Vanity Fair (Italy)

Dove corre il cuore

Una cronista, compaesana di VALENTINO ROSSI, era nella loro Tavullia per l’atto finale del Motomondia­le. E qui racconta l’atmosfera, tra bandiere, speranze infrante e una certezza: «L’anno prossimo vinciamo»

- Di LUCIA RENATI

«Di dove sei?» «Di Tavullia»

«Cos’è?»

Accadeva circa 15 anni fa, quando mi chiedevano di dove fossi. Oggi chi non conosce Tavullia viene guardato come se fosse affetto da peste bubbonica. Ottomila abitanti in 42 km quadrati, è un posto al confine tra Marche e Romagna, dove si fa la storia. Seguire la gara di Valencia da qui, ha avuto tutto un altro sapore. Una calma strana, sin dalle prime ore del mattino, avvolge il paese: oggi si tenta l’impresa. La missione questa volta è davvero impossibil­e, ma tutto può succedere. Valentino ci ha abituati al sogno, al gol segnato in zona Cesarini che ribalta il risultato. Anche a 36 anni suonati. Così, sulla moto di Vale in Spagna, ci sono salite più o meno trentamila persone: i tavulliesi più i tifosi arrivati da tutta Italia. Dalla salita lastricata di sanpietrin­i (oggi sede del fan club) al campanile della chiesa, non c’è posto nemmeno per una capocchia di spillo. All’Osteria degli ultimi, la trattoria di Valentino, che distilla nel nome tutta la scaramanzi­a del proprietar­io, hanno preparato 15 mila cestini per i «pellegrini» delle due ruote. All’ora di pranzo don Cesare, il prete di 95 anni che dal 1997 suona le campane ogni volta che Valentino vince, dopo aver mangiato la sua mela cotta, è pronto per vedere la gara. Al bar Da Rossi, gestito dagli amici di sempre, c’è parecchio da lavorare e non c’è molta voglia di aggiungere parole a quello che è già stato detto in queste ultime settimane. C’è voglia di fatti. C’è voglia di gara. La maglietta #iostoconva­le è l’amuleto della giornata. Valentino, l’uomo che sussurra alle moto, recupera 10 posizioni in 30 secondi, come quando da adolescent­e inseguiva con la sua Apecar la corriera che doveva portarci a scuola a Pesaro. Per 45 minuti il cuore rimbalza dentro e fuori dal petto, curva dopo curva, fino all’epilogo annunciato, ma scongiurat­o fino all’ultimo. Chissà come sarebbe andata se non fosse partito ultimo. Mentre il popolo giallo sfolla, penso che Valentino Rossi è forse l’unico caso di profeta in patria. Nei dieci chilometri di curve che salgono dall’Adriatico, c’è una bandiera gialla a ogni albero, il 46 al posto delle strisce pedonali. Se non hai il 46 che svolazza sul tetto di casa (o alla finestra), il cappellino brandizzat­o, gli adesivi alla moto o alla macchina, il nano da giardino con la maglietta del 1997 «Rossifumi vord cienpion», non puoi definirti tavulliese. Perché qui ci siamo nati, perché uno, il paesello, se lo porta dentro e siamo convinti che ci sia un po’ di Valentino in ognuno di noi. Cos’è Tavullia? È quel posto dove il cuore batte a diecimila giri. P.s. L’anno prossimo vinciamo. Valentino Rossi, 36 anni, dopo la gara a Valencia: partito per ultimo, è arrivato

quarto. Ha vinto Jorge Lorenzo, spagnolo come Márquez e Pedrosa, secondo

e terzo: Rossi ha parlato di «biscottone», ovvero un

aiutone col trucco.

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