E FESTIVAL
a persona che incontro si chiama Anohni, ma per tanto tempo è stata Antony Hegarty, o più semplicemente Antony. Una strana creatura, imponente, alta più di un metro e ottanta, avvolta in uno scialle nero. Con la sua voce tra il maschile e il femminile e le sue ballate si era costruita una carriera da ambasciatrice delle insicurezze emotive e sessuali di tantissimi fan. Lou Reed, il suo mentore, di lei disse: «È un angelo». Per la prima volta, a 44 anni, ha sciolto l’ambiguità della sua vita: un nome maschile dato alla nascita, ma una storia di transessuale e una presenza femminile. Per il suo nuovo album e per il tour (suonerà il 12 luglio al Flowers Festival di Collegno, in provincia di Torino) ha usato il nome che già aveva adottato in privato, Anohni, e ha chiesto che siano usati pronomi femminili per parlare di lei. Il primo album con cui ha scelto di essere Anohni si intitola Hopelessness ed è uno strano esperimento: le canzoni sono pezzi dance, create con i produttori Hudson Mohawke (dj scozzese, uscito dalla Red Bull Academy, collaboratore di Kanye West) e il musicista americano OPN. Ma i temi sembrano usciti da un pamphlet della sinistra radicale: droni, sorveglianza digitale, riscaldamento globale. Temi che erano già apparsi nei suoi testi, mai però con tanta forza. Nel video di Drone Bomb Me si vede Naomi Campbell ballare mentre Anohni canta la storia di un attacco drone americano dal punto di vista di una bambina. Voleva portare la protesta nelle discoteche? «È facile deprimersi pensando al fatto che stiamo distruggendo il nostro pianeta: la mia idea è stata avvolgere questa verità sconvolgente in una musica accattivante. Ho usato uno sfondo musicale quasi euforico, come un cavallo di Troia per scavarmi una via nella testa delle persone». Anche Naomi Campbell fa parte del cavallo di Troia? «Lei era perfetta per l’estetica del progetto. Ho invitato a partecipare ai visual del tour donne che per me rappresentano un arco collettivo della femminilità e Naomi è arrivata a completare quest’arco, coinvolta da Riccardo Tisci
ndr), che ha anche girato il video di Riccardo è la persona che mi ha incoraggiato a realizzare questo album, in una fase della mia vita in cui ero sulla difensiva e nemmeno più certa che avrei fatto altri dischi». È una coincidenza che il suo album più politico sia anche il primo che rma nalmente come Anohni? «All’inizio pensavo di sì. Anohni è un nome che usavo in privato da tempo, come da tempo avevo chiesto alle persone che mi sono accanto di usare pronomi femminili per me. Mi sembrava quasi banale ribadire: “Sono trans”, che c’è di nuovo? Presentarmi come Antony, un nome nel quale non mi riconoscevo più, era come chiedere al pubblico il permesso di essere come sono. Dicendo: “Sono Anohni e non più Antony”, ho smesso di implorare spazio vitale, me lo sono preso e basta. Era giunto il momento di dire: io sono questa, e se vi ri utate di riconoscerlo, non smetterò di esistere». Ha usato la sua transessualità come un’arma politica? «Hopelessness non è la storia di Anohni, è la storia di una crisi globale. Ma c’è una negazione collettiva in atto, e se c’è una cosa che a noi trans non è mai concessa, è negare. Immagini me, a sette, otto anni, che provo a negare quello che sono, mentre il mondo me lo ricorda in continuazione. Ecco, noi trans sappiamo come a rontare una verità impopolare. Io uso il mio corpo come esempio del fatto che le cose vanno a rontate». Sta chiedendo alle persone lo stesso coraggio che ha avuto lei? «Sto dicendo che come esseri umani non siamo costretti a essere vittime. Le persone transessuali hanno un impulso biologico a nuotare controcorrente. Noi possiamo essere utili alla società, il nostro compito è creare ponti con l’impossibile». E lei ce l’ha un ponte con Antony? «Non ero Antony già da tempo. Ma sono orgogliosa del mio lavoro e ho molta compassione per la persona che sono stata». Non suonerà più quelle canzoni? L’album Hopelessness di Anohni, 44 anni, ex Antony Hegarty. Si esibisce il 12 luglio al Flowers Festival di Collegno (Torino).