L’effetto dell’accordo? Pure i sauditi con la bomba
Teheran lo ha detto: annienteremo lo Stato ebraico. Ma i più infuriati con Obama sono gli arabi. Che hanno il nucleare...
L’incosciente follia dell’accordo sul nucleare siglato a Ginevra per caparbia volontà di Barack Obama, è palese per una ragione tanto drammatica, quanto evidente. Manca del settimo punto, che in realtà è il primo: la rinuncia iraniana a distruggere Israele. Solo l’ignavia di Obama e di un’Europa complice, può considerare questa questione scollegabile da un accordo con gli ayatollah. Solo un Occidente più attento ai propri affari con l’Iran (potenzialmente ricchissimi, e non solo sul petrolio) e alla propria falsa coscienza, può pensare che non sia infame tenere separato un -cattivo- accordo sul nucleare dalla strategica volontà degli stessi interlocutori iraniani che sottoscrivono l’accordo di Ginevra di distruggere Israele. Pure, il 5 ottobre scorso, la Guida Suprema della Rivoluzione, l’ayatollah Khamenei ha postato su Twitter 9 domande chiave sulla questione: «Perché dovremmo e come possiamo distruggere Israele». Giorni fa, Reza Naghdi, comandante generale della milizia dei Bassiji, ha dichiarato: «L’eliminazione di Israele non è negoziabile». Il «riformista» Rohani, da parte sua, appena eletto presidente nel 2013, presidiò una parata in cui il reparto di missili intercontinentali era preceduto dallo striscione: «Israele deve cessare di esistere!». E non si tratta solo di frasi: Obama e l’Europa sanno bene che i nuovi micidiali missili sparati da Gaza su Israele mesi fa erano stati non solo forniti, ma anche guidati da Pasdaran iraniani. Esattamente come sanno che l’Iran è in questo momento l’unico Paese al mondo che ha reparti del proprio esercito che -in spregio alla legalità internazionale- combattono all’esterno dei propri confini. Pasdaran iraniani sono in Siria (per difendere il macellaio Assad), in Iraq e anche nello Yemen. Dunque, Obama e l’Europa, sono perfettamente coscienti di avere di fronte non un interlocutore affidabile e normale,
[LaPresse] ma un Paese che, come proclamano i suoi massimi dirigenti, si fa una vanto dei suoi successi nell’esportare la rivoluzione iraniana. Ma fanno finta che questo non sia vero. Fanno finta di credere che sia un successo avere firmato una intesa che per di più non ha per nulla definito in modo stringente ed esplicito le modalità con cui gli ispettori dell’Aiea, potranno svol- gere in futuro ispezioni effettive, non ostacolate, per verificare ovunque in Iran che non vi siano processi clandestini di arricchimento dell’uranio per costruire la bomba atomica. Di questo si discuterà in seguito. Ma, di fatto, tutte le sanzioni, sono state tolte già da ieri, perché anche se l’accordo prevedesse una gradualità nella loro abolizione, è chiaro che tutti i Paesi e soprattutto i gruppi imprenditoriali dell’Occidente, da oggi si sentono liberi di commerciare alla grande con Teheran, senza timore di essere puniti grazie al demenziale clima di appeasement instaurato da un’intesa incredibilmente generica.
Dunque, quest’accordo è un successo solo per l’Iran che vede premiata da Obama la propria politica di aggressione ai Paesi vicini. Un elemento che sconvolge i Paesi arabi fedeli alleati degli Usa, in primis l’Arabia Saudita, che criticano l’accordo di Ginevra con le stesse parole di Israele. Paesi arabi che addirittura si stanno alleando con Israele -sotto tracciaper contrastare l’espansionismo militare iraniano, a iniziare dallo Yemen.
Il premier israeliano Netanyahu ieri ha fatto una proposta semplice e irrinunciabile: che l’accordo di Ginevra non veda la firma definitiva degli Usa e dell’Europa se l’Iran non accetta di aggiungere un punto decisivo: la rinuncia definitiva alla volontà di distruggere Israele. Ma si può star certi che non verrà accolta da Obama. In fondo si tratta solo dello Stato degli ebrei... che si arrangino; questo è il messaggio implicito della Casa Bianca. Una nuova incredibile, odiosa, manifestazione di cinico antisemitismo.
Barack Obam a
ha ottenuto ad ogni costo
il successo diplom atico internazionale
che inseguiva per cancellare le delusioni in politica interna (riform a sanitaria bloccata e Congresso
ceduto ai repubblicani)