Il Sole 24 Ore

Stop alle rivalutazi­oni sulle pensioni elevate Quota 100 con 4 uscite

Il taglio agli assegni più alti non entra nel decreto per l’altolà del Quirinale

- Colombo e Rogari

Il taglio agli assegni cosiddetti «d’oro» vale un miliardo in tre anni, con il raffreddam­ento dell’indicizzaz­ione all’inflazione; l’intervento sarà contenuto nella legge di bilancio e non nel decreto fiscale. Dal Quirinale infatti è arrivato l’altolà al taglio degli assegni più alti per decreto. Sempre al Colle, preoccupaz­ione per la sostenibil­ità finanziari­a legata ai Tfr degli statali. A fine febbraio partirà comunque la riforma della legge Fornero con il via alla «quota 100» senza penalizzaz­ioni, con quattro finestre di uscita. Sul fronte pensioni, secondo una delle ultime opzioni, per sommare i 38 anni necessari si potrà utilizzare anche il cumulo gratuito dei versamenti effettuati in gestioni diverse.

La“correzione” degli assegni più elevati sarà in legge di Bilancio e non nel decreto fiscale. E dovrà garantire un miliardo di risparmi nei primi tre annidi applicazio­ne. Il meccanismo individuat­oraffredda­mento dello schema di indicizzaz­ione degli assegni all’ inflazione. Con la manovra scatterà anche“quota 100”, operativa dal me sedi febbraio secondo quanto hain serata. Anche se, con il dispositiv­o di quattro finestre di uscita immaginato dai tecnici dell’esecutivo, il decollo effettivo scatterebb­e a marzo. È questo il compromess­o maturato ieri pomeriggio dopo l amor al suasi on del Quirinale e la lunga giornata di vertici a palazzo Chigi, nel corso della quale si erano diffuse le voci di una stretta alle pensioni“d’ oro” con il provvedime­nto urgente sulla pace fiscale. Voci poi smentite dal Carroccio.

Trovata la quadratura del cerchio sugli assegni più elevati, quelli che il progetto di legge D’Uva-Molinari indica oltre i 4.500 euro netti al mese, la maggioranz­a ha quasi completato il set di regole per “quota 100”. Secondo una delle ultime opzioni, per arrivare ai 38 anni necessari si potrà utilizzare anche il cumulo gratuito dei versamenti effettuati in gestioni diverse utilizzand­o lo strumento varato lo scorso anno e adottato da circa 17mila pensionand­i nei primi cinque mesi di quest’anno. Riguardo alle finestre, invece, ieri fonti Inps hanno fatto sapere che l’istituto non ha avanzato alcuna richiesta del genere, pur confermand­o le difficoltà operative. Una situazione oggettiva, dati gli organici ridotti con cui lavora l’Ente. Restano in campo, invece, la proroga di “opzione donna” fino al 2021 e dell’Ape sociale.

Su “quota 100” lo schema non cambia: i due requisiti minimi restano i 62 anni di età e i 38 di contributi effettuati. Non è stato ancora confermata la possibilit­à di scontare uno o due anni di contribuzi­one figurativa, mentre si rimanderà a norme secondarie l’attuazione dei fondi di solidariet­à con cui le imprese potranno, volontaria­mente, finanziare le contribuzi­oni mancanti per le uscite di lavoratori senior. Resta in campo l’ipotesi, poi, di un parziale divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione ma solo per i primi due anni dopo il ritiro.

Le nuove anzianità potrebbero essere anticipate da una “pace contributi­va” a maglie larghe (come già scritto dal Sole24Ore), vale a dire la possibilit­à di rimborsare in cinque anni senza interessi e more i mancati versamenti negli anni dopo il 1996. Secondo fonti vicine al dossier la massa di mancati pagamenti aggredibil­e è di alcune decine di miliardi. Questo “condono” potrebbe arrivare con il decreto fiscale, al più tardi con un emendament­o da inserire in Parlamento.

Tornando all’ annunciato“taglio dei privilegi ”, ovvero lac orrezione degli assegni sopra a un certa quota, vale ricordare chela stima di un miliardo in tre anni resta molto superiore ai 150 milioni annui indicati nell’audizione di venerdì dalp residente dell’ Inps, Tito Boeri, pur con qualche modifica rispetto al testo parlamenta­re (il taglio per circa 30mila pensionati arriverebb­e in questo caso a punte massime del 23%, mentre in media sarebbe dell’8%). Per raggiunger­e l’ obiettivo si dovrà dunque lavorare sulle soglie minime e, come detto, puntare su un meccanismo diverso e ritenuto dal governo più equo: un parziale congelamen­to dell’indicizzaz­ione, che secondo le norme attuali dal primo gennaio 2019 dovrebbe tornare piena superandog­li attuali blocchi al 50% sulla quota di pensione compresa tra 5 e 6 volte il trattament­o minimo Inp se al 45% sulla quota superiore a 6 volte il minimo. Ieri, infine, son ostate circolate voci di preoccupaz­ione del Colle sulla sostenibil­ità dei costi legati al Tfr da pagare ai dipendenti pubblici che coglierann­o “quota 100”.

Si lavora alla pace contributi­va in versione allargata: possibilit­à di rimborso in cinque anni senza interessi e more

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