Giorgetti re di Chigi: a lui il Cipe e blocca il prescelto di Conte
Si prende pure lo Sport e il capo del legislativo Al sottosegretario va il controllo sul più grande centro di spesa Intanto ha congelato la nomina di Busia a segretario generale
Il sottosegretario Giancarlo Giorgetti s’è ambientato presto a Palazzo Chigi e, sempre presto, s’è allargato parecchio. Oltre a Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il terzo vice di Giuseppe Conte è il leghista più abile a gestire il potere con discrezione e precisione maniacale. Per l’esattezza, il capo di Chigi sarà ufficialmente Giorgetti se il prof. Conte, allevato tra i cattolici di sinistra di Villa Nazareth, non riuscirà ad arginarne l’espansione.
Come sottosegretario già controlla l’agenda del governo e il Consiglio dei ministri, ora il leghista sta per ottenere anche la delega al Cipe, acronimo che sta per Comitato interministeriale per la programmazione economica, un centro di spesa da miliardi di euro per finanziare piccole rotonde in provincia oppure maestose grandi opere: i soldi veri.
AL CIPE, PER ESEMPIO, i renziani non hanno mai rinunciato. Luca Lotti l’ha presidiato per quattro anni. Il fatto che vada a Giorgetti è giustificato con una formula ingenua: è un “risarcimento” dei Cinque Stelle per la mancata attribuzione al leghista della delega ai servizi segreti, che Conte – al pari di Paolo Gentiloni – non ha assegnato. Un ’ allucinazione, perché muovere i soldi sul territorio conviene assai di più, nutre le relazioni e il consenso. Semmai Giorgetti aspirava a entrambe le mansioni.
Non è mai sazio, il leghista che è il braccio armato di Salvini a Palazzo: è vicino a ricevere pure la delega allo Sport, vetrina per altro denaro da spendere e altre amicizie da consolidare a ridosso dei Mondiali di sci di Cortina (sicuri) e delle Olimpiadi invernali (ipotesi). Al Nord, ovviamente.
Per monitorare l’intera attività dell’esecutivo, va sorvegliato poi il Dagl, il Dipartimento degli affari giuridici e legislativi che fa la sintesi sui testi di legge tra i ministeri e la presidenza. E i leghisti hanno esperienza di macchina. Così Giorgetti ha rivendicato la guida di quel dipartimento: per la successione di Roberto Cerreto è candidato Claudio Tucciarelli. A Conte non resta che il segretario generale, il burocrate più alto in grado, se Giorgetti è d’accordo. A sorpresa, venerdì scorso, mentre era al G7 in Canada, il prof. ha inviato il prescelto a Palazzo Chigi, l’omonimo Giuseppe Busia, sardo di Nuoro, classe ’69, conosciuto a Villa Nazareth, bene- detto dal Quirinale e dal giro di Guido Alpa, l’av vo cato-mentore del premier.
Paolo Aquilanti, il segretario generale uscente di rito Maria Elena Boschi, l’ha accolto per mostrargli l’ufficio e preparare il passaggio di consegne. Poi Aquilanti è andato in vacanza, e si allungato fino a lunedì. E Busia, un tipo riservato, si è eclissato dietro l’attesa di uno scontato decreto di nomina. Problema: non arriva e, forse, non arriverà più. Perché i leghisti sono perplessi, anzi Giorgetti è perplesso.
BUSIA NON C’ENTRA con il Carroccio, è cresciuto nel centrosinistra: vicecapo di gabinetto alla Cultura con Francesco Rutelli; giurista del Partito democratico ai tempi della costituzione; segretario generale in carica all’Autorità della Privacy con Antonello Soro, il primo capogruppo dem a Montecitorio; collaboratore di Astrid, la fondazione di Franco Bassanini e Giuliano Amato.
I leghisti hanno spinto molto per Vincenzo Fortunato, ex uomo forte di Giulio Tremonti al ministero dell’Economia. Poi Conte ha stupito con il nome di Busia, lontano dai leghisti e anche dai pentastellati, un nome per marcare un’autonomia rispetto ai dioscuri Di Maio e Salvini che gli siedono accanto a Palazzo Chigi. Al momento, il test ha fallito. Quantomeno s’è inceppato, qualcosa non funziona.
Fonti di governo smentiscono che sia previsto l’avvicendamento tra il giovane Busia e il pensionato Aquilanti (niente paura: a 58 anni andrà al Consiglio di Stato, non ai giardinetti). Oggi quest’ultimo rientra a Palazzo Chigi, non per completare il trasloco e lasciare il comando a Busia, ma per firmare i documenti che non possono ammassarsi sulla scrivania del segretario generale.
Ci sono dubbi sulla libertà di azione di Conte per l’enorme valore politico di Salvini e Di Maio. Se dovesse perdere anche il duello sul segretario generale, i dubbi sarebbero superflui.