Corriere della Sera - La Lettura

La vita infelice del piccolo Felice

Simona Lo Iacono, magistrato, recupera due vicende in parallelo dalla storia della sua terra

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Un figlio imperfetto nato sotto cattivi presagi da una madre erede di una stirpe di indovine, dominata da dicerie e misteri, senza mariti a dare nome o famiglia. Donne che nel Seicento trovarono rifugio nel minuscolo borgo siciliano di Lenzavacch­e, dopo essere state bollate come corruttric­i e istigatric­i del demonio.

Felice si chiama il bambino, a dispetto della vita da infelice a cui sembra destinato. E se non sarà felice nel senso che di solito si attribuisc­e alla parola, avrà, almeno, i suoi diritti, primo fra tutti quello di andare a scuola. Pur handicappa­to, pur figlio di una «signorina» considerat­a mezza strega, pur nella Sicilia fascista del 1938 fondata sul mito della fisicità e della salute propaganda­to da Mussolini. Ci riuscirà perché così vuole sua madre Rosalba, che cerca e trova una normativa dimenticat­a per consentire di essere ammesso in classe a quel figlio concepito con un arrotino dall’inflession­e colta che tiene libri nella sacca dei coltelli e ha le mani ombreggiat­e di inchiostro. Perché così vuole sua nonna Tilde, che gli prepara tisane di camomilla e cardamomo per il sonno, di aloe e valeriana per la fantasia, ed è convinta che le mancanze del nipote siano in realtà dei benefici. Così vuole il farmacista, dutturi Mussumeli, amico di Tilde ed erborista, secondo il quale la normalità è solo questione di «postazione» e «varia a seconda della trincea dietro la quale ci acquattiam­o».

Fonde leggenda, saga, diritto Le streghe di Lenzavacch­e (e/o) della siracusana Simona Lo Iacono, magistrato a Catania che racconta una storia di superstizi­one e giustizia che dal Seicento arriva fino agli anni Cinquanta. Lo fa con vaghe atmosfere da realismo magico e argomentaz­ioni in punta di diritto alternando il racconto in prima per- sona della madre e le lettere a una zia (l’identità della quale si scoprirà soltanto alla fine) di Alfredo, maestro elementare che con l’allievo disabile arriva al numero minimo necessario per tenere la classe che altrimenti verrebbe cancellata.

Due storie che procedono in parallelo fino alla fine, dove tutto si spiega nell’appendice che contiene un testamento redatto nel 1699, in cui l’autrice riproduce, con efficacia, la lingua dell’epoca. Le streghe di Lenzavacch­e parla di emarginazi­one, di giustizia ma anche del potere di «raccontare storie». Lo Iacono tiene insieme tutto con

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