ANIMALISTI CONTRO L’ARTE DA CANI
Fino a che punto può spingersi l’arte? Esiste un limite alla libertà di espressione artistica? È meglio che un’opera contemporanea desti clamore e polemiche, che scandalizzi e faccia pensare o sono preferibili pitture, sculture e installazioni che riconciliano col mondo? Queste domande sono eter- ne e le risposte non esistono in via assoluta. L’arte è arte e farà sempre parlare di sé, nel bene e nel male. Così, nell’era della post nudità, quando – è accaduto anche in Italia – si è ricominciato a coprire capezzoli e a censurare i nudi sui social network, si è già aperta una nuova frontiera: artisti con- tro animalisti. In questo caso, la partita è stata vinta dalla squadra fuori casa. IlGuggenheim di New York ha dovuto cedere alle pressioni degli attivisti per i diritti degli animali e ha ritirato tre opere dall’esposizione che parte il prossimo 6 ottobre.
Nella Grande Mela approderanno settanta artisti concettuali cinesi del dopo-Tienanmen nella collettiva “Art and China after 1989: Theater of the World”. Centocinquanta opere sulla modernità, la globalizzazione e le condizioni di vita del Paese asiatico. Centocinquanta meno tre, da qualche giorno a questa parte. Il boarddel museo (che ha altre prestigiose sedi: Venezia, Bilbao e di recente, tra le proteste per le condizioni di lavoro, Abu Dhabi) ha deciso infatti di ritirare due video e una scultura, dopo le manifestazioni degli animalisti e la raccolta di oltre 700 mila firme in pochissimo tempo.
NEL PRIMO VIDEO, “Do g s That Cannot Touch Each Other” (“Cani che non si possono toccare”) realizzato dagli artisti Sun Yuan e Peng Yu – marito e moglie, che già in passato avevano fatto discutere per aver iniettato il loro sangue nei cadaveri di due gemelli siamesi –, quattro coppie di pit bull si affrontano per ben sette minuti sui tapis roulant senza potersi sbranare l’un l’altro. Nel secondo, viene ripreso l’accoppiamento tra due maiali – marchiati con lettere dell’alfabeto cinese e romano per evidenziare il contrasto tra la scrittura e la natura degli animali – di fronte a una vasta platea di umani. La scultura dell’artista Huang Yong Ping è, invece, una teca molto ampia contenente rettili e insetti vivi, o almeno questi ultimi per poco tempo. Le tre opere sono state realizzate tra il 1993 e il 2003 e l’ultima di esse è custodita nella sede del Guggenheim di Abu Dhabi.
Non appena conosciuto il contenuto dell’esposizione, gli animalisti americani si sono scatenati: come ha riportato il New York Times, Ingrid Newkirk, presidente di People for the Ethical Treatment of Animals, è stata tra i primi a chiedere al museo di “ritirare questi vili atti di crudeltà mascherati da creatività. La Cina – ha spiegato – non ha leggi che tutelino gli animali, per cui il rifiuto di questi pezzi può aiutare il Paese e i suoi artisti a riconoscere che gli animali non sono oggetti e che meritano rispetto”. Dello stesso parere anche Stephen Eisenman, docente di storia dell’arte presso la Northwestern University, secondo il quale “le opere sostengono la crudeltà”.
Alle dichiarazioni sono immediatamente seguite le firme: oltre 700 mila, come detto, in poco tempo. E, soprattutto, sono arrivate le proteste: lo scorso fine settimana centinaia di attivisti si sono ritrovati fuori dal Guggenheim e i social americani si sono riempiti di minacce più o meno lievi. Da qui la decisione del museo: “Si am o preoccupati per la sicurezza del personale, dei visitatori e degli stessi artisti” ha dichiarato la portavoce che ha però ribadito come “la libertà di espressione sia sempre stata e rimarrà un valore fondamentale del Guggenheim”.
DI FATTO, PERÒ, la scelta è stata vissuta come una resa. L’artista cinese del momento, il dissidente Ai Weiwei, contattato per telefono dal Nyt, ha dichiarato: “Quando un’istituzione d’arte non può esercitare il diritto alla libertà di parola, è una tragedia per tutta la società. La pressione sui musei per ritirare le opere da una mostra sono la prova di una visione ristretta non solo dei diritti degli animali, ma anche dei diritti umani”.
La scelta del Guggenheim costituirà un precedente? Sì, secondo la rivista letteraria Pen America e molti illustri accademici. No, se si considera che in altre occasioni l’arte è stata più forte delle proteste. Ma almeno noi possiamo dormire sonni tranquilli: al di là di qualche caso sporadico ( la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nel 2009 ebbe un problema analogo), siamo molto lontani persino dall’approvare una legge che vieti con effetto immediato l’uso degli animali nei circhi. Figuriamoci se ci preoccupa un video cinese.
L’ESPOSIZIONE
Il 6 ottobre sarà inaugurata la rassegna “Art and China after 1989: Theater of the World” 150 lavori. Anzi, ora 147