GQ (Italy)

GLI UOM I N I DEL CAPO

Come gira la presidenza di MATTARELLA? Lo si intuisce da chi ha portato al Quirinale. Non proprio renziani di ferro

- Testo di CLAUDIO CERASA

italiane», un altro che «i veneti sono ubriachi di natura». Ci prova anche con le parole, ma è con le immagini da cartellone, «con quei manifesti che sono le cattedrali del nostro tempo», che è riuscito a legare la banalità di un prodotto qualsiasi alla più densa sostanza filosofica.

«Quei manifesti sono le cattedrali del nostro tempo»

E continuano a viaggiare. Oliviero «dovunque e comunque fotografa la razza umana » . Luciano «tra i popoli meno integrati» con in testa una mappa del mondo «dai siciliani ai curdi, dagli indiani d’america agli inuit del Polo Nord» fatta di tele 10x12: Imago Mundi. Ma a Oliviero pare «una luna calante», più che la geografia come orizzonte largo ci vede «la collezione». Ma «di arte democratic­a», ammette Benetton.

Oliviero gli contrappon­e «i nostri viaggi da pirati, con la bandiera della United Colors che era la bandiera dell’antirazzis­mo». In Sudafrica, dice Luciano, «non rubavano le auto della Benetton. Tuttavia una volta ci rubarono i camioncini. Trovarono i ladri e de Klerk me li mostrò: erano bianchi».

Treviso è la «tana d’eleganza». Villa Minelli, dove mangiamo, è «il luogo dove spazio e tempo coincidono: qui i fiori, gli odori e l’aria riassumono la mia vita». Lo chef è Davide Croce, alto più di due metri, un ex campione del Benetton Basket. Il risotto con le seppie è buono «e bello da vedere».

L’utopia di Benetton a tavola è «la squisitezz­a che non intos- sica». Non è più il campione da osteria che alle otto passava dall’ufficio di Oliviero e «ogni sera era Natale: abbiamo mangiato e bevuto di tutto».

Ora si controlla: «La mattina vi batto tutti però, uova, frutta…». E il vino? «Nel weekend con gli amici». Oliviero invece crede ancora nel bisteccone «davanti a una tovaglia macchiata di sugo e di vino a denominazi­one incontroll­ata». Insieme dicono che «l’allegria è indispensa­bile alla buona digestione».

Luciano è snello, con i capelli bianchi ancora ariosi e lunghi. Veste “alla Benetton”. Di Oliviero dice: «Veste male». Solo per amore non aggiunge «mangia male». Oliviero pensa che «bisogna scegliere tra l’eleganza e la libertà» e si veste «come a vent’anni, come i ragazzi che negli Anni 60 avevano la testa spensierat­a e matta». Hanno avuto mogli e tanti figli, le loro famiglie sono così numerose che «nelle adunate manca sempre qualcuno». Entrambi si sottraggon­o al «ti ricordi?». Eppure qui sono nate le immagini che arredano il nostro tempo: il pretino che bacia la novizia, il bimbo bianco al seno della mamma nera, lo strazio del malato che muore di aids, il neonato attaccato al cordone ombelicale, i preservati­vi, le carrette del mare, il delitto di mafia, i bambini lavoratori, il cimitero di guerra, la gigantogra­fia dei sessi maschili e femminili alla Biennale del 1993, rifiutata da tutti i giornali tranne Libération: «Avevamo contro persino Le Monde ». Dice Luciano: «Non sempre facevamo quello che ci conveniva. Economicam­ente, dico». Avevano capito che «gli slogan e le visioni della pubblicità, al di là della trasgressi­one, rimandano alla grande letteratur­a e ai pennelli di Boccioni, di Picasso e di Magritte».

A Fabrica c’è una riunione di industrial­i. Una signora con i tacchi e il tailleur bianco ringrazia Benetton «perché ci ha permesso di fare la convention in questa magnifica location».

Alle parole “convention” e “location” Luciano, muto e impenetrab­ile, ha forse un fremito. Oliviero sbuffa: «Qui, senza bisogno di cartelli, c’erano dei divieti d’entrata che venivano rispettati: ai razzisti, ai pigri, ai cretini, al cattivo gusto… e alle donnette in carriera». Insieme dicono che «il mondo è di chi ha torto» e insieme tornano a organizzar­e un futuro senza fine.

«NON TUTTE L E VO LT E FAC E VAMO Q U E L LO C H E CO N V E N I VA »

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