Corriere della Sera - La Lettura
Il conte Dracula vive ad Aleppo Poi emigra a NewYork
Anteprima In origine c’è il romanzo di Bram Stoker, più tardi il film muto di Murnau (con il vampiro Nosferatu al posto del nobile della Transilvania per problemi di diritti). Ora un artista bergamasco, Andrea Mastrovito, ha arruolato un pool di illustrat
Trascinato in tribunale dalla vedova di Bram Stoker, furibonda a causa del mancato accordo sui diritti d’autore per l’uso del romanzo del marito, Friedrich Wilhelm Murnau non sa più che pesci pigliare: nel suo film Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, liberamente quanto palesemente (da qui, il contenzioso) ispirato al Dracula letterario del 1897, aveva già modificato titolo, nomi dei personaggi, geografia. Eppure non basta a convincere i giudici, il cui verdetto è inappellabile: il lungometraggio deve sparire. Le copie vanno al macero. Ma il regista tedesco, questa volta, non ci sta: ne nasconde una, che diventa clandestina.
Era il 1922. Oggi quel primo vampiro cinematografico è un’icona e l’opera muta di Murnau è considerata un caposaldo dell’horror. Ma il conte Orlok (alias Nosferatu, quindi, sotto sotto, Dracula), allampanato e calvo, che cammina portandosi dietro una bara, sta per cambiare veste. A quasi un secolo dalla prima proiezione la pellicola è stata interamente riprodotta a mano: tre anni di lavoro, 35 mila disegni, per un film d’animazione di 60 minuti intitolato NYsferatu-Symphony of a Century. A cimentarsi in questa impresa titanica è Andrea Mastrovito, nato nel 1978 a Bergamo, artista apprezzato a livello internazionale. In campo con lui una ventina di collaboratori sparsi tra Usa, Sudamerica e Italia, molti dei quali selezionati tra gli studenti dell’Accademia di Brera e della Carrara di Bergamo.
Ogni secondo del film è stato diviso in nove frame, dai quali vengono ripresi con la grafite i movimenti degli attori. Le ambientazioni sono riprodotte sempre tre volte, cercando l’effetto dell’otturatore del cinema delle origini. Il montaggio impegna nove tecnici. Nel suo genere, una sorta di kolossal. E non è un semplice remake: mentre i personaggi ricalcano esattamente espressioni, gesti e costumi degli originali, gli sfondi — come mostrano i bozzetti inediti riprodotti in queste pagine — ci portano nell’America contemporanea e in Siria. Il conte cambia dunque set, non si muove più fra la Transilvania e Brema, ma fra Aleppo e New York (ecco spiegato il titolo ). Il progetto, nona caso, nasce negli Stati Uniti, dove Mastrovitol avo rast abilmente, e con la partecipazione di More Art, non prof it newyorkese che promuove opere d’arte pubblica. La prima assoluta del film sarà nella Grande Mela, il 14 agosto, all’Hudson River Park. In Europa si dovrà attendere ottobre, quando NYsferatu sarà l’evento speciale della Festa del Cinema di Roma.
Nell’originale di Murnau l’agente immobiliare Hutter, che vive con la moglie Ellen a Brema, viene spedito sui monti Carpazi: deve incontrare il conte Orlok, che ha manifestato l’intenzione di comprar casa in Germania. Sulla falsariga del romanzo di Stoker, Hutter si accorge che il nobile dorme in una bara e dunque se la dà a gambe. Ma anche il conte parte per Brema (o Wisborg, a seconda delle versioni), funestata al suo arrivo dalla peste: vagabonderà per le strade e alla fine morirà bruciato dal sole, accanto a Ellen. In NYsferatu la cornice cambia: «New York — spiega a “la Lettura” Mastrovito — è vittima e carnefice, una città in cui la figura folkloristica del vampiro si adatta a molteplici letture metaforiche. Se l’ombra di Orlok si allunga per le strade di Manhattan richiamando la minaccia terroristica, il vampiro stesso che si ag-
gira sperduto con la sua bara nella metropoli deserta, cercando una casa e trovandola solo a Ellis Island, racconta l’immigrazione e la fuga per la speranza di una vita migliore». Nei dettagli degli sfondi, curati uno a uno dall’artista, fioriscono rimandi sociali e filosofici. Hutter, che nella sua camera tiene in bella mostra armi e un poster dello zio Sam, agli occhi dello spettatore smette d’essere un giovanotto svagato e diventa un mercenario. La Freedom Tower domina quasi ogni scena. Poi c’è la Siria, emblematica. Orlok vive in un’Aleppo bombardata. Il suo castello? «Riprende la prima Statua della Libertà, che Bartholdi aveva progettato, ma mai realizzato, per il canale di Suez. Raffigurava una contadina musulmana. In NYsferatu il conte abita dentro al monumento».
