C
on il bellissimo titolo Au- delà des étoiles, che evoca il ritornello – ricordate – della canzone Sentimento di Patty Pravo ( « Al di là delle/ stelle chissà/ cosa c’è/ forse un mondo diverso/ per chi/ non ha avuto/ mai niente/ in questo mondo qui... » ) , questa mostra ricostruisce un percorso particolare nella pittura di paesaggio, tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e gli anni trenta del Novecento, quando questo genere - il più popolare, e per certi versi anche il più commerciale del secolo – cambia completamente i suoi connotati, passando dal consueto registro descrittivo e figurativo a una dimensione interiore, psichica e onirica, esplorando quello che c’è al di là delle apparenze e cercando di renderlo con strumenti nuovi che sono quelli della rappresentazione simbolista e dell’astrazione. L’idea di testimoniare come sia nato e si sia sviluppato quello che viene definito nel sottotitolo come « le paysage mystique » si deve a Guy Cogeval che, insieme a Katharine Lochnan, Beatrice Avanzi e Isabelle Morin Loutrel, ha realizzato questa mostra, partita dalla Art Gallery di Toronto e ora approdata al d’Orsay, come una sorta di congedo dal grande museo parigino che ha per tanti anni diretto, incrementando il numero di visitatori grazie ad un intelligente riordinamento e a una serie di rassegne memorabili.
Questa non è da meno per la qualità delle opere esposte, i grandissimi artisti rappresentati, come Monet, Van Gogh, Gauguin, Denis, Khnopff, Segantini, Pellizza da Volpedo, Morbelli, Klimt, Chagall, Schiele, Hodler, Munch, Mondrian, Kandinsky, e l’intensità di un percorso che, attraverso accostamenti inediti tra i protagonisti appena ricordati e autori meno noti, ci conduce attraverso tematiche avvincenti alla scoperta di un nuovo sentimento del divino individuato come rispecchiamento delle inquietudini e delle ansie dell’uomo moderno. Quando, perduta ogni certezza rispetto al mondo reale, la letteratura, la musica e le arti figurative cominciano ad esplorare gli abissi dell’incoscio e i misteri del cosmo. Il materialismo del Positivismo e la sua fiducia nel progresso cedono, quando ancora sembrano brillare le luci della Belle Époque, ad un’incertezza che trova nell’ abbandono delle città e nel rifugio nella natura – pensiamo solo a protagonisti assoluti come Monet, Van Gogh, Gauguin, Segantini – l’unica possibile via d’uscita. Il paesaggio ridiventa, come nel Romanticismo da cui il Simbolismo trae spesso ispirazione, un territorio di esplorazione ideale; ma non è vissuto, come in Friedrich e Turner, quale riflesso di uno stato d’animo, ma diventà bensi stato d’animo lui stesso, perdendo sempre di più ogni connotazione fisica e diventando espressione di una soggettività profonda e misteriosa. Quella che il padre dell’astrattissmo Wassily Kandisnsky teorizzerà in Du spirituel dans l’art pubblicato nel 1912.
Il paesaggio interiore, o il paesaggio mistico, diventa una sorta di motivo dominante comune a pittori che si esprimono con linguaggi molto diversi, dalla dissoluzione atmosferica di Monet, alle sintesi lineari di Denis e dei Nabis, alla vibrazione luminosa e cromatica dei Divisionisti, alle visioni spettrali di Khnopff, alla violenza visiva dei due più rivoluzionari di tutti, Munch e Van Gogh. La ricerca di una così forte i ndividualità espressiva si coniuga con un’ansia spiri- ca, nella persona di Emanuela Sibilia, di eseguire analisi di termoluminescenza sulle terre di fusione del bronzo, atte a stabilirne l’epoca. Il referto ufficiale è del 23 febbraio 2017. I prelievi sono stati effettuati sulla veste, sulla corazza e sulle braccia. In base alle diverse misure di radioattività, si è potuto stabilire che gli arti risalgono alla seconda metà del XIV secolo, mentre il tronco a un periodo compreso tra il IV e il VI secolo; ciò conferma alcuni dei risultati emersi dalle ricerche storiche.
Tuttavia, vista l’ampiezza del periodo cronologico presunto, l’identità del Colosso rimane incerta, come del resto lo è la sua provenienza. Una leggenda lo dice trafugato dai veneziani a Costantinopoli nel 1204 e trasportato via mare su di una nave che, squassata da una tempesta si sarebbe schiantata sulla riva; la statua sarebbe approdata fortuitamente sul litorale pugliese. Più fondata è la tradizione che la vorrebbe trasferita a Barletta da Ravenna per ordine di Federico II, dopo essere affiorata nel corso della campagna di scavi che lo Staufen aveva avviato nel 1231, foriera di significativi ritrovamenti archeologici.
Vincent Van Gogh, «Il Seminatore», 1888, Amsterdam, Van Gogh Museum, in mostra a Parigi
tuale che porta a indagare le differenti religioni e credenze, come possibili chiavi di comprensione dei misteri della vita umana e di quella dell’universo. Molti artisti subiscono così il fascino delle scienze occulte e aderiscono a movimenti come la Société Théosophique, che avrà tra i suoi membri Rudolf Steiner, o il Temple de la Rose- Croix, che organizzerà a Parigi i suoi Salon cui parteciperanno simbolisti come Moreau e Khnoppf, accanto al nostro Previati presente con uno dei quadri più mistici del tempo, la monumentale e discussa Maternità .
Il celeberrimo Seminatore di Van Gogh, che dominato dal disco giallo del sole è una potente riflessione sull’essenza della creazione, introduce la prima sezione dove, attraverso i capolavori di Gauguin, Denis, Bernard e degli altri protagonisti del movimento dei Nabis, ma anche di Segantini, si indagano i percorsi iconografici e espressivi seguiti dai pittori per individuare la presenza del divino nella natura. Ricorrenti temi biblici, come la lotta di Giacobbe con l’ Angelo, o evangelici, come la solitudine di Cristo nell’ Orto degli Ulivi, sono inseriti in paesaggi misteriosi che, ricreati nella mente, dell’artista, hanno perso qualsiasi rapporto con la realtà. Una dimensione contemplativa, relativa allo smarrimento nei colori e nella luce, unisce esperienze come quelle di Monet, Mondrian e Klimt uniti da un medesimo slancio vitale. Mentre, in un’altra sezione, il tema dominante della notte trova il suo centro nell’ incredibile rappresentazione del cielo stellato di Van Gogh, dove è restituito con un’intensità mai più raggiunta dalla pittura quel sentimento universale che si prova in ogni latitudine contemplando la profondità e l’immensità dell’oscurità trapuntata dalla luce delle stelle. Questo motivo della notte rappresenta la porta d’accesso alla visione del mondo che sta appunto al di là delle stelle, quel cosmo la cui rappresentazione diventa la sfida finale per pittori che come Munch, Watts, Hablik, Dove, Georgia O’Keeffe, abbandonano ormai ogni rapporto con la natura e la figurazione, per esplorare i nuovi confini dell’invisibile.
Au– delà des étoiles. Le paysage mystique de Monet à Kandinsky. Parigi, Musée d’Orsay, fino al 25 giugno. Catalogo, Réunion des musées nationaux