La mia arca di Noè
Se c’è una cosa che MARGHERITA D’AMICO non sopporta è la sopraffazione sulle altre specie. Da quando è impegnata per la difesa degli animali forse ride un po’ meno. Ma nella vita ora «tutto torna»
Una farfalla a cui ripensare, l’infanzia spensierata in cui però «Qualcosa non tornava», adolescenza irrequieta e poi altro fino alla calma, nella Natura. Alcuni capitoli del viaggio esistenziale di Margherita d’Amico, scrittrice dal credo animalista combattente, ben incarnato nella storia – vera – del toro Socrate 2896, da lei trasformata in un romanzo, appena pubblicato da Bompiani. Non c’è il toro Socrate, ma ci sono 17 gatti, 4 cani, galline, papere, oche e 5 amati cavalli, nella vita di campagna dell’odierna Margherita, così lontana dalla leggerezza da cui si era partiti, nella sua storia di bambina allegra e vivace. Persino troppo, in una famiglia come la sua, in cui bisnonno è Benedetto Croce, nonna la sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico, mamma la scrittrice Benedetta Craveri, e via sofisticando. Un genere di parentela per cui programmi Tv, T-shirt o zaino di moda tra i ragazzi: «Era tutto sempre cafone». Prima ribellione in quinta elementare, quando la scolara perfetta finge un’appendicite e si fa operare, pur di non studiare. Intanto pensa alla natura. L’adolescenza è turbolenta come per quasi tutti, a 19 anni l’uscita di casa, si va a vivere con il fidanzato e si entra in una vita adulta, compresa di ansia e attacchi di panico: «Qualcosa ancora non girava». Intanto, diventa vegetariana. Più tardi arriverà la guerra civile, e la calma. Nel 2002 si trova con l’ex marito Luca Zingaretti in Nord Uganda, per realizzare il documentario Gulu - una guerra dimenticata, a sostegno del lavoro di Amref tra i rifugiati del conflitto in corso. Il documentario passa dal Festival di Venezia, lei a una seconda vita. L’esperienza del sopravvivere, in quei mesi così reali e crudeli, funziona da spartiacque: «Via l’inutile». Con una virata, Margherita torna a Londra, alla scena prima che ha colpito il suo immaginario di bambina, di 4 anni: «Un corteo di formiche portava via una farfalla, per poi mangiarla. Un’immagine di morte, ho chiesto spiegazioni ai miei genitori, ricevendo solo risposte vaghe. L’idea della fine ha cominciato a tormentarmi». Si diceva che a ogni età: «Qualcosa non tornava». Per esempio, mangiando il pollo: «Mi disturbava lo scollamento tra quelli in giro e quelli nel piatto». Anno 2002, è giunto il momento di rimettere tutte le carte in tavola: «Sono tornata alla passione di bambina per gli animali, impegnandomi nell’emergenza che sento primaria, della sopraffazione sulle altre specie». In pratica, opta per una personale arca di Noè: «Con imprudenza ho puntato tutto lì, smettendo persino di essere divertente». C’è poco tempo da ridere, in una vita di manovalanza continua, di costante impegno anche economico e incostante dedizione ad altro, difficile allontanarsi dagli animali per più di una giornata: «Mi è stato detto di non meravigliarmi, se un giovanotto arriva qui e poi se ne va». Intanto, al suo impegno d’Amico ha affiancato anche quello giornalistico, con le indagini sotto copertura negli allevamenti intensivi e la cura del blog Il richiamo della foresta, su repubblica.it. Come si evita l’isteria da impegno? «Per convincere gli altri bisogna restare calmi». Lei è rimasta ferma, a occuparsi del suo equipaggio di salvezza di campagna: «Un piccolo riscatto di quello che gli animali subiscono nel mondo». Si ride meno? «Molto meno». Voglia di tornare frivola? «Ogni tanto ho nostalgia di me giovane, in una bolla fessa e spensierata». Tornare laggiù oggi è inverosimile, Margherita direbbe per fortuna, gli abitanti dell’arca di campagna non ne parliamo. La scrittrice Margherita d’Amico, 48 anni, romana, dedica il suo nuovo romanzo agli amati animali.
SOCRATE 2896
di Margherita d'Amico (Bompiani, pagg. 96, ¤ 13)