Vanity Fair (Italy)

CARO MASSIMO,

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Due settimane fa ho dovuto fare una telefonata molto difficile. Ho dovuto chiamare il mio veterinari­o per far addormenta­re il mio cane. Vedi, non riesco a dire «sopprimere», mi sa di qualcosa di definitivo. Io invece voglio ricordare 16 anni meraviglio­si con un amico silenzioso, ma sempre presente, sempre accanto. Arrivato nella mia vita quando mia figlia, dovendo andare all’università in un’altra città, e volendo evitarmi la sindrome da nido vuoto, mi ha fatto trovare in casa un cucciolo di tre mesi. Con lui ho imparato ad amare le passeggiat­e nel bosco con la pioggia. Ha accolto e rispettato i miei silenzi, mi ha guardato piangere e ha permesso che non fossi da sola a leccarmi le ferite. Mi ha fatto scoprire quell’amore incondizio­nato, quel perdonare le partenze, quel gioire, senza rancore, dei ritorni. Non so se è giusto chiederti spazio quando problemi più gravi incombono. E ho anche pudore a parlarne, perché temo che mi si possa dire che, be’, in fondo era un animale. Ma anche stamattina, quando mi sono alzata e ho sentito forte la sua assenza, mi sono detta che devo ricomincia­re ad andare nel bosco. Con il sole e con la pioggia. «Si dice che quando Dio finisce le ali, mette le code».

—SONJA Non gli credetti. Ma, qualche mese dopo la sua morte, il giorno del mio compleanno, una cucciola bianca a forma di lupo e delle dimensioni di un topo si staccò da una siepe, attraversò la strada e puntò dritta verso di me, decidendo all’improvviso e con atto unilateral­e di cambiarmi la vita. Billie. Per un cortocircu­ito dello spirito pensai che l’avesse mandata lui, come un regalo a scoppio ritardato. Da Billie – e da Shamu che arrivò in scia, e in scia se n’è andata l’anno scorso, come se non potesse proprio fare a meno di smettere di rincorrere la compagna di tutta una vita – ho imparato quel poco che mi illudo di avere capito sull’amore incondizio­nato, come anche tu lo hai chiamato nella tua dolcissima lettera. Hai spiegato molto bene le corde profonSono cresciuto in una casa dove l’unico de e spesso arrugginit­e che un animale rianimale ero io. Anche piuttosto ingomesce a toccarci. Mi permetto di aggiungerb­rante. Fu sempre questa, almeno, la giune una. La serietà. Gli animali sono istinstifi­cazione addotta da mio padre nel cortivamen­te giocosi, allegri. Eppure prendoso degli anni per non caricarne a bordo alno l’esistenza molto sul serio. Come i bamtri. Solo sul letto di morte mi confessò il bini. Osserva un gatto quando tende agrimpiant­o di non avermi preso un cane guati a un gomitolo o un cane mentre ne quand’ero ancora bambino, per colmare insegue un altro al parco: quanta serietà il vuoto lasciatovi dalla scomparsa premanei loro gesti, pieni di entusiasmo e di tura di mia madre. energia vitale.

Questa settimana la rubrica del Postino è in posizione anomala. Dalla prossima ritorna l’appuntamen­to in ultima pagina.

ANDRƒ DA LOBA

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