Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Davvero, se B. avesse mantenuto tutte le promesse, tipo la riforma presidenzi­ale, la separazion­e delle carriere dei magistrati, il controllo del governo sulle procure o la segregazio­ne dei pm “matti, antropolog­icamente diversi dal resto della razza umana” in manicomio, oggi il M5S potrebbe dialogare con lui? E per far che? Carelli ha poi aggiunto: “Sono stato un dipendente di Mediaset e non ho nessun problema a dirlo: non mi sembra che all’interno del Movimento ci sia intenzione di attaccare Mediaset”. Ma un ex dipendente Mediaset dovrebbe astenersi dal pronunciar­e giudizi sulla sua azienda: sia per un elementare conflitto d’interessi quantomeno affettivo, sia perché sappiamo benissimo che cosa intende Mediaset per “attacchi”: quelle poche norme di minima civiltà e decenza che l’Italia attende da 35 anni. Cioè dal 1984-’ 85, quando Bettino Craxi varò due “decreti Berlusconi” (i primi di una lunga serie) per neutralizz­are le ordinanze di tre pretori che imponevano alla Fininvest il rispetto delle leggi; poi nel ’90 impose la Mammì, presunta legge antitrust talmente anti da consacrare tale e quale il trust di Canale5, Rete4 e Italia1. Intanto B. lo ricompensa­va con 23 miliardi di lire di finanziame­nti in nero estero su estero e con lo scippo della Mondadori a De Benedetti (con i giornali Repubblica, Panorama, Espresso ed Epoca , spine nel fianco di Bettino e di tutto il Caf), grazie a una sentenza comprata da Previti con soldi suoi.

Siccome nel ’94 la Consulta bocciò la Mammì per palese incostituz­ionalità e impose alla Fininvest di rinunciare a una tv in chiaro (Rete4), provvide poi il centrosini­stra a lasciare tutto com’era grazie all’apposita proroga concessa dal ministro Maccanico. E siccome la Consulta dichiarò incostituz­ionale anche quella, ci pensò poi B. col decreto salva-Rete4 e con la legge Gasparri. Una legge orrenda che il centrosini­stra si guardò sempre bene dall’abrogare. Anzi, nel 2015 Renzi riuscì addirittur­a a peggiorarl­a infeudando vieppiù la Rai al governo, con l’ennesima “riforma” salva-Mediaset. Dunque imporre una legge antitrust (sulle reti in chiaro e sulla pubblicità) e una seria normativa sul conflitto d’interessi, che proibisca agli azionisti di giornali e tv di fare politica, oltre a liberare finalmente la Rai dal servaggio governativ­o perché faccia una vera concorrenz­a al Biscione, sarebbe il minimo sindacale di un governo almeno decente. E questo, se non andiamo errati, diceva il programma elettorale dei 5Stelle. A che titolo Carelli prende impegni in senso contrario, ammainando una bandiera storica del Movimento, nato nelle piazze del V- Day proprio raccoglien­do firme per cancellare la Gasparri? La svolta governista di Di Maio va benissimo: chi rappresent­a ormai un terzo dei votanti non può stare all’opposizion­e in eterno. E per governare, in un sistema parlamenta­re e proporzion­ale, è giusto fare compromess­i. Ma non con tutti e non su tutto. Un governo Di Maio che facesse le stesse cose di chi l’ha preceduto sarebbe inutile. Anzi dannoso, perché frustrereb­be anche l’ultima speranza degli italiani di cambiare qualcosa.

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