È importante che sia utile
alta, amata e desiderata, più si è disposti ad affrontarla. Perché, come scrive Sant’Agostino «In ciò che si ama, o non si sente la fatica o la stessa fatica è amata ( In eo quod amatur aut non laboratur aut et labor amatur, PL 40, 21, 26).
Quando è eccessiva, la fatica ha effetti negativi. In campo tecnologico, la fatica definisce la condizione di un materiale che, sottoposto a carichi e sforzi prolungati, può giungere a rottura da fatica, appunto. Anche l’organismo, se sottoposto a un esercizio eccessivo, può decadere in una condizione cosiddetta patologica, tanto da far dire a papa Francesco che talvolta « i doveri stanchino più di quanto sia ragionevole, e a volte facciano ammalare». In questi casi «Non si tratta di una fatica serena, ma tesa, pesante, insoddisfatta e, in definitiva, non accettata» ( Evangelii gaudium, 82). Anche un terreno, sottoposto a lungo e senza interruzioni alla stessa coltura, finisce per impoverirsi. Se accolta come parte integrante della vita, la fatica rafforza il corpo e la mente. L’umanità tende tuttavia ad allontanare da sé la fatica, evitando di affrontarla o ricercando stili e percorsi che portino a una vita comoda; e se è possibile, cercando di ottenere qualunque cosa senza il minimo sforzo. Giova, in questi casi, ricordare che «mai la vita diede ai mortali qualcosa se non a prezzo di grande fatica» (Orazio).