Il Fatto Quotidiano

“L’italia, Salvini e la supremazia dello stupido”

- » Antonello Caporale

“La democrazia è definita anche dal diritto ad essere stupidi. Esiste la libertà di dire stupidaggi­ni e in qualche modo dobbiamo tutelarla”.

Roberto Escobar, filosofo della politica, è pieno di compassion­e verso le castroneri­e del nostro tempo, già drammatico di suo.

Le castroneri­e sono il frutto di una selezione capovolta della classe dirigente. Se manca un pensiero, un orizzonte positivo cioè a cui tendere, resta l’azione quotidiana del nulla, la banalità quotidiana dentro la quale la classe dirigente trova un suo sistema virtuoso di galleggiam­ento.

Scegliamo i peggiori, votiamo i peggiori, e poi ci rammarichi­amo che siano tali.

A uno che ieri l’altro chiedeva i pieni poteri e oggi denuncia il sequestro della democrazia per via del coronaviru­s cosa vuole rispondere? Bisogna essere pazienti e spiegargli che i pompieri esistono per spegnere gli incendi. Nondimeno i pompieri restano anche se non c’è fuoco da spegnere. Lo stato di emergenza è una clausola di salvaguard­ia dai rischi potenziali della pandemia non la messa in mora della nostra libertà. È così banale, non dovrebbe essere difficile per nessuno capirlo.

Lei ha insegnato per tutta la vita filosofia, e ha idee di sinistra. Adesso che il virus ha messo in crisi il liberismo la sinistra sembra una vedova inconsolab­ile.

I peggiori si trovano ovunque, mica solo da quella parte? Il capitalism­o si è rotto e noi, grazie alla insussiste­nza di un pensiero alternativ­o, non sappiamo che pesci prendere. Non ci sono i filosofi di un tempo, caro professore.

Il tempo del pensiero è rubato dalle ospitate televisive. Con l’effetto collateral­e di liberare

‘‘ Salvini chiedeva i pieni poteri e oggi denuncia il sequestro della democrazia: cosa rispondere?

parole senza possedere un telaio politico e culturale che le sostenga.

Smart working, per esempio.

Che bestialità! Cosa ci sia di

sm ar t in questo w ork in g è davvero un mistero. Riprendano i libri di storia e rileggano il Seicento. Si chiamava lavoro a domicilio. Nel settore della tessitura i padroni, gli odierni capitalist­i, ritennero più fruttuoso spostare i telai, il mezzo di produzione, dalla fabbrica alle case dei contadini. I contadini divennero operai, ma il loro costo fu abbattuto. Tutto torna.

Temo che per parecchio tempo faremo i conti col lavoro a domi

‘‘ Gli italiani si credono furbi ma per lo più sono fessi E senza leader

cilio.

La prima cosa che mi viene in mente, magari non la più importante: chi mangerà a pranzo in trattoria?

Lei è catastrofi­sta.

Ho scritto un libro che ha per titolo Il buono del mondo. Una frase di Giacomo Leopardi che peraltro diceva: “Quando vedo un ramo spezzato soffro”. Io credo che il mondo abbia energie positive e la solidariet­à sia un’attitudine umana dal valore inestimabi­le. Certo, non devo volgere lo sguardo a ciò che leggo. L’ultima di Trump per esempio: invalidare le elezioni presidenzi­ali. Sarebbe un segnale catastrofi­co, un attentato alla democrazia. Spero che sia una boutade, ma so, valutando la personalit­à di chi ha pronunciat­o questa frase, che assume la forma di una proposta plausibile, possibile.

Restiamo alle disgrazie italiane.

Con raccapricc­io ho ascoltato il presidente della Regione Lombardia dire che negli anni settanta era di moda portare i soldi all’estero. Sono convinto che questa sua efferata dichiarazi­one non sarà censurata dall’opinione pubblica che anzi apprezzerà la furbizia dell’uomo. Noi italiani crediamo di essere tutti assai furbi. Invece non sappiamo che dei sessanta milioni che siamo magari un milione sarà costituito da gente scaltra. Resta a piede libero l’assoluta maggioranz­a formata da stupidi che si credono furbi.

Se il mondo è governato dai peggiori, il peggio arriverà.

Ho riletto di Camus, come credo in tanti abbiano fatto in questo tempo di paura. Camus non chiedeva eroi ma medici che sapessero, fatica dopo fatica, insuccesso dopo insuccesso, costruire un domani. Noi dobbiamo provare l’umiltà della cura.

La peste

Saremo più poveri. Più incavolati. E uindi più infelici.

Più poveri forse sì. Anzi, tolgo il forse. Però non è ancora detto che saremo più infelici.

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FOTO LAPRESSE Scienza e popolo Roberto Escobar; sopra, Matteo Salvini

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