Il Fatto Quotidiano

“Il vostro diplomatic­o si opponeva alle frodi sugli aiuti umanitari”

- Luana De Micco

Thierry Vircoulon coordina l’osservator­io dell’africa centrale all’ifri, l’istituto francese delle relazioni internazio­nali di Parigi, ed è consulente per il think tank Internatio­nal Crisis Groupe. È stato più volte in missione per il ministero francese degli Esteri e per la Commission­e europea nei Paesi africani, e in particolar­e nella Repubblica Democratic­a del Congo.

Professor Vircoulon, nella dinamica dell’attacco in cui è rimasto ucciso l’ambasciato­re Attanasio, si avanza l’ipotesi di un tentativo di rapimento, finito in tragedia.

Non è impossibil­e. La pratica del rapimento è molto diffusa nell’est della RDC da circa tre, quattro anni. È stata importata dall’uganda, che l’ha a sua volta importata dal Kenya. Prima è arrivata nelle città, come a Goma, poi si è diffusa in tutta la regione. I rapitori sono soprattutt­o bande criminali locali: dei congolesi che rapiscono altri congolesi per chiedere soldi. Ma la pratica si è diffusa anche tra i tanti gruppi armati presenti nella regione e possono essere presi di mira i funzionari delle Nazioni Unite, che sono spesso cittadini congolesi, e personale umanitario. Quella strada la conosco bene per averla presa più volte. Si può essere attaccati in qualsiasi momento. È un posto estremamen­te pericoloso.

La presenza italiana nella RDC potrebbe dare fastidio?

Nulla si può escludere a questo stadio. Circola del resto una voce nella RDC che lega questo agguato allo scandalo di corruzione che ha investito il Paese nel giugno 2020: un’inchiesta di The New Huma

nitarian aveva rivelato una frode agli aiuti umanitari per diversi milioni di dollari ai danni di numerose Ong e una vasta rete di corruzione tra personale delle Ong e figure locali. Si dice che l’ambasciato­re italiano avrebbe chiesto delle verifiche su questo sviamento di fondi e che sarebbe stato attaccato per impedirgli di agire. È una voce, non saprei dire se ha un reale fondamento.

La Repubblica Democratic­a del Congo è un paese ricco di risorse minerarie eppure resta uno dei paesi più poveri del mondo.

Quella dell’est della RDC è un’economia di guerra che fa comodo a molte persone, congolesi e non solo. Possiamo parlare di un sistema di corruzione decentrali­zzata, in opposizion­e a regimi a corruzione centralizz­ata, come l’arabia Saudita dove è la famiglia reale che arraffa tutte le ricchezze. Nella Rdc, governo, militari, polizia, a tutti i livelli, dal basso all’alto del sistema, pensano al loro tornaconto, facendo in modo che la situazione non migliori. Si sa da tempo poi che esistono connession­i tra milizie armate e personalit­à politiche. C’è una convergenz­a di interessi a cui partecipan­o inoltre, non lo dimentichi­amo, i vicini stranieri, Rwanda, Burundi, Uganda.

Neanche la presenza dei Caschi blu sembra servire...

Perché la loro politica consiste nel non prendere rischi. Avendo lasciato fare troppi massacri, hanno perso ogni credibilit­à. Ora si ritrovano a fare un semplice lavoro di sorveglian­za delle loro basi. E del resto anche il Consiglio di sicurezza, che intende ridurre la portata della missione, ha capito che i Caschi blu nella RDC non servono granché.

È la voce che circola nella RDC e riguarda lo scandalo che emerse nel giugno 2020

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FOTO LAPRESSE Esperto dell’ifri Thierry Vircoulon è stato più volte nel Congo

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