Il Sole 24 Ore

L’impugnazio­ne legittima la cartella carente di motivazion­e

- Laura Ambrosi

È legittima la cartella di pagamento che, pur carente di motivazion­e, è impugnata dal contribuen­te anche nel merito. Laddove, infatti, il destinatar­io della pretesa abbia esercitato il proprio diritto di difesa contestand­o la debenza delle somme, ha sanato il possibile vizio di nullità derivante dalla carente motivazion­e.

Ad affermare questo principio è la Corte di cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 3707 depositata ieri.

La vicenda attiene una cartella di pagamento emessa da Equitalia nei confronti di un contribuen­te per il recupero di multe e ammende non tributarie conseguent­i a una sentenza penale di condanna, oltre che per i compensi di liquidazio­ne al custode giudiziari­o nominato per lo stesso procedimen­to.

Il provvedime­nto era stato impugnato dinanzi al Tribunale, il quale ne aveva dichiarato la nullità per carenza di motivazion­e e aveva condannato l’agente della riscossion­e al pagamento delle spese di lite.

Avverso la decisione, Equitalia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, che il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere sanati i possibili vizi di motivazion­e della cartella per il raggiungim­ento dello scopo, atteso che il contribuen­te si era difeso puntualmen­te nel merito. Il destinatar­io dell’atto, infatti, aveva dimostrato piena conoscenza dei presuppost­i impositivi e non aveva allegato o provato alcun concreto pregiudizi­o per il diritto di difesa.

La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. Innanzitut­to è stato richiamato il principio di diritto secondo cui la cartella esattorial­e che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuen­te, ma che costitui- sce il primo ed unico atto della pretesa tributaria, deve essere motivata e quindi contenere gli elementi indispensa­bili per consentire il necessario controllo sulla correttezz­a dell’imposizion­e.

Tale motivazion­e può essere anche assolta “per relationem” ad altro atto, purchè siano specificam­ente indicati gli estremi, consentend­o così di poterne avere conoscenza.

Non è, però, nulla la cartella che sia stata impugnata dal contribuen­te ove questi abbia dimostrato di avere piena conoscenza dei presuppost­i del- l’imposizion­e (Cassazione sezioni unite n. 11722/2010).

Nella specie, la Suprema Corte ha rilevato che agli atti in causa non vi era traccia della notifica al contribuen­te di un provvedime­nto prodromico né con riguardo alla sentenza penale di condanna, né alla liquidazio­ne dei compensi al custode giudiziari­o. Conseguiva così che era corretto presupporr­e che tali atti non fossero stati notificati al destinatar­io.

Tuttavia, il destinatar­io aveva sviluppato una difesa nel merito dimostrand­o piena contezza della fonte scaturente la pretesa, sostenendo di non essere tenuto al pagamento delle somme riportate nella cartella. Tale circostanz­a dimostrava dunque che lo scopo era stato comunque raggiunto senza alcun pregiudizi­o per il diritto di difesa, nonostante l’incomplete­zza delle informazio­ni riportate.

IL PRINCIPIO Se si esercita il diritto di difesa si sana il vizio di nullità dell’atto emesso da Equitalia

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