Sfida Trump-Dem Wall Street e i mercati brindano al pareggio
Il voto di Midterm. L’opposizione conquista la Camera, i repubblicani conservano il Senato. La crescita arriverà dal piano infrastrutture
Borse mondiali in rialzo dopo le elezioni Usa di metà mandato, chiuse con il risultato su cui molti scommettevano: la riconquista della Camera da parte dei democratici e la conferma dei repubblicani al Senato. Un pareggio gradito a Wall Street, storicamente favorevole a situazioni di equilibrio tra forze politiche. In attesa di vedere come impatterà sull’agenda economica e di politica estera della Casa Bianca, la mezza sconfitta di Trump rischia di aggiungere incertezza sui mercati nel medio termine, poiché elimina uno dei “pilastri” che dal 2017 guidano al rialzo le Borse Usa: i superstimoli fiscali. Per i prossimi due anni il presidente Usa governerà da «anatra zoppa», avendo contro uno dei due rami del Parlamento. I repubblicani ottengono 25 governatori, 21 ai democratici. Da record l’affluenza.
I democratici hanno vinto la Camera e conquistato governatori. Ma Trump non ha perso. O meglio, il trumpismo ha vinto: gran parte dei 35 seggi in gioco al Senato, dove i repubblicani hanno rafforzato la maggioranza, erano negli stati dell’America profonda. Bibbia e fucile. Campi di mais e white power. Segno che nelle aree rurali è ancora forte il sostegno alle politiche del presidente. Trump ha trasformato il voto di metà mandato in un referendum su se stesso. L’affluenza senza precedenti significa che è riuscito a muovere i due opposti antagonismi. L’America che esce dal voto è un paese diviso in due. E non è detto che sia un male. La parola chiave è “bilanciamento”. Molti commentatori parlano del «risultato migliore possibile» per gli Stati Uniti e il mondo. Per questo le Borse festeggiano.
I democratici avevano bisogno di conquistare 23 seggi per avere il controllo della Camera: ne hanno guadagnati 27. Hanno anche tolto sette poltrone di governatore ai repubblicani: 22 a 25 ora il conto, un successo importante in vista delle presidenziali 2020, con il colore blu che sulla cartina si espande nel Midwest: Michigan, Illinois, Wisconsin, Kansas.
Trump con il Congresso diviso avrà meno capacità di incidere sulla legislazione nazionale. Abbasserà i toni, cercherà di mediare con i democratici che ritrovano lo speaker Nancy Pelosi e una presenza record di oltre 100 donne deputato alla Camera. Il presidente concentrerà i suoi sforzi sull’economia e sulla politica estera. I democratici sono nella posizione di bloccare le politiche presidenziali ma non di far avanzare la propria di agenda. Quindi è probabile che entrambe le parti cercheranno punti di contatto. A partire dal piano per le infrastrutture. Un pacchetto di investimenti che la Casa Bianca ha pronto per il 2019 per riparare e modernizzare strade e ponti e ferrovie e che potrebbe non dispiacere ai democratici: in cambio di concessioni sulla riforma sanitaria di Obama «da non smontare» o in norme pro clima che limitino il potere dell’industria oil & gas e del carbone, tra i maggiori beneficiari delle politiche presidenziali. Così quello che Trump in campagna elettorale definiva “il partito dei criminali” da ieri è diventato il partito con il quale «abbiamo molte cose in comune». «È tempo di far le cose insieme e di far sì che il miracolo economico continui», ha detto, confermando il rimpasto di governo: il primo ad andarsene, già ieri, il segretario alla Giustizia Jeff Sessions. La Casa Bianca sperava di arrivare entro fine mese alla ratifica del nuovo accordo commerciale con Messico e Canada , dovrà attendere il nuovo Congresso a gennaio.
Un altro punto di contatto è la Cina, sia tra repubblicani che democratici c’è allarmismo sull’espansionismo economico di Pechino, accusata anche di rubare idee dell’hi-tech Usa. Su questo fronte sia l’amministrazione Trump che la dirigenza cinese si stanno muovendo verso una convergenza. Dopo la telefonata conciliante di Trump a Xi Jinping, il segretario al Tesoro Mnuchin e l’ambasciatore cinese a Washington si sono parlati una sessantina di volte: un canale diretto con il vice premier Liu per preparare l’incontro bilaterale al G20. Dopo l’ultima ondata di dazi anti cinesi, la Casa Bianca ha inviato una lista di 50 domande al governo di Pechino, che spaziano da temi come sicurezza nazionale, proprietà intellettuale, deficit commerciale, accesso ai mercati. La Cina ha allargato i temi di discussione. Il documento di lavoro ha al momento 142 punti aperti. Il 20% delle domande per Pechino non è negoziabile perché interessa questioni di principio, ma su tutti gli altri temi i cinesi sono pronti ad accettare compromessi. L’intenzione è quella di arrivare a un accordo Usa-Cina sui principi commerciali nell’incontro Trump-Xi, lasciando poi da sistemare i dettagli.
I democratici possono ora aprire inchieste e ricorsi suquestioni fiscali, corruzione e Russiagate. Il procuratore Mueller che indaga sulla questione si è messo in una sorta di blackout preelettorale: avrà ora mano libera per continuare l’inchiesta. Ma l’impeachment non è il primo pensiero tra i democratici: solo il 30-40% ritiene sia determinante. Più importante l’economia e che continui ad andare: il piano di stimoli fiscali di Trump da 2mila miliardi ha spinto la crescita ai massimi da un decennio. Per Trump ora sarà più complesso far passare la nuova ondata di tagli fiscali del 10% promessi alle classi medie. Così come la deregulation finanziaria con la modifica della Dodd-Frank, uno dei punti dell’agenda presidenziale che probabilmente finirà in un cassetto.