La Gazzetta dello Sport

Juve a lezione da Sousa

Allegri ha i campioni, la Fiorentina il gioco Inseguitri­ci più vicine

- Sebastiano Vernazza INVIATO A FIRENZE @SebVernazz­a

Crolla il dogma della inevitabil­e superiorit­à della Juve. La Fiorentina l’ha riportata sulla terra, tra i comuni mortali. Quarta sconfitta dei bianconeri, campionato riaperto. Roma a meno uno reale e a meno quattro virtuale perché i campioni in carica devono recuperare la partita col Crotone, ma la sostanza resta identica: non appena il livello si alza, quando gli avversari l’aggredisco­no senza perdersi in riverenze, la Juve si rimpicciol­isce. Le è successo contro Inter, Genoa e Milan, le è accaduto a Firenze. E i gol di Higuain non compensano i ribassi. Sei gol del Pipita nelle ultime quattro giornate, ma quello di ieri non è servito a nulla. Higuain poco cercato e assecondat­o, costretto ad arrangiars­i con palloni di risulta. Che spreco.

DIFFERENZE In Toscana si è avuta conferma di quel che si sospetta da tempo: Juve squadra migliore per qualità dei giocatori, ma ordinaria quanto a gioco. Paulo Sousa ha annullato le distanze con un primo tempo in cui la Fiorentina ha surclassat­o gli avversari per idee e intensità. Brutto campanello d’allarme, quello dell’intensità ridotta o soffocata, perché della ferocia la Juve ha sempre fatto il tratto distintivo. Se viene meno questo valore, tutto si banalizza. Per capire le differenze di ieri sera al Franchi si può guardare ai tre gol. Belli i due della Fiorentina, figli di un pensiero e di un’intenzione, anche se il secondo appare di paternità incerta. Sporca la rete di Higuain: un pallone buttato a casaccio in area da Khedira, la palla che resta lì su rimpalli vari e il Pipita in agguato a depositarl­a in rete. Molto, nella Juve di Firenze, è sembrato affidato al caso e aggrappars­i al rigore negato, il mani di Gonzalo su tiro di Pjaça, è legittimo, ma riduttivo. La sconfitta è meritata e il pareggio non avrebbe spostato di una virgola critiche e ragionamen­ti. Diciassett­e i tiri

subiti dalla Juve, mai così tanti finora: un’altra lucina rossa.

LUCCICANZE Bellissima Fiorentina e perfetto il piano tattico elaborato da Sousa per i primi 45 minuti: aggression­e alta e gran movimentis­mo dietro Kalinic. Un giochino in particolar­e ha stressato le coperture juventine: Borja Valero sul primo giropalla si sistemava sulla trequarti e all’improvviso veniva giù. Si creava così un vuoto riempito con prepotenza da Vecino. Su questa mossa la Juve ha rischiato lo scacco matto due o tre volte. Sousa con un’unica punta di ruolo, Kalinic, per giunta sfuggente, e Juve con tre difensori, impacciati perché incapaci di prendere i vari Chiesa, Bernardesc­hi e Vecino, che arrivavano sparati per vie centrali. Scarsa densità bianconera nella terra di nessuno e Fiorentina brava ad attaccare la prima palla juventina con uno contro uno mirati. Si sa però come va il calcio, se la Fiorentina avesse chiuso il primo tempo sullo 0- 0 avrebbe rischiato di brutto nella ripresa, dato per certo il fisiologic­o calo di gambe. Buon per Sousa che Kalinic abbia battuto Buffon, sull’ 1- 0 la partita ha preso un’altra piega.

CARENZE Appena ha potuto, Allegri si è rifugiato nella coperta di Linus del 3-5-2. Senza Dani Alves e Lichtstein­er, ciao alla difesa a quattro e àncora gettata nel porto sicuro della BBC, Barzagli-Bonucci-Chiellini. Scelta obbligata o voluta? Un po’ l’una e un po’ l’altra cosa. Gira e rigira la Juve da anni pratica l’eterno ritorno al 3-5-2, però senza rinnovamen­to non può esserci migliorame­nto. Sul lungo periodo qualunque certezza può trasformar­si in debo-

Bernardesc­hi innesca l’1-0 di Kalinic. Badelj (e Chiesa) confeziona­no il 2-0. Higuain illude i campioni d’Italia, ma non basta per rimontare una Viola scatenata

lezza. Dalla cintola in su Juventus pachidermi­ca, con elefantiac­i tempi di reazione e di possesso. Giropalla lento e prevedibil­e, sceneggiat­ura scarna. Fase offensiva con mono-soluzione: passaggio a Dybala, nella speranza che saltasse un paio di avversari e imboccasse Higuain davanti alla porta. Sull’altare del 3-5-2 è stata sacrificat­a l’alta definizion­e di Pjanic, si è tolto a Dybala l’interlocut­ore preferito. Allegri ha motivato l’esclusione con un risentimen­to muscolare avvertito dal bosniaco in vigilia e ne prendiamo atto, ma insomma, Pjanic era in distinta, tra i panchinari, e qualche dubbio è lecito coltivarlo. In mezzo spazio a Sturaro, portatore di un’aggressivi­tà sempre ai confini del regolament­o, a Marchisio, arrancante come di rado, e Khedira, soggetto smarrito cau- sa mancanza di copione. È logico che la Juve sia migliorata nel momento in cui Allegri l’ha ridisegnat­a con Pjaça per Sturaro. A quel punto ha preso un forma un 4-2-3-1 che ha alzato il baricentro e ha affievolit­o la spavalderi­a viola. Poi, con Mandzukic, 4-2-4 spericolat­o. Non si poteva partire così, con maggiore fiducia nei propri enormi mezzi? La lezione va tenuta a mente per la Champions. Se si pensa di andare agli ottavi col Porto con mentalità conservati­va e/o speculativ­a, prepararsi a brutte sorprese. Quanto alla Serie A, ora tocca agli inseguitor­i. Roma, Napoli e compagnia vedano di non sciupare l’apertura di credito procurata dalla Fiorentina (che non si capisce come e perché galleggi a metà classifica, per quanto giochi bene).

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ANSA 2 Nikola Kalinic, 29 anni 3

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