Rischio sovranista La via repubblicana di Laclau “Saldatura fra populismo e democrazia radicale”
Giacomo Marramao avverte subito, nel suo libro edito da Castelvecchi, Sulla sindrome populista: “Ciò che stiamo vivendo ora è un dispositivo strategico di svalutazione”. Cito un piccolo libro, indispensabile alle discussioni che divampano e all’asprezza, sempre meno tollerante, che divide l’italia e l’occidente. Un’altra frase chiave: “Si tratta di distinguere fra un conflitto di valori (...) e le strategie di delegittimazione reciproca fra competitori politici che perseguono obiettivi di occupazione del potere”.
ECCO IL PUNTO centrale: non domandatevi se il populismo è degno o indegno protagonista del momento. Chiedetevi perché è qui, con tanta forza e la pretesa di condurre verso un nuovo mondo. Ma, avverte Marramao, attenzione allo spazio dell’ “interregno”, fra il prima e il dopo. Incontrerete “un ibrido rappresentato dal mix di antipolitica e retorica iperdemocratica che caratterizza la vera natura del popolo nei movimenti populisti”.
L’idea è questa: “Da una parte c’è il popolo come unità sostanziale omogenea e fattore di identità. Dall’altra il popolo virtuoso contro i suoi rappresentanti corrotti”, (Marramao cita Diamanti e Lazar), “la cui sovranità può essere riscattata solo da un capo capace di incarnare la volontà”. Ma la proposta del pamphlet è che vi sia una terza uscita: “Una democrazia antagonistica e al tempo stesso pluralistica e anti-autoritaria”. Scartare questa terza via, ammonisce l’autore, sarebbe un grave errore. Marramao indica le fonti culturali del populismo rimodellato e corretto (si potrebbe dire: immerso nella cultura e sottratto all’istinto di piazza del populismo, così come lo si conosce, lo si invoca e lo si combatte): ovvero, le teorie del filosofo francese Ernesto Laclau e della politologa Chantal Mouffe.
Laclau inverte l’ordine dei pezzi: il popolo non è alla fine di una marcia che lo porta allo scontro, ma all’inizio di un percorso che ne fa un protagonista. La politica è ancora lo strumento che può dare senso, anche linguistico, alla comunicazione fra le parti. Il concetto di egemonia gramsciana che Laclau chiama in campo (benché con un ruolo multiplo e complesso) resuscita le classi e il conflitto, che non si dissolve affatto nel miracolo di un popolo antagonista, portatore unico di sue ragioni. Il risultato del lavoro di Laclau - e presentato da Marramao come una proposta capace di schiodare l’immobilismo combattivo del populismo alla caccia della politica, e della politica che sbarra la strada al populismo - è quello di “una saldatura fra populismo e democrazia radicale guidata da una strategia egemonica”. Come osserva alla fine l’autore, “molto resta da discutere”.
E propone di farlo “tenendo conto della doppia anima della democrazia moderna: l’anima madisoniana con il principio di limitazione del potere, ivi compreso il potere del popolo sovrano; l’anima populista col principio della partecipazione”. Qui il libro mostra da vicino il terreno friabile del rischio.