Vanity Fair (Italy)

I PERCHÉ DI UN «SÌ»

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L’amore non è in contraddiz­ione con le ragioni pragmatich­e legate ai progetti di vita. «George e Amal si sono sposati per vari motivi, tutti validissim­i», dice Maëlle Brun. «Prima di tutto lei è intelligen­tissima e ha enormi ambizioni, ereditate dalla sua famiglia di immigrati libanesi che hanno inculcato nei gli la voglia di riuscire. Ha imparato presto ad attirare microfoni e ri ettori per mettersi in luce, perché non è da tutti essersi già aggiudicat­a a 38 anni – decisament­e pochi, per un avvocato – cause di risonanza mondiale, dalla difesa di Julian Assange al genocidio degli Armeni. Ma diciamo la verità: essere ricevuta da David Cameron o prendere il tè con Angela Merkel non sono cose che le sarebbero riuscite senza il suo matrimonio con Clooney». Anche lui ci ha guadagnato, e non stiamo parlando delle illazioni – perché di illazioni, e di nulla di più concreto, si è sempre trattato – sulle sue preferenze sessuali. «Sposandola, ha acquisito un nuovo spessore intellettu­ale. Non è più quello delle starlette. Si è scelto una compagna brillante dalla cultura cosmopolit­a». «Non mi risposerò mai», aveva giurato a più riprese, nei 21 anni passati tra il doloroso e misterioso divorzio dalla prima moglie Talia Balsam e l’incontro con Amal. Che lo ha folgorato anche e proprio comportand­osi in modo così diverso rispetto a quelle che l’avevano preceduta. «Lo ha subito snobbato, sottoponen­dolo all’umiliazion­e di un ri uto a cui non era abituato. L’entourage ricorda bene la scena: lei che appena gli viene presentata gira i tacchi e va a chiacchier­are con altri invitati, lui che la bracca tutta la serata, alla ne le chiede il numero di cellulare e si sente rispondere seccamente “no”».

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