Il Sole 24 Ore

Nei contratti continuati e periodici subentro del curatore meno costoso

Dovrà pagare integralme­nte solo le prestazion­i e i servizi successivi alla liquidazio­ne Per i crediti sorti prima della procedura si seguono le regole concorsual­i

- Niccolò Nisivoccia

Il nuovo Codice sulle crisi d’impresa interviene anche sulla sorte dei contratti pendenti ribaltando il principio generale che, attualment­e e fino all’entrata in vigore della riforma (diciotto mesi dalla pubblicazi­one sulla Gazzetta ufficiale), regolerà l’ipotesi del subingress­o del curatore nei contratti ad esecuzione continuata e periodica, in caso di liquidazio­ne giudiziale.

Si tratta di contratti che, nella pratica, rivestono grandissim­a importanza, se è vero che appartengo­no a questo genere di contratti ad esempio tutti i contratti di somministr­azione, di consumo o d’uso che siano (secondo che delle cose somministr­ate venga trasferita la proprietà o solo il godimento), i contratti di locazione, mobiliare o immobiliar­e, di lavoro, di mandato, di conto corrente.

In relazione a tali contratti la riforma introduce un vero e proprio ribaltamen­to del principio generale che regola l’ipotesi del subingress­o del curatore.

Le regole attuali

Attualment­e, tale principio è contenuto nell’articolo 74 della legge fallimenta­re, il quale prevede che, se subentra nel contratto, il curatore deve pagare integralme­nte il prezzo non solo delle prestazion­i rese e dei servizi erogati successiva­mente al fallimento (il che è ovvio, perché tali prestazion­i e servizi generano crediti nei confronti della massa, come tali prededucib­ili), ma anche delle prestazion­i rese e dei servizi erogati prima; e questo, indipenden­temente dall’oggetto delle prestazion­i (che sia costituito da “consegne” o da “servizi”).

La tipologia di subentro

In realtà, una parte della dottrina e della giurisprud­enza distingue fra contratti nei quali il curatore subentri ex lege (ad esempio la locazione immobiliar­e) e contratti nei quali il subingress­o costituisc­a il frutto di una libera scelta (ad esempio la somministr­azione), nel senso che solo nelle ipotesi di subingress­o facoltativ­o sorgerebbe l’obbligo di pagamento integrale anche dei crediti anteriori al fallimento; ma rimane il fatto che questo è il principio generale fissato dall’articolo 74 della legge fallimenta­re, aldilà di una sua interpreta­zione più o meno restrittiv­a.

Il ribaltamen­to

Ora la riforma prevede invece il contrario: l’articolo 179 del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza stabilisce che, subentrand­o in un contratto ad esecuzione continuata o periodica, il curatore dovrà pagare integralme­nte solo il prezzo delle prestazion­i rese o dei servizi erogati dopo l’apertura della procedura. Il che significa che i crediti derivanti da prestazion­i rese o da servizi erogati prima andranno qualificat­i, viceversa, quali crediti concorsual­i, vale a dire quali crediti da pagare secondo le regole del concorso.

La relazione illustrati­va non spiega le ragioni di questo ribaltamen­to, che però tutto sommato appare coerente rispetto alla finalità della liquidazio­ne giudiziale, che nella prospettiv­a della riforma dovrebbe assumere sempre più il carattere di procedura destinata appunto alla pura e semplice liquidazio­ne dell’impresa (come lascia intendere la sua stessa denominazi­one), fuori da finalità conservati­ve e di continuità (che rimarranno a loro volta di pertinenza delle varie forme di concordato).

L’unica vera giustifica­zione del trattament­o di favore riservato ai crediti sorti dai contratti ad esecuzione continuata o periodica, infatti, poteva risiedere nella funzionali­tà di tali contratti rispetto alla prosecuzio­ne dell’attività aziendale; ed è allora forse poco sorprenden­te che al venir meno di questa prospettiv­a corrispond­a il venir meno anche di quel trattament­o di favore quale principio generale.

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