Legnoarredo in ripresa ma l’autunno fa paura
Bordone: attività intensa per evadere il lavoro rimasto indietro, la grande preoccupazione è per l’autunno. La domanda italiana è debole Le vendite in negozio sono riprese, ma gradualmente: tra i mercati Germania e Nord Europa mostrano maggiore dinamicità
La filiera legnoarredo è ripartita, la produzione ha ripreso slancio negli ultimi tempi ma tra gli imprenditori restano alti i timori di una caduta in autunno esauriti gli ordini in portafoglio. Il mercato italiano resta debole, meglio intonata la domanda da Germania e Nord Europa.
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Nei reparti di molte aziende del legno-arredo il lavoro ferve a pieno ritmo: a vedere la quantità di prodotti imballati e pronti per la spedizione verso mercati più o meno lontani, quasi non si direbbe che siamo nel pieno di una delle peggiori crisi dal dopoguerra.
Eppure gli imprenditori non sono tranquilli. Dopo il lungo fermo produttivo e l’ancora più lunga chiusura dei negozi, era prevedibile la corsa per recuperare il tempo perduto e rispettare le consegne di accordi già siglati, in particolare nel mondo contract. «Le aziende impegnate nelle forniture per i grandi progetti, soprattutto internazionali, stanno vivendo un periodo molto intenso per evadere gli ordini rimasti indietro – conferma Stefano Bordone, vice presidente vicario di FederlegnoArredo –. La preoccupazione è per quello che avverrà una volta conclusi i lavori già avviati. Il contract è un mondo che richiede tempi lunghi e nei mesi di lockdown la raccolta ordini è rallentata in tutto il mondo, quindi temiamo nei prossimi mesi un vuoto che per molte imprese sarà difficile colmare».
Sul fronte del retail, invece, le vendite in negozio sono ripartite da poco, e non in tutti i Paesi, perciò il recupero è ancora lento e graduale, anche se è necessario distinguere tra i mercati, con la Germania e il Nord Europa che non si sono mai del tutto fermate e che stanno dimostrando una maggiore dinamicità. Difficile fare previsioni in uno scenario così incerto. Le stime della Federazione parlano per il 2020 di un calo del 21% circa nella produzione dell’intera filiera che ( con 73.500 aziende e 312mila lavoratori) lo scorso anno ha raggiunto un fatturato di 42,4 miliardi di euro, pari al 4,7% del Pil della manifattura italiana e che, con oltre 16,6 miliardi di euro di esportazioni, vanta uno dei migliori saldi commerciali dell’industria (8,1 miliardi di avanzo). Nel primo trimestre il calo della produzione è stato del 12,5%, con un crollo del 72% nel solo mese di aprile. A rischio ci sono 60mila posti di lavoro. «La maggior parte delle aziende sono in cassa integrazione – spiega Tatiana Fazi, segretaria nazionale della Fillea Cgil –. L’incognita è per quello che accadrà in autunno. Le grandi aziende sono ripartite, ma preoccupano le piccole realtà, soprattutto quelle artigiane».
All’interno della filiera ci sono comparti più colpiti dalla crisi e altri meno, ma la vera differenza, secondo Bordone, è il mercato di riferimento: «Chi è sbilanciato sul mercato italiano rischia di soffrire molto – osserva il vice presidente Fla – perché nel nostro Paese l’impatto della crisi è più pesante che altrove». Le aziende più grandi e strutturate, soprattutto nel comparto del mobile, hanno una vocazione internazionale molto forte. Ma il mercato principale, per la maggior parte della filiera, resta quello domestico. Il problema di fondo, secondo Bordone, è e sarà ancora di più nei prossimi mesi l’impoverimento della popolazione: «È necessario alimentare la domanda
– dice – prima di tutto pagando la cassa integrazione, altrimenti anche eventuali altre misure di incentivo sarebbero inutili», osserva. Misure attese dal settore, come i superbonus al 110%, ancora poco chiari nelle applicazioni, la possibile riduzione dell’Iva o il rafforzamento del bonus mobili, uno strumento di grande importanza per il comparto, che dalla sua introduzione nel 2013 ha generato una spesa complessiva di 7,1 miliardi di euro, coinvolgendo quasi 1,2 milioni di contribuenti. FederlegnoArredo chiede ora di sganciarlo dalle ristrutturazioni, per renderlo più efficace, così come chiede la reintroduzione del credito di imposta sulle ristrutturazioni negli alberghi, una misura adottata alcuni anni fa (ma poi non confermata) che prevedeva sgravi anche sull’acquisto di arredi.