Putin: ‘Non boicottiamo’
Sconfessata la campagna ‘no Russia, no Games’: ai Giochi senza insegne né inno. Il presidentissimo: ‘Nessun ostacolo’.
Prima la rabbia e l’indignazione, alimentata dalle proteste sul web, con la campagna favorevole al boicottaggio al grido di ‘No Russia, no Games’ amplificata dalle reazioni dei politici più scalmanati. Poi la rassegnazione e la temperanza. Incarnata nientemeno che da Vladimir Putin, il ‘presidentissimo’. Che, qualche ora dopo aver annunciato di voler correre per il quarto mandato alle elezioni, il 18 marzo, libera da qualsiasi vincolo gli atleti (quelli puliti, beninteso) che vorranno partecipare ai Giochi di Pyeongchang, in agenda fra 64 giorni.
E c’è pure un parziale mea culpa: ‘La squalifica è anche a causa nostra’. Ma la riposta del Cio è giudicata ‘sleale’.
«Le autorità russe non ostacoleranno la presenza degli sportivi russi alle Olimpiadi come atleti neutrali», riporta un dispaccio d’agenzia a metà pomeriggio. Parola di Vladimir Putin. Che poco dopo, parlando agli operai dell’azienda automobilistica Gaz, a Nizhny Novgorod, articola il suo pensiero, facendo pure un parziale mea culpa. Se si è arrivati alla squalifica è anche «a causa della Russia», spiega. Perché con lo scandalo del doping ha offerto «un pretesto» a chi non aspettava altro per politicizzare le Olimpiadi. Tuttavia, per il presidente russo la risposta del Cio allo scandalo del doping è «sleale, poiché nessun sistema giuridico al mondo prevede la responsabilità collettiva» dice, marcando un punto a suo favore. Prima di aggiungere che il Comitato olimpico internazionale non ha emesso un verdetto definitivo sul presunto programma di doping di Stato
messo in piedi dalla Russia per sbancare il jackpot ai Giochi invernali di quattro anni fa a Sochi 2014. Una contraddizione, dunque. «Pare tutto orchestrato a tavolino» commenta Putin, domandandosi cosa succederà ora se i migliori atleti del Paese verranno comunque buttati fuori «uno per uno», costringendo la Russia a un’ulteriore umiliazione. Putin ha poi indirettamente risposto alle accuse mosse nei confronti del ministro Vitaly Mutko, uomo forte dello sport russo da ormai un decennio, nei cui confronti il Comitato olimpico internazionale ha chiesto la radiazione a vita. «Non ho mai dato ordine a nessuno di vincere dei Giochi olimpici. Né al ministro dello Sport, né a nessun altro – ha aggiunto Putin –. Una missione del genere non è mai esistita». Al di là delle premesse, per il presidente russo rincarare la dose a questo punto sarebbe stato forse persino controproducente. È anche per questo motivo che il Cremlino ha preferito tener fede alla sua stessa promessa di «evitare delle reazioni emotive», anche perché, come sottolineato il portavoce del governo Dmitri Peskov, «dovremo ancora rispondere a una serie di domande, e per questo servono contatti con il Comitato olimpico internazionale. Bisogna decidere chi si occuperà di questi contatti e come». La priorità, per ora, è soprattutto quella di tutelare gli atleti russi ‘puliti’. D’altronde, il vice primo ministro Arkady Dvorkovich ha rimarcato che gli sportivi russi andranno ai Giochi «con una divisa con i colori bianco, rosso e blu, e rappresenteranno la Russia
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in ogni caso. Dunque, è meglio che ci vadano».
C’è altro lavoro per il Tas
Intanto il Tas di Losanna (Tribunale arbitrale dello sport, nato per risolvere le controversie sportive di carattere transnazionale all’interno dell’ordinamento sportivo mondiale) ha rivelato di avere ricevuto appelli da parte di ventidue atleti russi contro le rispettive squalifiche rimediate alle Olimpiadi di Sochi 2014. Il braccio di ferro, insomma, continua.