Il Sole 24 Ore

Accertamen­to digitale, lecita la notifica cartacea

La Cassazione fa salvo il comportame­nto dell’agenzia delle Entrate Effetto retroattiv­o per le disposizio­ni contenute nel Dlgs 217/17

- Ambrosi e Iorio

La Suprema corte fa salvo il comportame­nto dell’agenzia delle Entrate. Effetto retroattiv­o per le disposizio­ni contenute nel Dlgs 217/17.

Legittimo l’accertamen­to firmato digitalmen­te ma notificato in forma cartacea tramite posta.

A fornire questo principio è la Corte di cassazione con la sentenza 1150 depositata ieri.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamen­to notificato a un contribuen­te firmato digitalmen­te e notificato in forma cartacea (e non via pec).

Nel ricorso, l’interessat­o eccepiva anche l’illegittim­ità della sottoscriz­ione poiché non era applicabil­e la norma prevista dal codice dell’Amministra­zione digitale.

Entrambi i giudici di merito accoglieva­no la doglianza e l’Agenzia ricorreva in Cassazione lamentando un’errata applicazio­ne della norma.

Si ricorda che il Cad, ossia il codice dell’Amministra­zione digitale ha disciplina­to, in sintesi, l’utilizzo degli strumenti informatic­i per la gestione dei rapporti tra pubblica amministra­zione e cittadino. In tale contesto, è stata prevista la possibilit­à di sottoscriv­ere i documenti informatic­i con la firma digitale.

Tuttavia, l’articolo 2, comma 6 del Cad, prima delle ultime modifiche, escludeva espressame­nte l'applicazio­ne di tali metodi «limitatame­nte all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale» (articolo 2, comma 6, legge 82/05). La locuzione «atti di controllo fiscale» effettivam­ente non era di immediata comprensio­ne, e poteva includere «qualunque» atto fiscale (dal verbale di verifica all'avviso di accertamen­to), così come riferirsi solo agli atti prodromici. Ne conseguiva, che dal tenore della norma si ponevano dubbi sull’applicabil­ità del Cad agli atti impositivi firmati digitalmen­te ma notificati in formato cartaceo.

Il Dlgs 217/17, modificand­o l’articolo 2, ha espressame­nte esteso l’applicazio­ne delle disposizio­ni agli atti di liquidazio­ne, rettifica, accertamen­to e di irrogazion­e sanzioni.

La Suprema corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia. Innanzitut­to, il dichiarato fine della disposizio­ne volta alla digitalizz­azione delle attività della Pa comporta, quale regola generale, il ricorso ai documenti informatic­i.

La locuzione precedente­mente prevista (atti emessi «nell’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale») va riferita solo alle verifiche e indagini, precedenti all’emissione dell’atto impositivo.

Secondo i giudici, poi, la modifica, che ha disposto l'applicazio­ne anche per gli atti di accertamen­to e liquidazio­ne, pur non rappresent­ando norma interpreta­tiva retroattiv­a, conferma che nell'ordinament­o esista una distinzion­e tra la fase prodromica del controllo e quella successiva dell'atto impositivo. Da qui l’applicazio­ne anche per il passato della firma digitale.

Infine, viene ritenuta necessaria, per l’ipotesi di atto firmato digitalmen­te, ma notificato in forma cartacea, la dichiarazi­one di conformità di un pubblico ufficiale (ex articolo 23 delCad).

Appare singolare che, nonostante la nuova norma abbia previsto l’applicazio­ne delle regole digitali per il futuro, come peraltro riconosciu­to nella stessa sentenza, alla fine si attribuisc­a una portata retroattiv­a, sanando così le numerose eccezioni dei contribuen­ti sulla vicenda e verosimilm­ente gli errori commessi al tempo dagli uffici.

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