Arti Piscine. Un bagno di simboli
La piscina è un elemento potente per tutta la cultura del Novecento: sintesi paradossale di lusso e libertà, di gioia e solitudine
Un padre chiede al figlio: «Cosa stai facendo?». «Direi che sto andando alla deriva». È questa la risposta di Ben (Dustin Hoffman) ne Il laureato (1967), mentre galleggia su un materassino, incerto sulla direzione da impartire alla sua vita. Dovrà poi rituffarcisi di fronte a tutti gli amici di famiglia, goffamente vestito con l’equipaggiamento da sub regalatogli dai genitori: un altro simbolo della frattura che si andava creando negli anni Sessanta fra aspettative borghesi e velleità ribelli. Piace pensare che sia con il capolavoro di Mike Nichols che scherzano i fratelli Coen, quando ne
Il grande Lebowski inquadrano l’im- probabile «nichilista» addormentato suunapoltroncinagonfiabile, accantoa lui una bottiglia vuota di Jack Daniel’s. Siamo nel 1998, anche allora era tempo dibilanci irriverentiper i reduci del ’68. D’altronde, la piscina è un elemento potenteper tutta la cultura del Novecento, sintesi paradossale di lusso e di libertà, di gioia e solitudine. Come sulla copertina di Nevermind (Nirvana 1991), nella quale è proprio in acqua clorata che un neonato insegue un dollaro-esca. Ma prima ancora, negli anni ’40 e ’50, fu Esther Williams – metà campionessa dinuoto, metàpin-up – a incantareuna generazione coi suoi costumi fiabeschi, in filmcome La figlia di Nettuno (1949) e La sirena del circo (1951). Piscine, bulli epupe: da certe scene di Elvis ( Viva Las Vegas, 1964) alla megapiscina a forma di chitarra che Chuck Berry volle nel suo resort, è al bordo di quelle superfici azzurre che si accavallanomoltimiti dell’America anni Cinquanta. Ma la piscina è anche specchio di indomita, avventurosa virilità: come in Thunderball (1965), nel quale Sean Connery sopravvive alla piscina piena di squali. Una metafora sociale oggi più forte chemai.