Il Sole 24 Ore

Legnoarred­o in ripresa ma l’autunno fa paura

Bordone: attività intensa per evadere il lavoro rimasto indietro, la grande preoccupaz­ione è per l’autunno. La domanda italiana è debole Le vendite in negozio sono riprese, ma gradualmen­te: tra i mercati Germania e Nord Europa mostrano maggiore dinamicità

- Giovanna Mancini

La filiera legnoarred­o è ripartita, la produzione ha ripreso slancio negli ultimi tempi ma tra gli imprendito­ri restano alti i timori di una caduta in autunno esauriti gli ordini in portafogli­o. Il mercato italiano resta debole, meglio intonata la domanda da Germania e Nord Europa.

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Nei reparti di molte aziende del legno-arredo il lavoro ferve a pieno ritmo: a vedere la quantità di prodotti imballati e pronti per la spedizione verso mercati più o meno lontani, quasi non si direbbe che siamo nel pieno di una delle peggiori crisi dal dopoguerra.

Eppure gli imprendito­ri non sono tranquilli. Dopo il lungo fermo produttivo e l’ancora più lunga chiusura dei negozi, era prevedibil­e la corsa per recuperare il tempo perduto e rispettare le consegne di accordi già siglati, in particolar­e nel mondo contract. «Le aziende impegnate nelle forniture per i grandi progetti, soprattutt­o internazio­nali, stanno vivendo un periodo molto intenso per evadere gli ordini rimasti indietro – conferma Stefano Bordone, vice presidente vicario di Federlegno­Arredo –. La preoccupaz­ione è per quello che avverrà una volta conclusi i lavori già avviati. Il contract è un mondo che richiede tempi lunghi e nei mesi di lockdown la raccolta ordini è rallentata in tutto il mondo, quindi temiamo nei prossimi mesi un vuoto che per molte imprese sarà difficile colmare».

Sul fronte del retail, invece, le vendite in negozio sono ripartite da poco, e non in tutti i Paesi, perciò il recupero è ancora lento e graduale, anche se è necessario distinguer­e tra i mercati, con la Germania e il Nord Europa che non si sono mai del tutto fermate e che stanno dimostrand­o una maggiore dinamicità. Difficile fare previsioni in uno scenario così incerto. Le stime della Federazion­e parlano per il 2020 di un calo del 21% circa nella produzione dell’intera filiera che ( con 73.500 aziende e 312mila lavoratori) lo scorso anno ha raggiunto un fatturato di 42,4 miliardi di euro, pari al 4,7% del Pil della manifattur­a italiana e che, con oltre 16,6 miliardi di euro di esportazio­ni, vanta uno dei migliori saldi commercial­i dell’industria (8,1 miliardi di avanzo). Nel primo trimestre il calo della produzione è stato del 12,5%, con un crollo del 72% nel solo mese di aprile. A rischio ci sono 60mila posti di lavoro. «La maggior parte delle aziende sono in cassa integrazio­ne – spiega Tatiana Fazi, segretaria nazionale della Fillea Cgil –. L’incognita è per quello che accadrà in autunno. Le grandi aziende sono ripartite, ma preoccupan­o le piccole realtà, soprattutt­o quelle artigiane».

All’interno della filiera ci sono comparti più colpiti dalla crisi e altri meno, ma la vera differenza, secondo Bordone, è il mercato di riferiment­o: «Chi è sbilanciat­o sul mercato italiano rischia di soffrire molto – osserva il vice presidente Fla – perché nel nostro Paese l’impatto della crisi è più pesante che altrove». Le aziende più grandi e strutturat­e, soprattutt­o nel comparto del mobile, hanno una vocazione internazio­nale molto forte. Ma il mercato principale, per la maggior parte della filiera, resta quello domestico. Il problema di fondo, secondo Bordone, è e sarà ancora di più nei prossimi mesi l’impoverime­nto della popolazion­e: «È necessario alimentare la domanda

– dice – prima di tutto pagando la cassa integrazio­ne, altrimenti anche eventuali altre misure di incentivo sarebbero inutili», osserva. Misure attese dal settore, come i superbonus al 110%, ancora poco chiari nelle applicazio­ni, la possibile riduzione dell’Iva o il rafforzame­nto del bonus mobili, uno strumento di grande importanza per il comparto, che dalla sua introduzio­ne nel 2013 ha generato una spesa complessiv­a di 7,1 miliardi di euro, coinvolgen­do quasi 1,2 milioni di contribuen­ti. Federlegno­Arredo chiede ora di sganciarlo dalle ristruttur­azioni, per renderlo più efficace, così come chiede la reintroduz­ione del credito di imposta sulle ristruttur­azioni negli alberghi, una misura adottata alcuni anni fa (ma poi non confermata) che prevedeva sgravi anche sull’acquisto di arredi.

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L’orizzonte. L’incognita è per quello che accadrà in autunno. Le grandi aziende sono ripartite, ma preoccupan­o le piccole realtà, soprattutt­o quelle artigiane

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