Un’impresa su tre aperta ad agosto per tentare il rilancio
L’86% delle aziende prevede un calo del fatturato quest’anno. Bene chimica e pharma, soffrono meccanica, ceramica e automotive (tranne l’alta gamma)
Il polo innovativo dell’auto elettrica cinese sorgerà nella Motorvalley emiliana. La sede ancora non si conosce, ma in testa ci sono le province di Modena e Bologna. Innovazione e sostenibilità: così il territorio prova a ripartire dopo lo scossone del Covid-19. Non sarà facile, perché la pandemia ha avuto effetti collaterali che stanno presentando il conto. Qualche timido spiraglio si inizia però a intravedere, come mostra la terza indagine di Confindustria Emilia Area Centro sulla situazione al 31 maggio. Il 78% delle imprese lamenta un calo degli ordini, in leggero miglioramento rispetto all’80% di aprile. Non basterà: il 2020 verrà archiviato con una diminuzione del fatturato per l’86% delle imprese , mentre un mese prima la quota di pessimisti era del 91 per cento. Il risultato? Secondo le stime dell’Associazione quest’anno dovrebbe chiudersi con 4 miliardi di ricavi in meno rispetto al 2019. «L’impatto della pandemia – sottolinea il presidente Valter Caiumi – è stato diverso a seconda dei settori, così come saranno diversi i tempi della ripartenza». Il quadro resta a tinte fosche, ma si è ridotto il divario tra le filiere che hanno retto il colpo e quelle che l’hanno accusato maggiormente. «La percentuale di imprese che prevedono di non avere conseguenze sul fatturato quest’anno - dice - è molto al di sopra della media per chimica e farmaceutica, mentre moda e lusso si collocano ampiamente sotto la media. Altrettanto pessimisti sono i settori della meccanica e dell’automotive». Quest’ultimo, parte della catena di subfornitura mondiale, tranne l’eccezione dell’alta gamma, soffre il calo della domanda dovuto all’emergenza ancora in corso a livello mondiale. Per tentare di recuperare volumi, un terzo delle imprese non chiuderà ad agosto.
La ripartenza, afferma Caiumi, dovrà fondarsi sui punti di forza del territorio: 20 filiere fortemente orientate all’export, con più di 2mila società nel mondo tra filiali e stabilimenti produttivi e l’acceleratore premuto su Ricerca e Sviluppo. «L’emergenza ci ha insegnato - spiega - che serve una collaborazione ancora più stretta all’interno delle filiere e tra le filiere, attraverso lo scambio di best practice per incidere sul territorio».
A Bologna, dice il presidente della Camera di Commercio Valerio Veronesi, hanno subito il contraccolpo più significativo «soprattutto le imprese più piccole con meno di 15 dipendenti che rappresentano il 95% dei nostri associati». I segni della pandemia sul tessuto produttivo erano già evidenti nel primo trimestre: sei imprese manifatturiere su dieci accusavano un calo della domanda estera e una su tre aveva sostituito i fornitori. «La liquidità - afferma Veronesi - farà la differenza per sopravvivere. Il vero test per la tenuta del sistema sarà comunque a ottobre-novembre». A Modena quest’anno, secondo la Camera di Commercio, saranno le costruzioni e l’industria manifatturiera a subire il colpo più duro, entrambe con un calo del valore aggiunto di circa il 13 per cento. In quest’area, però, nel 2021 si prospetta una ripresa più marcata di quella della Regione: +4,1 contro +3,8%.
L’impattopiù L’impattopiùpesante pesante è èstatoavvertito statoavvertito a Ferrara, già messa a dura prova dal terremoto terremotodel2012. del 2012. «Per «Perlaprovinciastimiamo laprovinciastimiamo quest’anno una frenata del Pil del 12,9%, una diminuzione del 9% del valore dell’export e un tasso di disoccupazione in crescita al 16,8%», sintetizza il presidente della Camera di Commercio CommercioferraresePaoloGovoni. ferraresePaoloGovoni. «Soloilcommercio
alimentare - aggiunge - non subirà contrazioni, che saranno invece pesantissime pesantissimeperilturismo, peril turismo, laristorazione e la logistica. Il calo sarà a due cifre anche per la moda e la metalmeccanica, le costruzioni, il commercio non alimentare e i servizi alle persone».
La città estense, fa notare il segretario generale della Cisl Emilia Romagna Filippo Pieri, «sconta da anni una situazione economica e sociale difficile, anche a causa della sua posizione più decentrata che richiede interventi urgenti sulle infrastrutture». La proiezione internazionale si rivelerà ancora il punto di forza di Bologna, mentre a Modena soffre in particolare il settore della ceramica: oltre alle difficoltà legate all’export e al settore delle costruzioni, «sono urgenti gli interventi per rendere più agevole la circolazione delle merci». Attenzione, poi, dice Pieri «a non utilizzare il Covid come alibi per allentare le tutele dei lavoratori. Per questo guardiamo con preoccupazione all’esternalizzazione di alcuni servizi. È inoltre essenziale che gli ammortizzatori sociali vengano garantiti fino alla fine dell’anno».
Con 210 imprese nelle aree di Modena e Ferrara e 164 in quella bolognese, il mondo delle cooperative copre in modo trasversale tutti i settoricon un valore della produzione pari a 16 miliardi. L’85% di quelle associate a Legacoop Bologna è stato coinvolto nel lockdown, con una perdita di fatturato dal 20 all’80%. A Modena e Ferrara, solo per fare un esempio, il comparto delle costruzioni si attende un calo del 20% dei ricavi rispetto al periodo preCovid. «L’emergenza sanitaria - conclude il presidente di Legacoop Emilia-Romagna Giovanni Monti - accelera alcuni progetti già in discussione. La chiave sarà una maggiore spinta al coordinamento: vogliamo intensificare il dialogo con le Asl e la Regione per un ripensamento del welfare e investimenti nella sanità. E intendiamo rilanciare il Patto sulla rigenerazione urbana in un’ottica di sostenibilità».
Decisive saranno la collaborazione tra le 20 filiere e l’innovazione. Allarme disoccupazione nella città estense