Il Fatto Quotidiano

LOTTI E L’HOTEL NELLA VILLA MEDICEA

Piano per affidare l’Ambrogiana ai privati

- » TOMASO MONTANARI

Da Cosimo III de’ M edici granduca di Toscana a Luca Lotti, petalo d’eccellenza di un giglio magico renziano velocement­e appassito. È nell’improbabil­e tragitto che congiunge questi due potenti toscani vissuti a tre secoli e mezzo di distanza che si gioca il futuro della Villa dell’Ambrogiana, spettacola­re monumento che sorge in riva all’Arno, a Montelupo Fiorentino.

Il 5 aprile del 1681 il segretario di Cosimo III non riusciva a trovare parole per descrivere l’“avidità” con cui il suo padrone, nel salone dell’Ambrogiana, assisteva all’apertura di due casse venute da Roma: ne uscirono un superbo quadro di Bassano, e uno rarissimo di Bernini, appena scomparso.

Anche oggi la villa potrebbe trasformar­si in un teatro dell’“avidità”: quella di una speculazio­ne immobiliar­e e di una ‘valorizzaz­ione’ turistica desertific­ante che sono ormai tra le pochissime industrie della Toscana.

L’Ambrogiana è sempre stata una città proibita per gli abitanti di Montelupo: prima perché era il paradiso di giardini, collezioni, serragli esotici e conventi mistichegg­ianti in cui si ritiravano i granduchi, da Ferdinan- do I a Cosimo III. Poi perché nel 1886 vi fu installato il secondo manicomio criminale del l’Italia unita, divenuto negli anni Settanta del Novecento un Ospedale Psichiatri­co Giudiziari­o (Opg). Una storia terribile, quest’u ltima, culminata nei primi anni Duemila nell’inarr estab ile decadenza della villa stessa e delle condizioni di chi ci viveva, fino alla serie di tre suicidi di pazienti-detenuti, tra 2000 e 2003.

Nel 2011 arriva finalmente a Montelupo una direttrice esemplare, Antonella Tuoni, che lotta con i pochissimi fondi disponibil­i per recuperare la struttura storica e la qualità della vita di pazienti e lavoratori. Quando i risultati si cominciano a vedere, arriva la chiusura degli Opg: esattament­e due anni fa, nel febbraio 2017, l’ultimo paziente lascia l’Ambrogiana. Ma gli appetiti erano iniziati assai prima. Il 15 dicembre del 2014 si svolge a Montelupo una tavola rotonda in cui l’allora presidente della Cassa Depositi e Prestiti Franco Bassanini, il governator­e Enrico Rossi, il sindaco Paolo Masetti (Pd) e ovviamente l’allora potentissi­mo montelupin­o Luca Lotti tratteggia­no il futuro dell’Ambrogiana.

Il più informato tra i vari resoconti giornalist­ici, quello della testata to- scana online Gonews, è assai esplicito: “È necessario spiegare alcuni passaggi di Bassanini. Se per esempio nella Villa Medicea si volesse realizzare un albergo di lusso, strategico tra Firenze e Pisa, vicino a Siena e Lucca, si potrebbe separare la proprietà dell'immobile dalla gestione dello stesso, affidandol­a a catene internazio­nali, favorendon­e l'ottimizzaz­ione, la promozione e i ricavi”.

Tre anni dopo, nel settembre 2017, 1.400 cittadini – tra i quali Lotti – abbraccian­o la Villa: una bellissima iniziativa che dovrebbe rappresent­are simbolicam­ente l’apertura di un processo partecipat­o in cui decidere insieme il futuro dell’Ambrogiana.

Invece, è solo fumisteria: sulla base di un laboratori­o di partecipaz­ione promosso dal progetto culturale "Cities-Cafés", l’opposizion­e "Città e Lavoro" aveva presentato quasi un anno prima in consiglio comunale una mozione con cui si chiedeva la garanzia della proprietà pubblica e della gestione dell'immobile e dell'intera area, e la partecipaz­ione della cittadinan­za alle scelte sul futuro della villa. Ma la mozione era stata respinta con il voto compatto della maggioranz­a Pd. “È un po’ da sognatore – aveva risposto il sindaco Masetti – dire che (l’Ambrogiana, ndr) è dei cittadini”. Il boccino, sosteneva il sindaco, è a Roma: una Roma allora renzianiss­ima.

Puntualmen­te l’Agenzia del Demanio, cui il ministero della Giustizia ha “restituito ” l’Ambrogiana, mette dunque a gara lo studio di “fattibilit­à” sulla “valorizzaz­ione” della Vil

la, che vie- ne affidato a Coop Culture e allo studio di architettu­ra Palterer & Medardi. Tra gli scenari delineati dallo studio, l’Agenzia del Demanio sceglie quello che trasformer­ebbe la villa in una “Cittadella del sapere”. Uso pubblico e virtuoso al cento per cento, dunque? Non esattament­e. Lo studio spiega anche come sottrarre all’uso pubblico una parte importante del complesso “att raverso la vendit a / l o c a z i on e/ co nc es si one della relativa area ad un privato”. Non un dettaglio, ma una falla capace di affondare la nave dell’uso pubblico, come ammette lo stesso studio di fattibilit­à: “L’alienazion­e/concession­e/locazione ‘indebolisc­e’ i Modelli di Gestione delle altre aree, soprattutt­o quelle a maggior vocazione culturale (giardini piùmuseo) e potrebbe minare la logica complessiv­a del ‘polo della conoscenza’”. Un’ammissione che forse spiega perché il consiglier­e di opposizion­e Francesco Polverini ha impiegato mesi per avere accesso allo studio: alla faccia della partecipaz­ione e della trasparenz­a.

Nel 1988 Giovanni Michelucci aveva proposto un primo, visionario progetto di recupero pubblico dell’Ambrogiana. Nel 2014 Antonella Tuoni ha prospettat­o un’idea diversa, e affascinan­te: e cioè che una parte della Villa continuass­e ad ospitare un carcere, rendendo così chiaro che la storia non si rimuove e i detenuti non si nascondono come polvere sotto il tappeto. E anche che le prigioni non sono luoghi dove si ‘ marcisce’, ma istituzion­i che possono riscattare anche grazie alla bellezza.

Oggi la domanda è una sola: i cittadini di Montelupo (anche quelli che non si chiamano Lotti) saranno chiamati a decidere davvero del futuro del loro bene più prezioso?

Se nella Villa si volesse realizzare un albergo di lusso si potrebbe separare la proprietà dell'immobile dalla gestione, affidandol­a a catene internazio­nali

RESOCONTO DEL TAVOLO Lo studio spiega come sottrarre all’uso pubblico una parte del complesso “attraverso la vendita, locazione, concession­e dell’area ad un privato Le sorti del monumento Incontro tra Bassanini (Cdp), il governator­e Rossi, il sindaco del paese e l’ex ministro renziano

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