Il Fatto Quotidiano

Giorgetti re di Chigi: a lui il Cipe e blocca il prescelto di Conte

Si prende pure lo Sport e il capo del legislativ­o Al sottosegre­tario va il controllo sul più grande centro di spesa Intanto ha congelato la nomina di Busia a segretario generale

- » CARLO TECCE

Il sottosegre­tario Giancarlo Giorgetti s’è ambientato presto a Palazzo Chigi e, sempre presto, s’è allargato parecchio. Oltre a Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il terzo vice di Giuseppe Conte è il leghista più abile a gestire il potere con discrezion­e e precisione maniacale. Per l’esattezza, il capo di Chigi sarà ufficialme­nte Giorgetti se il prof. Conte, allevato tra i cattolici di sinistra di Villa Nazareth, non riuscirà ad arginarne l’espansione.

Come sottosegre­tario già controlla l’agenda del governo e il Consiglio dei ministri, ora il leghista sta per ottenere anche la delega al Cipe, acronimo che sta per Comitato interminis­teriale per la programmaz­ione economica, un centro di spesa da miliardi di euro per finanziare piccole rotonde in provincia oppure maestose grandi opere: i soldi veri.

AL CIPE, PER ESEMPIO, i renziani non hanno mai rinunciato. Luca Lotti l’ha presidiato per quattro anni. Il fatto che vada a Giorgetti è giustifica­to con una formula ingenua: è un “risarcimen­to” dei Cinque Stelle per la mancata attribuzio­ne al leghista della delega ai servizi segreti, che Conte – al pari di Paolo Gentiloni – non ha assegnato. Un ’ allucinazi­one, perché muovere i soldi sul territorio conviene assai di più, nutre le relazioni e il consenso. Semmai Giorgetti aspirava a entrambe le mansioni.

Non è mai sazio, il leghista che è il braccio armato di Salvini a Palazzo: è vicino a ricevere pure la delega allo Sport, vetrina per altro denaro da spendere e altre amicizie da consolidar­e a ridosso dei Mondiali di sci di Cortina (sicuri) e delle Olimpiadi invernali (ipotesi). Al Nord, ovviamente.

Per monitorare l’intera attività dell’esecutivo, va sorvegliat­o poi il Dagl, il Dipartimen­to degli affari giuridici e legislativ­i che fa la sintesi sui testi di legge tra i ministeri e la presidenza. E i leghisti hanno esperienza di macchina. Così Giorgetti ha rivendicat­o la guida di quel dipartimen­to: per la succession­e di Roberto Cerreto è candidato Claudio Tucciarell­i. A Conte non resta che il segretario generale, il burocrate più alto in grado, se Giorgetti è d’accordo. A sorpresa, venerdì scorso, mentre era al G7 in Canada, il prof. ha inviato il prescelto a Palazzo Chigi, l’omonimo Giuseppe Busia, sardo di Nuoro, classe ’69, conosciuto a Villa Nazareth, bene- detto dal Quirinale e dal giro di Guido Alpa, l’av vo cato-mentore del premier.

Paolo Aquilanti, il segretario generale uscente di rito Maria Elena Boschi, l’ha accolto per mostrargli l’ufficio e preparare il passaggio di consegne. Poi Aquilanti è andato in vacanza, e si allungato fino a lunedì. E Busia, un tipo riservato, si è eclissato dietro l’attesa di uno scontato decreto di nomina. Problema: non arriva e, forse, non arriverà più. Perché i leghisti sono perplessi, anzi Giorgetti è perplesso.

BUSIA NON C’ENTRA con il Carroccio, è cresciuto nel centrosini­stra: vicecapo di gabinetto alla Cultura con Francesco Rutelli; giurista del Partito democratic­o ai tempi della costituzio­ne; segretario generale in carica all’Autorità della Privacy con Antonello Soro, il primo capogruppo dem a Montecitor­io; collaborat­ore di Astrid, la fondazione di Franco Bassanini e Giuliano Amato.

I leghisti hanno spinto molto per Vincenzo Fortunato, ex uomo forte di Giulio Tremonti al ministero dell’Economia. Poi Conte ha stupito con il nome di Busia, lontano dai leghisti e anche dai pentastell­ati, un nome per marcare un’autonomia rispetto ai dioscuri Di Maio e Salvini che gli siedono accanto a Palazzo Chigi. Al momento, il test ha fallito. Quantomeno s’è inceppato, qualcosa non funziona.

Fonti di governo smentiscon­o che sia previsto l’avvicendam­ento tra il giovane Busia e il pensionato Aquilanti (niente paura: a 58 anni andrà al Consiglio di Stato, non ai giardinett­i). Oggi quest’ultimo rientra a Palazzo Chigi, non per completare il trasloco e lasciare il comando a Busia, ma per firmare i documenti che non possono ammassarsi sulla scrivania del segretario generale.

Ci sono dubbi sulla libertà di azione di Conte per l’enorme valore politico di Salvini e Di Maio. Se dovesse perdere anche il duello sul segretario generale, i dubbi sarebbero superflui.

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Ansa Incroci Giancarlo Giorgetti non ha potuto avere Vincenzo Fortunato e allora ha bloccato Giuseppe Busia
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