L’impugnazione legittima la cartella carente di motivazione
È legittima la cartella di pagamento che, pur carente di motivazione, è impugnata dal contribuente anche nel merito. Laddove, infatti, il destinatario della pretesa abbia esercitato il proprio diritto di difesa contestando la debenza delle somme, ha sanato il possibile vizio di nullità derivante dalla carente motivazione.
Ad affermare questo principio è la Corte di cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 3707 depositata ieri.
La vicenda attiene una cartella di pagamento emessa da Equitalia nei confronti di un contribuente per il recupero di multe e ammende non tributarie conseguenti a una sentenza penale di condanna, oltre che per i compensi di liquidazione al custode giudiziario nominato per lo stesso procedimento.
Il provvedimento era stato impugnato dinanzi al Tribunale, il quale ne aveva dichiarato la nullità per carenza di motivazione e aveva condannato l’agente della riscossione al pagamento delle spese di lite.
Avverso la decisione, Equitalia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, che il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere sanati i possibili vizi di motivazione della cartella per il raggiungimento dello scopo, atteso che il contribuente si era difeso puntualmente nel merito. Il destinatario dell’atto, infatti, aveva dimostrato piena conoscenza dei presupposti impositivi e non aveva allegato o provato alcun concreto pregiudizio per il diritto di difesa.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. Innanzitutto è stato richiamato il principio di diritto secondo cui la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma che costitui- sce il primo ed unico atto della pretesa tributaria, deve essere motivata e quindi contenere gli elementi indispensabili per consentire il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione.
Tale motivazione può essere anche assolta “per relationem” ad altro atto, purchè siano specificamente indicati gli estremi, consentendo così di poterne avere conoscenza.
Non è, però, nulla la cartella che sia stata impugnata dal contribuente ove questi abbia dimostrato di avere piena conoscenza dei presupposti del- l’imposizione (Cassazione sezioni unite n. 11722/2010).
Nella specie, la Suprema Corte ha rilevato che agli atti in causa non vi era traccia della notifica al contribuente di un provvedimento prodromico né con riguardo alla sentenza penale di condanna, né alla liquidazione dei compensi al custode giudiziario. Conseguiva così che era corretto presupporre che tali atti non fossero stati notificati al destinatario.
Tuttavia, il destinatario aveva sviluppato una difesa nel merito dimostrando piena contezza della fonte scaturente la pretesa, sostenendo di non essere tenuto al pagamento delle somme riportate nella cartella. Tale circostanza dimostrava dunque che lo scopo era stato comunque raggiunto senza alcun pregiudizio per il diritto di difesa, nonostante l’incompletezza delle informazioni riportate.
IL PRINCIPIO Se si esercita il diritto di difesa si sana il vizio di nullità dell’atto emesso da Equitalia