Sanremo copia e incolla: plagiato pure Mr. Bean
fre inferiori. Ornella Vanoni è andata gratis (“non vi ci abituate…”, ha detto), ma è un caso piuttosto unico. Facendo una media di 40 mila euro a ospite, il totale si aggira sui 650 mila. Non poco, ma neanche troppo se pensiamo che una star internazionale può chiederne anche 200 mila per un’ospitata sul palco dell ’ Ariston. Insomma, la scelta autarchica paga a livello economico, ma forse non
Il Festival di Sanremo 2019 è l’indizio definitivo e schiacciante di quello che si mormora da tempo: Daniele Luttazzi sta per tornare in Rai. Sarà per questo – per farlo sentire più a suo agio – che quasi tutto quello che s’è visto sul palco è clamorosamente scopiazzato, tagliuzzato, fotocopiato. Naturalmente senza dichiararlo. Del resto, quando nel 2010 fu accusato di attingere a mani basse dal repertorio di altri, Luttazzi dichiarò: “Dissemino qua e là indizi e citazioni di comici famosi e i fan devono scoprirli!”. Ecco, gli autori del Festival mica fregano il repertorio altrui, no, ci stanno solo sfidando a giocare con loro: solo che, diversamente da Luttazzi, si sono semplicemente dimenticati di lanciare la sfida. Io comunque raccolgo il guanto.
SO CHE VI DELUDERÒ perché pensavate che fosse il frutto tutto italiano di una mente geniale quanto quella di Leonardo da Vinci o Dante Alighieri, ma la gag con Bisio e Baglioni che fa le pernacchie è copiata da uno sketch con Dean Martin e Victor Borge chiamata Phonetic Punctuation, comodamente disponibile su Youtube. Per giunta, se proprio volevano copiare le pernacchie, in certi film con Lino Banfi ce n’erano di migliori. E gli autori rischiavano pure di esser promossi all’Unesco.
Lo sketch Con Bisio e la Raffaele in cui la Raffaele estrae oggetti dalla chitarra, è aiuta gli ascolti.
La critica maggiore fatta dagli osservatori nei confronti dell’edizione 2019 riguarda però la povertà dei testi e la banalità di monologhi, sketch e siparietti. A partire proprio dal monologo iniziale di Claudio Bisio, improntato (come ammesso dal protagonista) al “non voler pestare merde”. L’autore di Bisio è Michele Serra, il cui compenso si aggirerebbe in- scopiazzato dalla gag del 1983 The gustar lesson di John Williams e Eric Sykes (sempre su Youtube). Quello con Bisio e la Raffaele che canta Ci vuole un albero sbagliando ripetutamente la parola Fiore è copiato da una scenetta del Late Show in cui lei (Kristen Wiig) canta Alleluia sbagliando sempre la parola Alleluia. La gag originale era così brutta che copiarla è masochismo puro, tipo copiare un outfit della Santanchè o un tweet di Vittorio Zucconi.
Ma andiamo avanti. La gag con la Raffaele che canta la Carmenin francese e inventa il testo inserendo parole a caso come “Depardieu” è copiata da uno sketch con Rowan Atkinson (Mr Bean). Quello con Ligabue che chiede a Bisio di ripetere il suo ingresso quattro volte è identico a un siparietto tra Jimmy Fallon e Will Smith che chiede a Fallon di ripetere torno agli 80 mila euro. Ma nel mirino è finita tutta la squadra autoriale del Festival: a partire da due pezzi da novanta come il capo autore Massimo Martelli e Pietro Galeotti (in passato con Fabio Fazio), i cui compensi è intorno ai 100 mila. Poi ci sono gli altri: Martino Clerichetti, Ermanno Labianca, Luca Monarca, Giovanni Todescan, Guido Tognetti, Paola Vedani, Ludovico Gullifa. Il regista Duccio Forzano e il direttore musicale Geoff Westley viaggiano sui 150 mila euro a testa.
Il calo di ascolti, dicevamo, finora non preoccupa il vertice Rai, anche se quello di venerdì sera non è stato irrilevante: 9.552.000 telespettatori, ovvero il 46,1% di share, contro i 10.108.000 (51,1% di share) della stessa serata del 2018. Una discesa di oltre mezzo milione di telespettatori. il suo ingresso quattro volte. Cioè, non si potevano scrivere a Bisio sei domande per un’intervista a Ligabue in cui che so, chiedergli “Ti stanno più sui coglioni Vasco Rossi o i capelli bianchi?”, no, bisognava copiare una roba dagli americani. Infine, la gag con la Raffaele in abito rosso che canta Mamma mentre il grammofono salta, è identica a quella della Witz Orchestra ideata negli anni 80.
Non ho appurato se Virginia Raffaele sia Virginia Raffaele o una che fa finta di essere Virginia Raffaele, ma il direttore di Rai1 Teresa De Santis ha già chiesto di verificare tramite esame del Dna. A questo c’è da aggiungere la gag La vecchia fattoria, omaggio dichiarato al Quartetto Cetra e Bisio che recita parte del suo monologo teatrale scritto dal suo autore a Sanremo Michele Serra. Quest’ultimo, intelligentemente, anziché copiare gli altri ha copiato direttamente se stesso così non ha dovuto neppure sprecare 8 minuti per tradurlo. Come sia possibile che la bellezza di 11 autori, con a disposizione un anno di lavoro tra un Festival e l’altro, non siano riusciti a partorire contenuti originali o almeno a copiare qualcosa di decente, con l’intelligenza di citare le fonti, è mistero fitto.
Voglio dire, Luttazzi almeno copiava all’epoca del vhs, copiare nell’era di Youtube equivale ad ammazzare qualcuno lasciando un selfie sulla scena del delitto. Tanto più che fare l’autore a Sanremo è un mestiere leggermente più retribuito di quello del battutista dei Trettré, almeno un contenuto originale toccherebbe produrlo. Se è vero che lo scrittore medio non arriva a prendere 10.000 euro di anticipo per scrivere un intero li- bro, è probabile che un paio di autori tra cui Michele Serra a Sanremo guadagnino quella cifra a serata.
L’AUTORE più incriminato riguardo i plagi citati sarebbe Martino Clericetti, uno che in effetti in curriculum ha parecchi indizi di colpevolezza. Per esempio collaborazioni con Elisabetta Canalis e Fabio Volo. E proprio ieri, su Dagospia, si faceva notare come Clericetti e i suoi colleghi a Sanremo Serra, Martelli, Vedani e Galeotti facciano parte tutti della stessa agenzia, la Spa di Arianna Tronco, già ribattezzata in questo Festival “la Salzano degli autori”. Una che ieri, su Twitter,