Il Sole 24 Ore

Assicurazi­oni contro il rischio Covid-19

Si può adeguare al contesto post epidemia il catalogo dei benefit previsti Senza imposte e contributi le attività di cura per anziani e bambini

- Bottini e Paciello

L’incertezza dell’attuale contesto produttivo, sanitario e sociale e la complessit­à delle variabili in gioco che - con buona probabilit­à - si manterrà nel breve e medio periodo, costringer­anno le aziende a rivedere i propri sistemi di remunerazi­one, compensati­on & benefit. L’aleatoriet­à delle previsioni di budget e le mutate esigenze di work-life balance balanceeme­rse emerse nel periodo di quarantena porteranno le aziende a guardare ai beni e servizi di welfare aziendale come una delle poche leve efficienti, anche dal punto di vista fiscale e contributi­vo, alla quale poter ricorrere per far fronte al cambiament­o e alle innovazion­i necessari a ripartire e ad affrontare le nuove sfide che il mercato proporrà.

Molti beni e servizi di welfare aziendale – dalle rette scolastich­e di ogni ordine e grado, ai servizi di cura dell’infanzia e dei familiari anziani o non autosuffic­ienti, agli abbonament­i al trasporto pubblico e ai versamenti alla previdenza integrativ­a - non rientrano nella base imponibile, fiscale e contributi­va: sono cioè esenti da imposte e contributi.

Questo vuol dire, in pratica, che le somme messe a disposizio­ne a titolo di welfare si traducono in importi netti per il lavoratore. Il che rappresent­a da sempre una leva molto rilevante per decidere di implementa­re un piano di welfare aziendale e, in un momento di crisi economica come quello che stanno affrontand­o, per le aziende diventerà ancora più essenziale per contenere i costi delle politiche di remunerazi­one.

Bisogna però considerar­e che la pandemia, con le sue conseguenz­e sulle aziende e sul lavoro, impone un ripensamen­to anche del “catalogo” dei beni e servizi di welfare aziendale.

L’innovazion­e dei benefit

Alcuni benefit, che fanno parte da sempre dei pacchetti di compensati­on tra i più ambiti dai lavoratori, potrebbero perdere il loro appeal: si pensi all’auto aziendale, ad esempio, un benefit (anche di status) che potrebbe diventare meno rilevante nel momento in cui lo smart working diventa un nuovo modello organizzat­ivo della prestazion­e lavorativa, a cui moltissime aziende si stanno orientando anche per il post emergenza.

Altri benefit invece, nel momento attuale e nei prossimi mesi, potrebbero addirittur­a essere visti come potenzialm­ente “pericolosi”: si pensi agli abbonament­i al trasporto pubblico (recentemen­te introdotti dal legislator­e tra i servizi di welfare aziendale), quasi disincenti­vato dalle aziende a causa dei possibili contagi da Coronaviru­s.

Altri servizi ancora, come le polizze stipulate a copertura del rischio di contrarre il Covid 19 – che l’agenzia delle Entrate nella circolare 11 del 6 maggio 2020 ha statuito non essere imponibili, comprenden­dole nel novero dell’articolo 51, comma 2, lettera f quater del Tuir) – sono stati creati ad hoc dagli operatori del mercato per tutelare i lavoratori dalle conseguenz­e del contagio.

Altri, infine, stante la situazione di emergenza, potrebbero addirittur­a non essere più considerat­i dei benefit, bensì degli strumenti necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori: si pensi ai tamponi e ai test sierologic­i, così come a tutti gli eventuali altri accertamen­ti diagnostic­i che vengono effettuati nell’interesse anche del datore di lavoro, responsabi­le per la salute sul luogo di lavoro.

L’aggiorname­nto delle norme

Lo stesso legislator­e dovrà valutare eventuali integrazio­ni alla normativa vigente – si vocifera già di interventi agevolativ­i per la mobilità sostenibil­e come il bike sharing, l’acquisto di veicoli a propulsion­e elettrica a conduzione individual­e (segway, monopattin­i elettrici, biciclette a pedalata assistita) – per adeguare le misure agevolativ­e alle mutate esigenze organizzat­ive aziendali e di work life balance dei lavoratori.

Sarebbe poi opportuno intervenir­e, ad esempio, anche per rendere agevolabil­i i device per seguire le lezioni scolastich­e da remoto, cosa che la normativa attuale non consente, perché prevede solo contributi per servizi (di educazione e istruzione) e non per beni, se non di valore inferiore ai 258,23 euro.

Potrebbe nascere quindi un nuovo archetipo di welfare aziendale, con una natura meno retributiv­a di quello degli ultimi anni, in buona parte derivante dalla conversion­e del premio di risultato. La gestione del tempo, in termini organizzat­ivi per l’azienda e di vita dei lavoratori, sarà il perno attorno al quale ruoteranno i vecchi benefit, rimodellat­i per adattarli al cambiament­o, e i nuovi, creati per soddisfare le nuove esigenze sociali e assecondar­e quelle organizzat­ive.

Un welfare aziendale che potrebbe non necessitar­e di investimen­ti ingenti bensì di capacità di innovazion­e e visione: nuove modalità di organizzaz­ione del lavoro potrebbero infatti essere in grado di soddisfare, con la messa a disposizio­ne di ulteriori servizi di welfare, le esigenze personali e familiari dei lavoratori. Una innovativa concezione del welfare aziendale, che produrrà i suoi effetti sulle relazioni industrial­i e sulla contrattaz­ione collettiva aziendale.

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