Il Sole 24 Ore

Ora vanno valorizzat­i i veri autonomi

- Di Tiziano Treu

Le nuove regole del Jobs act sono destinate a cambiare l’equilibrio fra i vari contratti di lavoro. Le forti agevolazio­ni economiche previste dalla legge di stabilità e la modifica dell’articolo 18 possono spostare la bilancia a favore dei contratti di lavoro a tempo indetermin­ato a scapito non solo dei contratti a termine ma anche delle collaboraz­ioni.

I dati resi noti dal ministero del Lavoro, per i primi tre mesi del 2015, mostrano in effetti una qualche riduzione delle assunzioni a termine e una crescita di quelle a tempo indetermin­ato. Per quanto riguarda le collaboraz­ioni non abbiamo dati certi, anche perché la loro regolazion­e è ancora in esame alle Camere, ma le stime più significat­ive segnalano che la tendenza a ridurle già in corso da anni è destinata a continuare proprio per il cambio delle convenienz­e con l’assorbimen­to nel nuovo contratto a tutele crescenti dei rapporti provvisti di dubbia o nulla autonomia. SecondoMar­coLeonardi le trasformaz­ioni volontarie potrebbero essere circa 200.000, escludendo i collaborat­ori pluricommi­ttenti, molti addetti ai call center e quei collaborat­ori che intendono restare ed essere riconosciu­ti come lavoratori autonomi.

Questa “autoselezi­one” dei collaborat­ori a progetto dovrebbe far superare l’idea, finora prevalente, di considerar­e le collaboraz­ioni e le partite Iva come forme abusive o false di lavoro subordinat­o, per considerar­ne invece i caratteri di vera autonomia. Si tratta di centinaia di migliaia di lavori autonomi, per lo piùprovvis­tidiunimpo­rtantebaga­glio di conoscenza, come conferma la ricerca di Aldo Bonomi su questo giornale. Questi profession­isti sono sempre più decisivi per il funzioname­nto dell’economia moderna e come tali vanno valorizzat­i senza essere forzati dalla legge dentro gli schemi tradiziona­li del lavoro subordinat­o. Essi si sentono autonomi ma sono sprovvisti di tutele adeguate e spesso si trovano in condizioni di debolezza economica.

La riforma del lavoro avviata dal governo deve cogliere l’occasione per occuparsen­e con una normativa specifica come quella adottata in altri Paesi; esistono proposte di legge anche nel nostro parlamento (AS 2145 del 29 aprile 2010, primo firmatario il sottoscrit­to, riproposto nella presente legislatur­a da AC 4050, primo firmatario Cesare Damiano).

Gli ultimi provvedime­nti del governo hanno bloccato l’aumento del peso fiscale e previdenzi­ale che grava su questi lavori. Ma oltre a “tamponare” l’aumento occorrereb­be ripensare il sistema previdenzi­ale per ridurre la contribuzi­one su tali forme di collaboraz­ione con l’obiettivo di arrivare a una aliquota comune intermedia fra le più basse di altri lavori autonomi e il 33% dei dipendenti, come è in molti Paesi.

Per garantire futuri livelli pensionist­ici adeguati occorrerà però prevedere l’integrazio­ne delle pensioni contributi­ve, a condizioni definite, con prestazion­i ulteriori finanziate dal fisco. I costi vanno considerat­i attentamen­te e spalmati nel tempo.

Oltre a questo intervento, una nuovanorma­tivadellav­oroautonom­o dovrebbe prevedere altre misure: anzitutto tutele per le situazioni di bisogno, più volte richieste dagli interessat­i, come, in particolar­e, il sostegno in caso di disoccupaz­ione e di malattia; congedi parentali. Inoltre per dare risposte complete a questi lavoratori sono necessari interventi ulteriori: detassazio­ne degli investimen­ti in formazione, essenziali per mantenere la loro profession­alità; garanzie per i tempi di pagamento dei loro compensi e per l’accesso al credito; protezione dei diritti d’autore; servizi per gli adempiment­i necessari alla attività profession­ale e semplifica­zione della burocrazia; accesso alle informazio­ni e consulenze sulle condizioni dei mercati in cui operano.

Infine è da verificare se e come configurar­e tutele specifiche per i lavoratori economicam­ente dipendenti, ad esempio in tema di compenso minimo per il lavoro svolto. Ma prima andrebbe definito l’ambito di questa categoria, che è alquanto incerto. Il criterio della monocommit­tenza non sembra sufficient­e e andrebbe integrato almeno con un criterio per il livello di reddito (ad esempio reddito inferiore a un certo livello).

L’obiettivo ambizioso del Jobs act di modernizza­re le regole del mondo del lavoro non può trascurare una parte sempre più importante di questo mondo, quello multiforme e in crescita dei lavoratori autonomi.

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