Ucciso il capo del programma nucleare iraniano Accuse a Israele
L’auto di Fakhrizadeh è stata colpita da un ordigno vicino alla capitale iraniana L’Iran: «Terrorismo di Stato, terribile vendetta» contro i responsabili dell’uccisione
Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi (foto), considerato il capo del programma nucleare iraniano, è stato ucciso ad Absard, nei pressi di Damavand, a nordest della capitale Teheran. Lo scienziato era stato accusato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu di gestire un programma per lo sviluppo di armi atomiche e sarebbe stato nella lista degli obiettivi del Mossad. Per questo il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, nel confermare la notizia, ha lanciato pesanti accuse a Israele. L’auto dello scienziato sarebbe stata prima centrata da un ordigno e poi crivellata di colpi d’arma da fuoco.
Il suo nome era Mohsen Fakhrizadeh. Un esperto scienziato di 62 anni che si spostava sempre in compagnia delle guardie del corpo. Ai servizi segreti e ai media internazionali era però meglio noto come il «padre del programma atomico» - e segreto - iraniano. Quello conosciuto con il nome di “Amad” (speranza), fermato nel 2003 ma che, secondo le accuse di Israele e Stati Uniti, il regime di Teheran starebbe cercando di portare avanti in segreto per arrivare alla costruzione di un ordigno atomico.
La notizia dell’uccisione del famoso scienziato, scampato a un altro attentato qualche anno fa, è stata confermata dal ministero iraniano della Difesa. Tra le prime reazioni quella del ministro degli Esteri Mohammed Javad Zarif, uno degli architetti dell’accordo sul nucleare,firmato nell’estate del 2015 dall’Iran e il gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania), da cui, nel maggio 2018, il presidente americano Donald Trump è uscito unilateralmente ripristinando e intensificando le sanzioni contro Teheran.
«Dei terroristi hanno ucciso un eminente scienziato iraniano. Questo atto di codardia - con serie indicazioni di un ruolo israeliano - mostra il disperato spirito guerrafondaio dei responsabili. L’Iran invita la comunità internazionale - e in particolare l’Ue - a porre fine ai suoi vergognosi doppi standard e a condannare questo atto come terrorismo di Stato», ha scritto Zarif. Ci sarà una «vendetta terribile» contro «i gruppi terroristici e i responsabili dell’uccisione» ha tuonato su Twitter il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, il generale Mohammad Bagheri.
La dinamica dell’attentato suggeil risce un’organizzazione che solo pochi servizi possono vantare. Secondo la descrizione dei media iraniani, l’auto su cui viaggiava lo scienziato, nella provincia di Damavand, a nordest di Teheran, è prima stata colpita da un ordigno. Subito c’è stata un’intensa sparatoria in cui sono rimasti uccisi, oltre allo scienziato, altri tre uomini. I sospetti, non solo dell’Iran, sono subito caduti sugli Stati Uniti e, soprattutto, su Israele. Il cui servizio di intelligence, il Mossad, è noto per essere tra i migliori al mondo. Negli ultimi 10 anni sono stati uccisi altri quatto scienziati iraniani legati al programma nucleare. I mandanti sono rimasti sconosciuti.
Ma torniamo al 22 novembre. In un misterioso viaggio, reso poi pubblico ma tenuto fino all’ultimo nascosto a buona parte del governo di Gerusalemme, il premier israeliano Bibi Netanyahu, insieme al direttore del Mossad, Yossi Cohen, ha incontrato nella città saudita di Neom il principe reggente, Mohammed Bin Salman, l’uomo più influente del Regno, e il segretario di Stato americano Mike Pompeo, architetto delle sanzioni contro Teheran.
Pompeo è l’uomo che ha contribuito in modo determinante alla realizzazione degli “accordi di Abramo”, lo storico processo di normalizzazione delle relazioni tra diversi Paesi arabi e Israele. In funzione soprattutto antiiraniana. È davvero difficile vedere il premier israeliano accompagnato all’estero, addirittura nel più influente Paese arabo, dal capo del Mossad, ovvero da chi dirige le operazioni internazionali di intelligence, tra cui gli omicidi mirati. Non è escluso che Cohen abbia incontrato anche i servizi sauditi. E che forse si sia parlato anche di Fakhrizadeh. Seguendo questa suggestione (senza prove) non è azzardato ritenere che il vicino insediamento del nuovo presidente americano, Joe Biden, abbia scompaginato i piani di Trump e Netanyahu. Non è un segreto che Biden abbia intenzione di riportare l’Iran al tavolo dei negoziati per riprendere l’accordo sul nucleare.
Un altro elemento rafforza questa pista. A inizio mese un ufficiale americano avrebbe confermato che Trump avrebbe chiesto ai suoi consiglieri militari un parere per un possibile blitz contro l’Iran. Tre giorni dopo misterioso incontro in Arabia, il sito Axios ha pubblicato un articolo dal titolo emblematico: «Scoop: l’esercito israeliano si sta preparando per la possibilità che Trump colpisca l’Iran». Teheran ha sempre negato l’esistenza di un programma per sviluppare una bomba atomica.
Tutti o quasi i maggiori indiziati, o comunque i leader potenzialmente coinvolti in questo delicatissimo dossier, hanno preferito chiudersi dietro un poco enigmatico “no comment”. Lo ha fatto il premier israeliano. Lo ha imitato il Pentagono. Così come la Casa Bianca. Il pericolo è che la situazione sfugga di mano proprio nelle ultime settimane dell’era Trump.
Il 2020 è iniziato con l’uccisione, effettuata da un drone americano, di Qassem Soleimani, il “super-generale” che dirigeva le operazioni militari iraniane all’estero, ufficiali e non. Teheran e Washington si trovarono a un passo da una guerra dalle conseguenze imprevedibili. Quest’anno potrebbe pericolosamente concludersi proprio come era iniziato.