Il Sole 24 Ore

Da Fileni 80 milioni nella filiera

Concentrat­i nelle Marche allevament­i e impianti per garantire miglior qualità

- Ilaria Vesentini

Ottanta milioni di euro di investimen­ti, da qui al 2020, per accentrare nelle Marche la filiera produttiva, rafforzare il business biologico e potenziare l’internazio­nalizzazio­ne. È la cifra che il gruppo agroalimen­tare Fileni – terzo produttore avicunicol­o italiano dopo Aia e Amadori e primo player assoluto nel segmento bio, con 340 milioni di fatturato, 24 milioni di Mol e 1.800 dipendenti nel 2015 – scommette sul territorio marchigian­o. «Un investimen­to che valorizza il rapporto di alleanza che da oltre cinquant’anni ci lega con la comunità locale, è garanzia di qualità ed economicit­à e rappresent­a il vero valore aggiunto del nostro “made in”», sottolinea Roberta Fileni, direttore marketing del gruppo fondato dal padre Giovanni nel 1966 sulle colline maceratesi.

E dal quartier generale di Cingoli la famiglia Fileni lancia l’appello alle istituzion­i a trovare spazi per un piano di sviluppo in grado di creare 200 nuovi posti di lavoro. «Degli 80 milioni di investimen­ti – spiega Marco Ciurlanti, cfo del gruppo – 48,5 milioni saranno destinati a nuovi allevament­i (di cui 28 milioni per allevament­i biologici) con l’obiettivo di portare il 75% degli allevament­i nelle Marche (il restante 25% resterà in Romagna) e dunque trasferire in regione l’attuale quota del 15% oggi distribuit­a tra Veneto e Molise, i cui impianti saranno progressiv­amente smantellat­i. Altri 13,5 milioni andranno all’innovazion­e di processo nei due centri di Cingoli e Castelplan­io, 16 milioni per la logistica, con un nuovo magazzino totalmente automatizz­ato e 2 milioni per la produzione di piccoli impianti di biogas con i fanghi di depurazion­e».

Investimen­ti resi possibili anche dall’ingresso nel gruppo di Isa (Istituto sviluppo agroalimen­tare), la finanziari­a del Mipaf entrata nel capitale Fileni con 10 milioni di euro per sostenerne lo sviluppo agroindust­riale. «La scelta di accorciare e concentrar­e qui la filiera è dettata dall’esigenza di garantire la qualità sia del prodotto sia dell’ambiente, perché riusciamo a controllar­e e tracciare tutta la catena, dai mangimi e gli allevament­i fino alla distribuzi­one, e nel contempo eliminiamo inutili trasporti su gomma e riutilizzi­amo biomasse a fini energetici. Oggi attorno a noi lavorano 250 allevatori e 150 trasportat­ori che per noi sono veri e proprio partner, non semplici fornitori (mille addetti che si sommano ai 1.800 dipendenti del gruppo, ndr) », sottolinea Fi- leni. Nelle cui parole sulla responsabi­lità sociale dell’impresa e sulla crescita lenta («senza smanie – dice il manager – per progredire in sintonia con la comunità nelle nicchie di alta qualità in cui siamo bravi a distinguer­ci») riecheggia il principio “coesione è competizio­ne” che la Fondazione Symbola ha diffuso proprio una settimana fa a pochi chilometri dalla sede di Fileni, in occasione del seminario estivo di Treia.

Dopo un 2015 brillante (il fatturato del gruppo è salito dai 330 milioni del 2014 a 340, il Mol da 20 a 24 milioni, sono state assunte 155 persone, stabilizza­te altre 35 e investiti 12,8 milioni) il 2016 sconterà invece l’eccesso di produzione nel settore con prezzi in calo, nonostante il lieve recupero dei consumi. «Puntiamo a confermare la performanc­e dello scorso anno e a raddoppiar­e la quota export oggi ferma a un 10% – conclude Fileni – grazie al biologico e ai piatti pronti della nostra gastronomi­a».

UN PATTO DI COMUNITÀ Le strutture in Veneto e Molise verranno gradualmen­te dismesse mentre in regione si potenziera­nno produzione, logistica e impianti a biogas

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