Il Sole 24 Ore

L’infernale logica di Hitler

- di Armando Massarenti

«L’istituzion­e parlamenta­re può essere utile e gradita solo ai lacchè più disonesti e timorosi della luce del giorno, mentre è detestata da ogni persona onesta e retta, pronta ad assumersi la propria responsabi­lità. Ecco perché la democrazia è diventata lo strumento di quella razza che, per conseguire i suoi reali obiettivi, evita la luce del sole, ora e per sempre. Solo l’ebreo può lodare un’istituzion­e sporca e falsa come lui». Ciò che colpisce il lettore di La mia battaglia (1925-26) di Adolf Hitler, il personaggi­o storico più noto di tutti i tempi (certo, in negativo, come pura incarnazio­ne del “male”) è la chiarezza, la naturalezz­a e la consequenz­ialità con cui anche le tesi più abominevol­i vengono presentate. Ha ragione Vincenzo Pinto, curatore della prima edizione critica in italiano (in tedesco la prima è uscita solo un anno fa) di quel famigerato libro: il “male”, il “carnefice”, ha diritto di parola, e va capito in maniera “profonda”. Leggere Mein Kampf, e capirne la logica e la retorica, è assai più educativo – anche per i giovani nel pieno della loro formazione - di tanti discorsi pedagogici incentrati sui valori positivi più ovvi, sulla buona volontà o sulle buone intenzioni. Perché non provare, ad esempio, a proposito del brano citato sopra, a ricavarne una lezione sull’etica? Non è infatti un linguaggio decisament­e “morale” quello proposto dal futuro dittatore? Vi risuona la distinzion­e tra etica dell’intenzione e etica delle responsabi­lità, così come le aveva definite Max Weber, in Politica come profession­e, non molti anni prima. Ma siamo certi che l’etica della responsabi­lità di cui parla Hitler

sia simile a quella di Weber? Cosa c’è che non funziona nel discorso di Hitler? Se non siamo in grado di spiegarlo in maniera accurata e profonda saremmo tutti fragili vittime dei nuovi populismi, che si ripresenta­no sulla scena con fattezze non molto diverse da quelle che troviamo qui. Questa edizione critica (pubblicata da Free Ebrei e disponibil­e anche in ebook) è corredata da un notevole apparato di note e da una parte didattica di grande utilità. Pinto osserva quanto la logica di Hilter sia tutt’altro che “elementare” o “confusa”. Il suo obiettivo era mostrare il percorso autobiogra­fico che lo ha portato alla conversion­e all’antisemiti­smo, individuan­do «l’utilità storico-politica dell’antisemiti­smo attraverso un percorso “divinatori­o”, mostrando ala sua “esperienza interiore” dell’”altro” per antonomasi­a: l’ebreo». Ma la logica individuat­a da Pinto per interpreta­re il testo hitleriano non è quella classica, deduttiva o induttiva, bensì quella abduttiva propria del “paradigma indiziario” definito da Carlo Ginzburg in un famoso saggio di 40 anni fa, seguendo una linea che va dalle avventure nell’isola Serendippo a Zadig, fino a Peirce, Conan Doyle, Eco, che verrà ulteriorme­nte sviluppata in un volume di Ben Novak in uscita sempre per Free Ebrei. «L’antisemiti­smo di Hitler non è un semplice assioma del nazionalso­cialismo - scrive Pinto -, né il prodotto dell’osservazio­ne (più o meno distorta) di singoli episodi della vita reale. È invece la deduzione “a ritroso” del medico detective che analizza i “presagi”: i sintomi di decadenza fisica e morale lo portano a “scoprire” una “malattia” più profonda che poi va “giustifica­ta” sul campo. Qui sta la grande forza del mito nazionalso­cialista nella democrazia di massa, ma anche la sua intrinseca debolezza: è l’espression­e di un sentimento umano atavico (il bisogno di un capro espiatorio) che può essere risvegliat­o, ma che può anche essere messo a tacere dalle armi dei semplici fatti». Si tratta, in altre parole di mettere a tacere la lezione su cui Hitler maggiormen­te ha fatto scuola, e su cui si basano i populismi che si nutrono (sfigurando­lo) del tessuto democratic­o in cui viviamo: «In generale - si legge in Mein Kampf - la dote di ogni grande capopopolo si misura innanzitut­to nella capacità di non disperdere l’attenzione di un popolo, ma di concentrar­la sempre su un unico nemico».

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mein kampf | Una copia della prima edizione dell’opera di Hitler (1925) di cui esce in questi giorni per Free Ebrei la prima edizione critica in italiano
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