s’incontravano tutti i grandi di quel periodo: Mina e Loredana Bertè, sua grande passione prima della bella moglie Mimosa. Fu proprio Loredana a ispirargli la canzone “E la luna bussò”, quando sulla spiaggia gli regalò i primi dischi di musica reggae. Negli anni, la Versilia è rimasta un’attrazione fatale per Mario. Un appuntamento fisso quando i bambini, ora ventisette e ventitré anni, trascorrevano qui tutta l’estate. «Affittavamo la villa di Mina», ricorda Lavezzi, «o andavamo alla pensione America, una specie di kinderheim». Tra i momenti più belli? «La gita alle Polle», ricorda, «ad acchiappare i girini». Oggi, sono i figli a portare Mario e Mimosa al Forte, dove hanno conservato gli amici di un tempo. Fuori stagione è un momento di relax impagabile: poca gente, silenzio in riva al mare e ristoranti sempre aperti.
A GRAND DAY IN SPRING
Only a handful of people, silence on the seashore, and all the restaurants open: the requisites for a perfect off-season vacation. For Mario Lavezzi and, naturally, in Forte. Where he was instrumental in writing the history of Italian music. “I’m enjoying myself.” The first words we heard from Mario Lavezzi, composer, music producer, and singer-songwriter, when we met him at the Alle Boe restaurant nestled in the maquis. Here, in the off season, it feels like we’ve stepped into the era of Susanna Agnelli’s mythical Vestivamo alla marinara: thistles dot the dunes with shocking pink-purple, the wooden tables and chairs in mismatched colors have an almost evanescent air, local dialect dominates. Everything looks simple, natural. But that’s just what true luxury is. The aura that follows Roberto