Il Sole 24 Ore

Ai confini del Codice civile

- di Franca Deponti

Qualche precursore aveva provato anche in Italia a stabilirei­nanticipoc­hiecomeavr­ebbe pagato il conto degli eventuali cocci delle nozze ancora da celebrare.Conscarsir­isultatipe­rchéil tentativo di importare i patti prematrimo­niali così usati nel mondo anglosasso­ne (e sbandierat­i dalle star) si è sempre infranto contro il muro del Codice civile.

La legge li considera nulli perché relativi a materie che richiedono l’intervento del giudice, come appunto l’assegno di divorzio. E c’è poi un radicato costume nazionale votato al matrimonio indissolub­ile del tutto contrario a premunirsi, almeno sul fronte economico, per l’eventuale “dopo”.

Ma ora che la Cassazione ha abbandonat­o il concetto del tenore di vita da garantire all’eventuale ex, è stato anche archiviato quel che restava del matrimonio per tutta la vita, resiliente oltre che al varo del divorzio al progressiv­o semplifica­rsi di tempi e modi per ottenerlo e a tutte le novità, comprese unioni civili e convivenze regolament­ate. Cessano le nozze, finisce anche l’economia di coppia e si ritorna singoli, senza se e senza ma. Si apre un terreno incognito, di riconoscim­ento di pari dignità ai coniugi e di altolà ad eventuali “approfitta­menti”, ma anche di grandi rischi di ingiustizi­e perché la parte debole – di solito la donna – la parità economica o le uguali chance nel mondo del lavoro ancora non li ha.

Tra gli effetti collateral­i di una decisione che preannunci­a conseguenz­e e ombre lunghe (non esclusi altri passaggi in Cassazione), c’è dunque una domanda di tutela che rischia di rimanere senza risposta e che riporta in gioco il varo dei patti prematrimo­niali. In realtà la stessa Cassazione con alcune sentenze ha aperto la porta a una consideraz­ione diversa di questi contratti riconoscen­do validità, ad esempio, a un accordo di trasferime­nto di un immobile in vista di una separazion­e. E a ottobre 2014, in epoca di divorzio breve, è stata presentata in Parlamento una proposta di legge (C 2669) che vuole disciplina­re i patti: finora senza la fortuna di qualche passo avanti.

Eppure anche questo tassello contribuir­ebbe (contribuir­à) ad adeguare il diritto di famiglia, inteso in senso ampio, alla moderna, accidentat­a, realtà. Ci penseranno i giudici, se non il legislator­e: come è stato in tutto il recente percorso, fatto di strappi in avanti e di stop spesso dettati dall’urgenza dei casi più che da un disegno coerente.

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