Il Fatto Quotidiano

Un radiogramm­a per parlare d’amore Altro capolavoro firmato Roger Waters

Anni dopo “Amused to Death”, esce il primo giugno in Italia “Is this the life we really want?”

- » ANDREA SCANZI

Più che un disco, è una sentenza. Roger Waters, nome dato dall’anagrafe terrestre a una delle migliori (nonché più livide e fosche) espression­i del Divino, torna con un disco di inediti a 25 anni dall’epocale Amused To Death. Si intitola Is This The Life We Really Want?, è stato prodotto da Nigel Godrich (Radiohead eccetera) e ha richiesto due anni di lavoro. Esce il 2 giugno (Primo giugno in Italia) per Sony. Il Fatto ne è in possesso da un mese e può ora recensirlo in anteprima: alto livello, in alcuni casi altissimo livello. Superiore a Radio Kaos, superiore a The Pros And Cons of Hitch-Hiking, forse appena inferiore ad Amused To Death. Noterete echi di The Dark Side Of The Moon, Wish You Were Here( più di quanto crediate), Animals (oh yes), The Wall (meno di quanto credia- te) e The Final Cut( però meno cupo). È un disco d’altri tempi, di bellezza dolorosa e vertiginos­a, con vette inaudite e l’universo watersiano di sempre: gli orologi, le esplosioni, i gabbiani, la guerra, le risate ( inquietant­i), il padre ( qui meno del solito), i cani, la tecnologia, l’urlo (quel suo urlo). La radio, i sospiri, la tivù accesa, i cori. E una voce mai così profonda e definitiva.

COLPISCONO l’assenza di assoli e il ruolo quasi marginale delle chitarre: niente David Gilmour (Waters e Goldrich volevano coinvolger­lo con due assoli, ma non se n’è fatto di nulla). Niente Eric Clapton, presente nel primo disco solista. Niente Jeff Beck, monumental­e in Amused To Death. E niente Snowy White, già con lui nel tour di Animals. Waters lo ha definito così: “È un viaggio che parla della natura trascenden­tale dell’amore. Di come l’amore ci può aiutare a passare dalle nostre attuali difficoltà a un mondo in cui tutti possiamo vivere un po’ meglio”. L’idea di partenza era un radiogramm­a in cui un vecchio irlandese rispondeva a tutte le domande del nipote. In particolar­e: “Perché uccidono i bambini?”. Godrich ha tagliato alcuni brani dalla scaletta finale e Waters ha già detto di avere pronto il materiale per un altro disco, che intende fare uscire relativame­nte a breve.

IL TOUR Us + them partirà il 26 maggio da Kansas City. Date italiane, probabilme­nte, nel 2018 (palazzetti) e 2019 (all’aperto). La scaletta conterrà quattro brani da Is This The Life We Really Want? e poi canzoni da The Dark Side Of The Moon, Wish You Were Here e Animals. La simbiosi tra Waters e Godrich ricorda quella verificata­si tra Johnny Cash e Rick Rubin per il ciclo sublime delle American Recordings. Dodici tracce: se fosse un voto, sarebbe 8.5. Più probabilme­nte 9-. Gli apici: Déjà vu, Broken Bones, la title track, Bird In A Gale e il trittico finale Wait for Her/Oceans apart/A part of me died, che contiene l’idea (già sviluppata quarant’anni fa con Pigs on the Wing) che l’amore possa essere non evasione bensì salvezza. Rifugio dai “porci volanti”, cioè dalle porcherie del mondo.

Waters ci ha messo un quarto di secolo, ma ha partorito il capolavoro che era lecito attendersi. Consiglio: ascoltatel­o avendo davanti i testi tradotti, perché qui (come sempre in Waters) sono oltremodo decisivi. Godetevi ogni sospiro, ogni carezza, ogni incubo: è una fortuna rara essere contempora­nei di un genio simile.

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LaPresse L’ex Pink Floyd Waters è stato bassista e cantante della band

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