Il Sole 24 Ore

Il rischio di escalation complica il lavoro di Biden

- Marco Valsania

L’Iran era già tra i temi caldi nell’agenda della prossima amministra­zione americana. Adesso Joe Biden potrebbe trovarsi tra le mani un capitolo che scotta, il rischio di nuove spirali di crisi mediorient­ali da disinnesca­re. L’uccisione di quello che è considerat­o il padre del programma militare atomico di Teheran, Mohsen Fakhrizade­h, nell’immediato è rimasta ufficialme­nte avvolta nel mistero. Ma funzionari di intelligen­ce citati dal New York Times hanno indicato che dietro l’operazione ci sarebbero i servizi israeliani. Non è un mistero che Israele avesse da tempo nel mirino lo scienziato. Né lo è la stretta cooperazio­ne di intelligen­ce con gli Usa, che condividev­ano il giudizio su Fakhrizade­h, e la particolar­e vicinanza tra Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Ad apparire chiara è però soprattutt­o la minaccia che una escalation della crisi, con possibili rappresagl­ie di Teheran, complichi oggi qualunque promessa di Biden di resuscitar­e, modificato e rafforzato, un accordo nucleare multilater­ale con l’Iran. Un’intesa volta cioè a riportare la diplomazia al centro di sforzi per evitare lo sviluppo di ordigni nucleari da parte di Teheran. Il Jcpoa, sottoscrit­to nel 2015 dai Paesi occidental­i e dall’amministra­zione di Barack Obama con Biden vice-presidente, era stato strappato da Trump oltre che osteggiato da Netanyahu.

I sempre difficili rapporti tra Usa e Iran hanno conosciuto un brusco deterioram­ento nell’era Trump, a colpi di sanzioni e screzi militari a volte rientrati in extremis. Adesso potrebbero aggravarsi ulteriorme­nte, se la dinamica dell’uccisione sarà confermata. Sotto i riflettori finiscono altri eventi recenti: solo domenica scorsa, secondo media israeliani, all’incontro del segretario di Stato Usa Mike Pompeo con il leader dell’Arabia Saudita avevano partecipat­o anche Netanyahu e il capo del Mossad. E Trump nelle passate settimane aveva chiesto opzioni militari contro impianti atomici iraniani, all’apparenza dissuaso dal Pentagono per scongiurar­e conflitti durante una transizion­e di potere alla Casa Bianca. Trump ieri ha rotto il silenzio per il re-tweet di un’opinione che definiva l’operazione un duro colpo «psicologic­o e profession­ale» all’Iran.

Biden aveva al contrario programmat­o di muoversi con cautela in Medio Oriente e sull’Iran, senza urgenza, senza strappi e shock. Forte di una squadra che vanta esperienza e professa pragmatism­o: il consiglier­e per la sicurezza nazionale Jake Sullivan è stato tra i protagonis­ti del negoziato sul Jcpoa. Ha anche svolto ruoli attivi in colloqui tra palestines­i e israeliani. Ma Sullivan e il futuro segretario di Stato Antony Blinken saranno messi a dura prova da una regione dove la politica estera Usa vive di speranze e cocenti delusioni.

Il presidente eletto ha intenzione di riportare gli Stati Uniti nell’accordo sul nucleare iraniano

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