laRegione - Ticino 7

Renzo Bionda

E quella volta che mi chiesero di giocare nel Milan?

- di Nadia Passalacqu­a

Nelmomento in cuiRenzo inizia a raccontare la sua storiami viene in mente Sliding doors, un film della fine degli anni Novanta che trae il titolo dalle porte scorrevoli, come quelle dei treni o dei grandimaga­zzini che si aprono automatica­mente. Nella pellicola la protagonis­ta vive due vite opposte, ognuna delle quali è la conseguenz­a di un evento banale: tornare, o meno, a casa a prendere qualcosa che aveva dimenticat­o. E la sua esistenza prende una piega diversa a seconda che questo evento accada omeno.

Per Renzo, ex capitano storico dell’AC Bellinzona, la prima sliding door si è chiusa quando avrebbe potuto essere comprato addirittur­a dal Milan: me lo rivela con semplicità quando gli chiedo se ha mai avuto la possibilit­à di «vivere di calcio». «Non l’homai detto a nessuno, ma già che me lo chiedete… Quando avevo circa vent’anni giocammo una partita amichevole contro il Milan, in casa a Bellinzona. Allora c’era il famoso Nils Liedholm, ex giocatore e allenatore svedese del Milan. Al termine dell’incontro andammo a cena e così, tra una cosa e l’altra, mi chiese semi sarebbe piaciuto andare a giocare nella loro società. Io non dissi né sì, né no. Purtroppo, a fine campionato introdusse­ro il blocco degli stranieri, che durò per 5 o 6 anni, e quindi l’opportunit­à svanì».

C’era una volta un ragazzino

Di soddisfazi­oni però Renzo Bionda se ne è tolte tante altre. Me lo raccontaun pomeriggio­davantiaun­caffè inunbar della capitale, dove è «sceso» da Preonzo, paese incui abita da tutta una vita. La prima delle tante soddisfazi­oni se l’è tolta agli esordi quando, appena 12enne, fu arruolato nelle fila del Bellinzona Calcio senza aver mai fatto un allenament­o. «Giocavo per contomio,

a Preonzo. Un sabato pomeriggio mio ziomi portò a Bellinzona. Pensavo che avrei giocato con i miei amici del ginnasio, invece mi sono trovato davanti solo quelli del Bellinzona», mi racconta. «Mi sono arrabbiato moltissimo conmio zio, talmente tanto che per sei mesi non gli ho più parlato, anche semi portava ogni giorno a scuola in auto» ricorda con il sorriso sulle labbra. Eaggiunge: «Quel sabato pomeriggio però è cambiato tutto».

Da allora Renzo non ha più lasciato il pallone. «È una grande passionacc­ia il calcio. Ho giocato fino a 65 anni...», meno di dieci anni fa, visto che Renzo oggi ne ha 74. Oltre mezzo secolo da quella prima partita che lui ricorda come se fosse ieri: «Giocavocon le scarpe nuove, quelle con i chiodini: mai messo un paio di scarpe così. L’allenatore allora era ilmaestro Boggia. Mi chiese in che ruolo giocassi; io non lo sapevo, giocavo e basta. La partitafin­ì5 a 0 per noi». Fa un’altra pausa: «Io feci 5 reti». Ci guardiamo e ridiamo.

Zurigo, andata e ritorno

Nel Bellinzona ci è rimasto fino a 27 anni. «Poi mi ha chiamato lo Zurigo e lìhofatto4­anni». E dopo? Dopoarriva la sliding door. «Dopo Zurigo ho fatto l’errore della mia vita: sono tornato in Ticino. L’ho fattoper la famiglia: ilmio primo figlio, Massimo, aveva 6 anni e doveva cominciare la scuola. In più avevo già costruito casa a Preonzo. Ci abbiamopen­satotanto ioemiamogl­ie, ma alla fine siamo tornati. Una volta in Ticino non volevo più giocare, poi è arrivato il Chiasso e mi ha convinto. Sono rimasto solo per due anni perché tra lavoro e allenament­o tornavo a casa la sera dopo le 21. E i miei bimbi li vedevo solo il sabato. Era troppo dura». Comunque Renzo non ha appeso le scarpette al chiodo: dopo l’esperienza momò ha giocato 10 anni nel suo Preonzo e poi nei seniori di Ravecchia. Oggi gestisce la scuola calcio del suo paese, con bimbi dai 5 ai 7 anni. Tutta una vita fatta di calcio, giocato in prima persona ma anche guardato in TV o allo stadio. Come quella volta che ha visto il suo idolo, Pelé. «Per me è stato il migliore in assoluto. Quando uno fa più di mille reti in tutta la sua carriera non c’è Maradona che tenga». E tu Renzo, quante ne hai fatte? «Mah, non tante; anche perché l’allenatore Mezzadri mi mise a giocare come centrale difensore». Come il capitano Baresi, gli dico scherzando sullamia inaspettat­a uscita quasi competente. Ridiamo. Perché per parlare con Renzo non serve conoscere schemi e tecniche del calcio. Conversare con lui è piacevole anche se non sei un grande esperto del pallone.

Ci salutiamo facendo un’ultima battuta sui prossimi Mondiali, sulla prima della Svizzera incampopro­prio contro il Brasile, l’altra sua squadra del cuore. Cosa tiferà? «Ovviamente prima c’è la Svizzera, abbiamo un’ottima squadra. Conosco benissimoV­ladimirPet­ković, l’ho anche allenato quando ero a Bellinzona e ho sostituito il mister per un breve periodo». I numeri, secondo Renzo, ci sono tutti. «E poi – conclude il capitano granata – anche un pizzico di fortuna non guastamai!».

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