Il rischio di escalation complica il lavoro di Biden
L’Iran era già tra i temi caldi nell’agenda della prossima amministrazione americana. Adesso Joe Biden potrebbe trovarsi tra le mani un capitolo che scotta, il rischio di nuove spirali di crisi mediorientali da disinnescare. L’uccisione di quello che è considerato il padre del programma militare atomico di Teheran, Mohsen Fakhrizadeh, nell’immediato è rimasta ufficialmente avvolta nel mistero. Ma funzionari di intelligence citati dal New York Times hanno indicato che dietro l’operazione ci sarebbero i servizi israeliani. Non è un mistero che Israele avesse da tempo nel mirino lo scienziato. Né lo è la stretta cooperazione di intelligence con gli Usa, che condividevano il giudizio su Fakhrizadeh, e la particolare vicinanza tra Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Ad apparire chiara è però soprattutto la minaccia che una escalation della crisi, con possibili rappresaglie di Teheran, complichi oggi qualunque promessa di Biden di resuscitare, modificato e rafforzato, un accordo nucleare multilaterale con l’Iran. Un’intesa volta cioè a riportare la diplomazia al centro di sforzi per evitare lo sviluppo di ordigni nucleari da parte di Teheran. Il Jcpoa, sottoscritto nel 2015 dai Paesi occidentali e dall’amministrazione di Barack Obama con Biden vice-presidente, era stato strappato da Trump oltre che osteggiato da Netanyahu.
I sempre difficili rapporti tra Usa e Iran hanno conosciuto un brusco deterioramento nell’era Trump, a colpi di sanzioni e screzi militari a volte rientrati in extremis. Adesso potrebbero aggravarsi ulteriormente, se la dinamica dell’uccisione sarà confermata. Sotto i riflettori finiscono altri eventi recenti: solo domenica scorsa, secondo media israeliani, all’incontro del segretario di Stato Usa Mike Pompeo con il leader dell’Arabia Saudita avevano partecipato anche Netanyahu e il capo del Mossad. E Trump nelle passate settimane aveva chiesto opzioni militari contro impianti atomici iraniani, all’apparenza dissuaso dal Pentagono per scongiurare conflitti durante una transizione di potere alla Casa Bianca. Trump ieri ha rotto il silenzio per il re-tweet di un’opinione che definiva l’operazione un duro colpo «psicologico e professionale» all’Iran.
Biden aveva al contrario programmato di muoversi con cautela in Medio Oriente e sull’Iran, senza urgenza, senza strappi e shock. Forte di una squadra che vanta esperienza e professa pragmatismo: il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan è stato tra i protagonisti del negoziato sul Jcpoa. Ha anche svolto ruoli attivi in colloqui tra palestinesi e israeliani. Ma Sullivan e il futuro segretario di Stato Antony Blinken saranno messi a dura prova da una regione dove la politica estera Usa vive di speranze e cocenti delusioni.
Il presidente eletto ha intenzione di riportare gli Stati Uniti nell’accordo sul nucleare iraniano