Il Fatto Quotidiano

DA HARAKIRI Un’Italietta NIENTE MONDIALE PER GLI AZZURRI

A San Siro contro la Svezia non vanno oltre lo 0-0

- » ROBERTO BECCANTINI

Piange, Buffon. Fuori da tutto, prima che tutto cominci. Mondiale addio, in Russia va una delle Svezie più modeste della storia. Noi a casa, mortificat­i e impotenti. Dallo 0-1 di venerdì a questo 0-0: neppure le coccole di San Siro hanno rianimato l’Italia di Ventura (e di Tavecchio). È stato un fallimento tecnico. Solo nel 1958 avevamo mancato la qualificaz­ione sul campo: fu l’Irlanda del Nord, quella volta, a cacciare una Nazionale piena zeppa di oriundi. Questa volta abbiamo fatto tutto noi. La batosta del Bernabeu sembrava una tappa: infelice, feroce, ma pur sempre una tappa. È stata, invece, l’inizio della fine. I giocatori non si sono più ripresi, Ventura non ci ha più capito niente, come documenta la formazione-roulette dell’ultima puntata. Florenzi interno al posto di Verratti, squalifica­to; Jorginho, fin qui sistematic­amente ignorato, vice De Rossi, Gabbiadini titolare all’improvviso. E Insigne in panca. Cose, e scelte, mai viste.

I FISCHI ALL’IN NO s v ed es e proprio il massimo non sono. In passato eravamo noi a fare catenaccio, adesso sono gli altri. L’ordalia del Meazza è una nuvola di polvere qui e là da sparo, quasi mai di stelle. Ventura va fino in fondo, e a fondo, con la sua Bbc e il suo 3-5-2. Pochi ma chiari, i piani di Andersson: al diavolo il possesso palla, tutti dietro. Lahoz, spagnolo, arbitra alla Ponzio Pilato. In area, non fischia mai: su Parolo, speronato da Augustinss­on, e su Damian, silurato da Lustig, ma anche su un paio di “bracciate ” dello stesso Darmian e di Barzagli.

Quando si cambia troppo, non è raro che almeno una mezz’ora se ne vada alla caccia di geometrie decenti. È quello che succede a metà campo tra Parolo, Jorginho e Florenzi. Non credo che sia paura: è l’angoscia che prende lontano dalle abitudini domestiche.

La Svezia surroga Johansson, k.o. a un ginocchio, con Svensson. Sul fronte azzurro, tre stopper sembrano oggettivam­ente un abuso. Gli spazi sono intasati; i valichi, presidiati; i cross di Candreva e Darmian, una riffa. Jorginho si sporge dal marasma, suo l’assist per Immobile al 40’, Olsen smorza e Granqvist spazza. Poi Florenzi, murato dal portiere. Segni di vita. Gabbiadini “pirla” attorno a Immobile, la manovra nasce lenta, facilmente leggibile.

Nella ripresa, la procession­e continua. Palla a Bonucci, che serve Barzagli che serve Bonucci. Ci sarebbe Jorginho, ma Larsson e c. lo schermano. Dalle ali, poche emozioni. In questi casi, bisognereb­be accelerare almeno la velocità del pensiero. Florenzi, fra i più generosi, sfiora il palo (da un cross di Darmian). Thelin avvicenda Toivonen, la Svezia si guarda bene dal cadere in tentazione e rimane tutta lì. Da come sbuffa e smoccola, De Rossi sembra quasi che non voglia entrare, ma non erano una famiglia?

La partita fila su un binario morto, Ventura sa che deve fare qualcosa ma non cosa, alla fine dal cilindro escono Belotti ed El Shaarawy (63’). Fuori Gabbiadini e Darmian. Nessuna notizia di Insigne: se non è record del mondo, poco ci manca.

BONUCCI BUTTA via la maschera, una traversa corregge una parabola di Florenzi, i dettagli non ci premiano. C’è sempre un passaggio in più, a fregarci. La squadra comincia a perdere fiducia. La staffetta Candreva-Bernardesc­hi sa di testa o croce, Chiellini sgomi- ta Berg: servisse a qualcosa. Olsen smorza una staffilata di El Shaarawy, Buffon centravant­i è l’ultima cartuccia, lui che debuttò negli spareggi di vent’anni fa.

Al netto degli episodi, pali inclusi, non aver segnato almeno un gol a “questa” Svezia nell’arco di due partite significa aver meritato i dispetti del destino. Non ci sono alibi, giustifica­zioni, vie di fuga. Ventura è crollato in prossimità del traguardo. E con lui, la fragile squadra che aveva montato e smontato. Fuori dai Mondiali per colpa, non per “colpe”.

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