VOLO A VELA
L’america’s Cup alle Bermuda: una gara di velocità sospesi sull’acqua. Senza Luna Rossa.
SI IMMAGINI CHE, ne scegliamo uno a caso, il presidente della Juventus sia anche il presidente della Lega Calcio e della Figc e che decida, da un giorno all’altro, che tutte le squadre di Serie A debbano avere un portiere il cui nome comincia con la B. Ecco, nel mondo delle regate veliche più importanti al mondo è successo più o meno lo stesso con i dententori del titolo – gli americani di Oracle – che nell’aprile del 2015 hanno arbitrariamente deciso un «cambiamento delle Regole di Classe» rispetto a quelle che erano state votate all’unanimità dai partecipanti solo pochi mesi prima: i catamarani sono passati da 72 piedi a 50 ed è mutato il calendario delle gare.
Il problema non è lo stravolgimento delle regole, un privilegio storicamente concesso al campione in carica dalle norme della America’s Cup; semmai lo schiaffo alla consuetudine che ha sempre impedito di cambiare le carte in tavola durante il gioco. Gli stravolgimenti sono stati accettati da tutti gli sfidanti tranne Luna Rossa: «Il nostro lavoro è stato vanificato da questa manovra senza precedenti» dichiarò il patron Patrizio Bertel-
li. «Nello sport, come nella vita, non si può rincorrere sempre il compromesso del compromesso del compromesso. Talvolta si impongono decisioni dolorose ma nette».
ECOSÌ, nella 35esima edizione della America’s Cup in corso (fino al 27 giugno) non ci sono barche italiane. Una mancanza che non è passata inosservata, dato che Luna Rossa ha sempre regatato da protagonista con tre qualificazioni per la finale della Louis Vuitton Cup. Non ci saranno barche a battere la bandiera tricolore ma non mancheranno gli italiani: nei sei team iscritti sono presenti almeno una ventina di tecnici e ingegneri e due atleti. «Che effetto fa stare su una barca svedese? Da un lato provo orgoglio, dall’altro mi dispiace» dice Francesco Bruni, 43 anni, timoniere di Artemis. «L’italia ha una grande tradizione e merita di essere rappresentata: una America’s Cup senza barche italiane è una coppa a cui manca qualcosa». Va da sé che l’interesse dalle nostre parti è destinato a calare. L’organizzazione, comunque, fa sapere che a livello mondiale verrà superato ogni record, grazie ai nuovi mercati che si sono avvicinati alla vela.
La Coppa America appena partita sarà sconvolgente, qualcosa di mai visto a questi livelli. Prima le regate erano partite a scacchi giocate marcando letteralmente l’avversario, rubandogli il vento fin dalla boa di partenza e poi cercando di sbagliare il meno possibile. Ora invece assisteremo a gare di velocità su piccoli catamarani di circa 15 metri (50 piedi) che promettono di sfiorare i 50 nodi, circa 90 km/h, un limite raggiungibile solo grazie alla tecnologia del foil. «Sotto i due scafi del catamarano pendono altrettante appendici alate (i foil, ndr) che permettono alla barca di “decollare” appoggiandosi appena sotto il pelo dell’acqua. Ciò diminuisce molto l’attrito e aumenta le velocità. Basti pensare che questi catamarani vanno tre o quattro volte più veloci della velocità stessa del vento» dice Vincent Lantin di Voilavion, l’azienda francese nota a livello mondiale per la progettazione e produzione di foil (il cui costo si avvicina ai due milioni di euro).
La competenza e l’affiatamento dei sei uomini dell’equipaggio saranno fondamentali e non mancheranno incidenti, uomini in mare e scuffiate. «Queste barche sono fantastiche, molto più veloci dei 72 piedi che usavamo a San Francisco» conclude Francesco Bruni. «Sono molto divertenti da timonare e da vedere sfrecciare sopra l’acqua. I contro? Tutto è molto complicato e costoso». Le regate sono costiere, in mezzo all’arcipelago delle Bermuda nei Caraibi, e questo sicuramente sarà un valore aggiunto per tutti: «Il campo di regata sarà un anfiteatro perfetto per assistere all’evento. Anche le condizioni meteo giocheranno a favore dello spettacolo perchè avremo un po’ di tutto, dalla bonaccia alla tempesta».