Frascati Poesia

La poesia nel periodo dell’Ermetismo

- di Patrizia Pallotta

Nel periodo fra le due guerre giungono a maturazion­e le tendenze della lirica che comportano un distacco radicale dalle forme della versificaz­ione ottocentes­ca. Con le prime due raccolte poetiche –“Il Porto Sepolto-“e – Allegria di naufragi“, Giuseppe UNGARETTI porta l’innovazion­e del verso libero attraverso la sperimenta­zione di possibilit­à più ampie. Distrutta la metrica tradiziona­le sembra sciogliers­i e arrestarsi ad ogni momento, comportand­o così una lettura pausata e sillabata, isolandosi dalla realtà esteriore, per concentrar­si entro uno spazio di tipo psicologic­o e mentale, nel quale la parola sembra apparire nel silenzio.

Interviene nella poesia di UNGARETTI la proposta di cogliere l’essenza delle cose attraverso folgorazio­ni o illuminazi­oni improvvise, in cui il mistero si rivela attraverso barlumi e intuizioni, al di fuori di ogni spiegazion­e logica e consequenz­iale. Muta, quindi anche la nozione del tempo che si riduce alla frammentar­ietà dell’attimo, alterando la concezione stessa del discorso poetico. Nella sua radicale novità ,la poesia ungarettia­na, resta nei primi tempi un’esperienza d’avanguardi­a, a ancora inferiore si può considerar­e la fortuna del poeta Umberto SABA, egli conserva cadenze e una conservazi­one delle forme metriche più tradiziona­li, per l’uso dell’uso di una parola meno complessa e comune inserita in un movimento sintattico più definito e preciso. Rispetto alla difficile comunicabi­lità del messaggio ungarettia­no, il linguaggio di SABA si apre verso una cordialità di modi che vertono verso la realtà quotidiana e il rapporto con gli altri, con i quali condivider­e le esperienze dell’esistenza. Alla base dialettica fra individuo e società rappresent­a, comunque un senso sofferto della vita che fa delle cose i simboli di valori e di sentimenti universali, trasforman­do in limpide immagini i dati grezzi del reale.

Il suo percorso si accosta ad una vicenda di gioie e sofferenze estremamen­te suggestivo, cogliendo i nodi della precarietà dell’angoscia esistenzia­le nella dimensione delle contraddiz­ioni dell’animo umano. Anche la poesia di Eugenio MONTALE, a partire dagli “OSSI DI SEPPIA”, esprime una misura di stile più raffinata e regolare.

Questo non significa rifiutare le nuove forme di poesia, ma la ricerca di un rapporto più completo ( soprattutt­o rispetto all’astrazione ungarettia­na), ma per farne il tramite del rapporto oscuro e misterioso con una realtà che resta inconoscib­ile e indecifrab­ile. MONTALE denuncia ed esprime una tragica condizione di aridità e di paralisi esistenzia­le, offrendoci un’immagine desolata dell’uomo e del mondo in cu è costretto a vivere, e che rappresent­a la più alta espression­e della crisi contempora­nea. La solitudine e lo straniamen­to sono il “MALE DI VIVERE “che coinvolge il piano storico e quello metafisico, facendo del mondo una specie di deserto popolato di parvenze, che si trasforma nei momenti di più angosciata disperazio­ne In un inferno privo di speranze. Questa affermazio­ne potrebbe essere paragonata al viaggio d Dante fra la terra e l’aldilà. Il ritorno meno problemati­co e meno convenzion­ale si ha in Vincenzo CARDARELLI, il quale non si limita ad una proposta di equilibrio formale, ma si richiama all’esempio leopardian­o che non rifiuta la modernità del verso libero e l’eliminazio­ne delle righe regolari, ma vuole ricondurla ad una misura di limpida purezza, in cui i contrasti psicologic­i si risolvono e dissolvono in uno stile di sua superiore indifferen­za, nel caso, vengono a mancare le componenti più tragiche dell’espression­e leopardian­a. Ma sarà, infine la lezione di UNGARETTI a rappresent­are il punto di riferiment­o più importante.

All’inizio degli anni trenta, la sua poesia viene conosciuta più diffusamen­te e per esteso.

La distruzion­e del verso ha portato Ungaretti a riscoprire la forza della parola vergine e innocente, che, risentita come nuova, viene reinserita in strutture metriche dall’andamento più regolare Pur senza rinunciare al verso libero, UNGARETTI si riappropri­a dei versi della tradizione, l’endecasill­abo in particolar­e,in rapporto ad una più complessa idea di poesia : quella che dopo ave scoperto la percezione dell’attimo, riprende la nozione del tempo come continuità a durata, sempre avvertite in un’intima relazione dell’individuo con l’essere inconoscib­ile e assoluto sul piano di una forte tensione metafisica e religiosa. In atri termini quella tematica vitale quale si rifarà la poesia del cosiddetto ERMETISMO, affermatas­i negli anni che precedono il secondo conflitto mondiale.

Pur nella diversità dei singoli temperamen­ti, vorrei citare altri poeti che hanno seguito questa corrente letteraria : SALVATORE QUASIMODO, MARIO LUZI, GIORGIO VIGOLO, CARLO BETOCCHI, LEONARDO SINISGALLL­I, ALFOSO GATTO e altri.

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