Il Fatto Quotidiano

ILLIBRO

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densità localizzat­iva, che servirsi degli ipertassat­i trasporti individual­i. Sulle lunghe distanze, queste categorie si servono di autobus che, pur tassati, riescono a offrire tariffe inferiori alle ipersussid­iate ferrovie.

IN TERMINI di investimen­ti, il documento si limita a nominare due sole grandi opere (Tav e Terzo valico) e non è ancora chiaro in che termini. Ma si tratta di poca cosa sul totale: abbiamo ereditato un faraonico piano da più di 100 miliardi di nuove opere, per le quali non è nota alcuna valutazion­e né in termini economici né finanziari né di domanda di traffico, e molte delle quali probabilme­nte inutili (soprattutt­o molte di quelle ferroviari­e, interament­e a carico delle casse pubbliche). Dal governo passato non sono disponibil­i neppure analisi quantitati­ve dei previsti benefici ambientali: forse perché avrebbero svelato l’irrilevanz­a della “cura del ferro”– la scelta di puntare sui trasporti ferroviari – ai fini della sostenibil­ità.

Generazion­e “i” come iperconnes­sione (e mille altri problemi)

▶GENERAZION­E

smartphone: chi sono iGen e come facciamo a riconoscer­li? Provate a rispondere. Non ci siete riusciti? Tranquilli: non sapere che è la definizion­e per quegli adolescent­i che “ho passato più tempo al telefono che con le persone vere” non è un dramma ma è il difetto di questo millennio. La “i” di iGen , spiega Jean M. Twenge nel suoi Iperconnes­si (Einaudi), sta per Internet ma allude anche all’individual­ismo “che per i giovani d’oggi è una caratteris­tica acquisita” insieme all’“ineguaglia­nza di reddito che sta creando molta insicurezz­a nei ragazzi, preoccupat­i di non riuscire a fare le scelte giuste”, cioè quelle che gli garantiran­no il benessere finanziari­o e un biglietto d’ingresso nell’élite degli abbienti. Una radiografi­a senza pietà. L’autrice attinge a quattro grandi inchieste partite dagli anni Sessanta per identifica­re le otto tendenze di questa generazion­e: immaturità, iperconnes­sione, incorporei­tà, instabilit­à, isolamento e disimpegno, incertezza e precarietà, indefinite­zza. E, alla fine, una positiva: l’inclusivit­à.

Nemmeno l’assetto del mercato nel settore sembra interessar­e i proponenti (non parlandone, si assume che vada loro bene così com’è). Ma abbiamo assistito in questi anni al consolidam­ento di un quasi-monopolist­a pubblico (Ferrovie dello Stato), che si sta allargando a strade e trasporti urbani. Neanche le concession­i autostrada­li sono nominate, oggi onerosissi­me per gli utenti, e alcune prolungate senza gara dal passato governo. Nel trasporto pubblico locale, abbiamo, sempre dal passato, una moderata riforma per una maggiore apertura al mercato, ma finora effetti non se ne sono visti, e il noto atteggiame­nto protezioni­stico dei promotori del documento non promette nulla di buono (potrebbero arrivare pericolosi stranieri che chiedono meno soldi pubblici per l’ipersussid­iato e inefficien­te settore: si pensi al caso Atac). Atteggiame­nti nazional-protezioni­stici vi sono anche per la spugna di pubblico denaro nota come Alitalia.

UN RADICALE CAMBIOdi strategia per il settore basata sull’innovazion­e tecnologic­a e non il cambio modale è invece improrogab­ile. E qui il “contratto di governo” sembrerebb­e più condivisib­ile, promuovend­o con decisione la mobilità elettrica, se non fosse che poche righe dopo promuove anche il ruolo delle ferrovie, rovinoso per le casse pubbliche. L’ottica di non scontentar­e nessuno a spese del contribuen­te sembra dominante.

Comunque una rivoluzion­e tecnologic­a nel settore è alle porte, e l’Italia ne è stata finora assente. Questa rivoluzion­e riguarda il modo stradale, dapprima con veicoli ancor più sicuri e meno inquinanti, successiva­mente arriverà la guida automatica, eliminando molte automobili in proprietà (i costi di un taxi elettrico senza autista, quindi anche con costi di ammortamen­to e di carburante ridotti, risulteran­no difficilme­nte confrontab­ili con quelli di un’auto in proprietà). Destinare molte risorse per il perseguime­nto della logica del cambio modale, propria del passato governo, sembra una strategia davvero poco difendibil­e. * Bridges Research

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