Il lungometraggio è costituito da 35 mila disegni: significa che i bozzetti in formato A5, affiancati, coprirebbero una distanza di oltre sette chilometri. Dal punto di vista pratico, è stata usata la tecnica del rotoscoping: si ricalcano i fotogrammi di scene girate con la telecamera ottenendo un movimento fluido e al contempo vibrante. «In questo campo hanno fatto epoca i video Take
on Me degli A-ha e Innuendo dei Queen. Ma si trattava di pochi minuti, non di un’ora. Sapevo che mi stavo imbarcando in un’impresa enorme: i miei collaboratori — chi in campo per ottenere crediti universitari, chi retribuito — sono stati eccezionali». Una procedura ripetitiva, figura dopo figura, con gli stessi volti e gli stessi vestiti a rincorrersi centinaia, migliaia di volte. «In pratica si vive incollati al tavolo da lavoro. Io stesso — ride — negli ultimi tre mesi ho messo su quattro chili». Qualcuno, inutile negarlo, ha mollato. «È anche una questione fisica. C’era chi si lamentava della sciatica. Ma a tutti devo dire grazie». Weena Visini, 33 anni, studi a Brera, ha disegnato Ellen dal primo all’ultimo fotogramma. Ora fa due conti: «Ho eseguito 5.570 frame in 14 mesi. Certo non è stato facile. Ma avevo preso un impegno, ed eccoci qui». Conosce a memoria il numero di bottoni del vestito della protagonista, quanti riccioli le cadono sul viso. «Mi sono affezionata a lei. Poveretta, è costantemente sconvolta, sviene. Ho già avvisato Andrea: quando vedrò l’opera finita, probabilmente piangerò. Anche con il trailer (disponibile su moreart.org e nysferatu.org, ndr), non riuscivo a trattenermi: questa scena è mia, dicevo, anche questa, e questa...». A mettere insieme i bozzetti e a curare l’editing è la Yanzi di Marco Marcassoli, «mio amico da sempre — sottolinea Mastrovito —. Lui e Stefano Leonforte, che ha contribuito allo sviluppo del soggetto, mi affiancano dall’inizio. Può succedere che Marco tagli un minuto di film per snellirlo e io impazzisca, perché significa buttare all’aria un mese di lavoro: alla fine 4-5 mila disegni resteranno fuori, ma mi consolo sapendo che succedeva anche a Walt Disney...».
Il lungometraggio costa circa 200 mila dollari, coperti in buona parte da due grossi sponsor (la galleria di Ginevra Art Bärtschi & Cie e il Gruppo Percassi), crowdfunding e dai premi ottenuti dalla New York Foundation for the Arts e dalla National Endowment for the Arts. Questi ultimi attribuiti per l’impegno artistico, ma anche sociale: «Con More Art abbiamo organizzato laboratori in cui comunità di migranti hanno discusso le implicazioni del film, riflettendo sulla propria esperienza di espatriati e riscrivendo parte delle didascalie per il grande schermo». Le prime proiezioni americane saranno nei parchi, gratuite. «La colonna sonora verrà affidata ogni volta a un musicista diverso e suonata dal vivo. La versione ufficiale è del compositore Simone Giuliani e a Roma sarà l’orchestra Boccherini di Lucca a eseguirla». Ultima domanda: i diritti d’autore per l’uso di Nosferatu sono a posto? «Sì — conclude l’artista —, per l’uso che ne facciamo noi l’opera è libera. Ci abbiamo pensato bene». Quindi Orlok è pronto a vagare di nuovo per il mondo. Migrante, ma non clandestino.