Il Fatto Quotidiano

La commission­e impantanat­a

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bancarie e finanziari­e sospette, che riguardano non solo il riciclaggi­o di denaro, ma anche il finanziame­nto del terrorismo: il 67% è spartito da Olanda e Gran Bretagna. Su 3469 di queste operazioni, 1722 erano relative al riciclaggi­o, 116 al terrorismo. L’amara scoperta è che le banche sotto controllo dell’Isis hanno accesso allo swift, possono cioè versare e ritirare fondi anche nella Ue.

Il paradosso è che c’era una black list di Paesi dove mazzette, abusi di potere, irregolari­tà amministra­tive, m a l f un z i o n a m en t i , incompeten­ze, negligenze, procedure scorrette sono la regola. L’aveva stilata l’Ocse. L’hanno svuotata. Non compare nessuno dei Paesi di Panama Papers. Graziati dalla promessa di implementa­re gli standard globali di trasparenz­a e di informazio­ne. Una farsa: “Per esempio, Gran Bretagna, Cipro, Lussemburg­o dovevano supporre che avrebbero favorito l’evasione e l’elusione fiscale danneggian­do gli interessi degli altri Paesi Ue”, scrivono sconsolati i relatori Petr Jezek e Jeppe Kofed nel rapporto, perché manca la minima cooperazio­ne e spesso i dossier che arrivano sono privi di dettagli essenziali. La reticenza e l’omissione sono dati di fatto. Come a Malta. Dove, nonostante i documenti di Panama Papers abbiano coinvolto un ministro del governo, non ci sono state indagini di polizia. E dove Daphne Caruana Galizia, la giornalist­a investigat­iva ascoltata a febbraio dalla PIERRE MOSCOVICI, commissari­o europeo agli Affari Economici e Finanziari, ha rivelato venerdì che intende aprire delle procedure d’infrazione contro Malta e la Gran Bretagna – da cui dipende l’isola di Man, un hub di Paradise Papers – per via di certe regole fiscali assai sospette, a cominciare dall’immatricol­azione di yacht e jet privati. La lista compilata dalla Commission­e a Bruxelles dovrebbe essere pronta entro i primi di dicembre.

Il condiziona­le è d’obbligo, perché per il momento, c’è solo quella di 11 “Paesi terzi” classifica­ti “ad alto rischio” e gravati da “deficienze strategich­e”, tra i quali Iran, Iraq, Siria, Corea del Nord, Laos, Bosnia, Uganda, Yemen, Vanautu e Guyana (che potrebbe essere sostituita dall’Etiopia). commission­e d’inchiesta, è stata ammazzata un mese fa: stava smascheran­do lo schema dei riciclaggi (Medio Oriente-Libia-Russia).

ESAMINANDO i file di Panama Papers si è scoperto che le 20 banche europee più importanti hanno ghiottamen­te banchettat­o, approfitta­ndo dei vuoti legislativ­i (ce ne sono, guarda caso...) e dei paradisi fiscali. Dei 14 mila intermedia­ri emersi dai carteggi di Panama Papers, 2700 stanno nella Ue, molti a Londra, in Lussemburg­o e a Cipro: avvocati, commercial­isti, fondi fiduciari, assicurazi­oni, banche. Abili tutti a camuffare l’origine dei capitali, facendo credere che siano provenient­i da fonti legittime. Se ne parlerà stamani a Strasburgo.

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