La Gazzetta dello Sport

Alle origini del fenomeno Suso Per Benitez rinunciò al Real

●Il tecnico che l’ha allenato nelle giovanili del Cadice: «Era già di un’altra categoria L’educazione familiare l’ha reso studioso e riservato. E qui ha ancora tanti amici»

- Filippo Maria Ricci CORRISPOND­ENTE DA MADRID @filippomri­cci

Il Milan gioca a Siviglia, ma Cadice è a poco più di 100 chilometri: per tanti aspetti Suso si sentirà in casa. Perché battere le squadre del capoluogo della regione, Siviglia e Betis, da bambino era l’obiettivo primario, perché famigliari e amici verranno a trovarlo, perché l’accento, il calore della gente, certi luoghi, lo riporteran­no indietro nella memoria.

TESTA SULLE SPALLE C’è stato un momento nell’infanzia di Suso nel quale aveva una gran voglia di andare al Betis. Era piccolino, e i genitori lo convinsero che era meglio restare a casa, crescere in famiglia e con gli amici di sempre e aspettare una nuova opportunit­à. Pensiero saggio, una forma mentis che Jesus e Angela, i suoi genitori, hanno inculcato al loro piccolo Jesus, da sempre «Suso» per tutti: «Un ragazzo con la testa sulle spalle, sin da bambino» ricorda Jose Luis Huerta, il tecnico che l’ha allenato nel magico e complesso 2009, l’ultimo anno spagnolo di Suso, con l’esplosione a livello regionale e nazionale e il passaggio al Liverpool in novembre, al compimento dei 16 anni.

IL PERCORSO Nato all’ospedale Puerta del Mar, Suso ha iniziato a giocare nel cortile della scuola Safa Villoslada, e a 5 anni vestiva già la maglia del Portuario. Una sola stagione, poi ecco il Berchmans, società storica in città per la formazione dei giovani calciatori. È il trampolino che porta al «Cadiz», che al tempo prendeva i ragazzi solo dalla categoria Infantil. Col Berchmans Suso domina nel Calcio a 5 cittadino (e non solo), e appena ha l’età giusta arriva nella cantera del Cadice, dove lo mettono subito a giocare con quelli più grandi di un anno. Vi resterà 4 stagioni e un pezzetto, prima di salpare per Liverpool dove lo voleva Rafa Benitez, che lo chiamò personalme­nte. Suso viveva nella «barriada» di La Paz, vicino al centro, «gli allenament­i erano a Puerto Real – racconta Huerta – così i genitori si alternavan­o per portare i bambini. Andava bene a scuola, era riservato, silenzioso, serio. La famiglia in questo senso ha fatto un gran lavoro. E in campo era fenomenale. Colpiva bene con entrambi i piedi, faceva sempre la scelta giusta, aveva un controllo magnifico, un ultimo passaggio intelligen­te e sapeva leggere bene partita e avversari. Si vedeva subito che era di un’altra categoria». Suso cresce con un gruppo di amici che sono ancora tali: «Il legame è rimasto intatto, perché erano super uniti». L’AFFERMAZIO­NE «In quel 2009 a febbraio la rappresent­ativa di Cadice nella categoria Cadete vinse il campionato regionale battendo il Malaga in finale, e Suso fu il trascinato­re – racconta Quique Gonzalez, allora come oggi responsabi­le della «cantera» del club –. Le finali furono a Huelva e vennero un sacco di osservator­i. Poi in maggio fu convocato nella rappresent­ativa andalusa e fece benissimo anche nelle finali nazionali, a Logroño. C’era la fila per prenderlo. Lui e i familiari erano madridisti ma scelsero il Liverpool per la lingua, la cultura, il progetto di Benitez». Una scelta coraggiosa: «Il giocatore di Cadice è peculiare – sottolinea Huerta –. Senza il sole, la luce e il mare, in tanti si sono spenti. Suso no. Le nuvole di Liverpool non l’hanno fermato: aveva basi solide, costruite su famiglia e talento».

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Suso, 24 anni, attaccante spagnolo del Milan, qui ai tempi del Cadice

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